Quando Vespa incontra Meloni, produce miele…

(Francesco Olivo – La Stampa) – Dice di avere «tanti nemici disposti a tutto», Giorgia Meloni. Eppure crede di «avere tutto il tempo necessario» e quindi di battere il record di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere governò per cinque anni, dal 2001 al 2006, ma con due esecutivi diversi.

La premier, invece, dice di non voler cambiare i ministri: «Rimpasti? No. Voglio finire la legislatura con lo stesso governo con cui l’ho iniziata. Sarebbe la prima volta nella storia repubblicana». Meloni affida qualche confidenza a Bruno Vespa, in occasione del suo ultimo libro, Il rancore e la speranza. Il saggio uscirà la prossima settimana (editore Mondadori-Rai libri), ma l’autore, come ormai da strategia di marketing consolidata, dispensa a puntate delle pillole che svelano il contenuto.

Meloni, almeno nelle parti che il giornalista ha voluto rivelare finora, pur non entrando nelle vicende più intime come la separazione da Andrea Giambruno, alterna considerazioni politiche ad altre più personali. Come quando denuncia di subire dei pregiudizi negativi.

Vespa le chiede se si sente di vivere dentro a un bunker e la premier risponde: «Ma figuriamoci». E poi attacca i suoi critici: «Per dimostrare quanto sia profondo il mio nervosismo, dicono: “Si confida con la sorella Arianna…” Ha capito che grande notizia? Sa qual è la verità? – dice – Sono degli inguaribili misogini. Tentano di accreditare la tesi che la testa di una donna non può reggere di fronte alla pressione. Come quei legislatori che, fino a qualche decennio fa, ritenevano che le donne non potessero fare il magistrato perché, quando hanno il ciclo, non ragionano bene».

Poi passa a rassicurare la Lega: «L’autonomia differenziata cammina di pari passo con il premierato, le due cose si tengono insieme». Con un attacco alle Regioni del Sud che protestano: «Non mi stupisce che le prime a scagliarsi siano quelle in fondo alla classifica della capacità di spendere i fondi europei di coesione».

Berlusconi in qualche maniera ritorna quando la premier ribadisce «non sono ricattabile». Si tratta di un’autocitazione. La stessa frase infatti Meloni l’ha pronunciata nel settembre del 2022. Si era nel pieno delle trattative per la formazione del governo e il fondatore di Forza Italia, appena rientrato in Senato, fu scoperto mentre appuntava su un foglio aggettivi insultanti verso la leader di Fratelli d’Italia, frutto di frustrazione per i negoziati poco fruttuosi.

Il Cavaliere, in un’altra occasione, fece riferimento al fatto che il compagno della futura premier era un suo dipendente. Siamo in un’altra stagione, Meloni ora è a Palazzo Chigi, con la convinzione, come detto, di restarci a lungo, e sente il bisogno di ribadire: «Io non sento affatto la dimensione dell’assedio. È il racconto che si fa di me. So che ci sono nemici disposti a fare qualunque cosa pur di buttarmi giù.

Ma non mi spaventano. Come ho detto all’inizio del mio mandato, non sono ricattabile. Ma capisco che per alcuni gruppi di potere che hanno controllato a lungo l’Italia questo sia un problema». Con gli alleati, a detta della presidente del Consiglio, non ci sono dissidi: «Quando leggo pezzi di rassegna stampa con Matteo Salvini e con Antonio Tajani, restiamo basiti».