Referendum. Il sì al taglio dei parlamentari è dato al 71%

di Nando Pagnoncelli

Fonte: il Corriere della Sera

Il 20 e il 21 settembre gli italiani saranno chiamati a confermare o a respingere la riforma costituzionale approvata nell’autunno scorso dal Parlamento, che prevede la riduzione del numero dei deputati (da 630 a 400) e dei senatori (da 315 a 200).

C’è molta attesa per il referendum costituzionale non tanto per il risultato finale, che risulta piuttosto scontato (come si evince dal sondaggio odierno), quanto per le ripercussioni che si potranno avere sullo scenario politico e, in prospettiva, istituzionale.

Ad agosto si è finalmente accesa la campagna soprattutto su impulso del «fronte del No» che fino ad allora era rimasto pressoché silente. Ne consegue che il livello di conoscenza dell’evento, che fino a fine luglio era circoscritto al 35% degli elettori, è balzato all’81%. Il livello di importanza attribuita al tema referendario è elevato, quasi tre italiani su quattro (72%) lo giudicano molto (51%) o abbastanza (21%) rilevante.

La partecipazione al referendum rappresenta sempre un’incognita, anche se nel caso di referendum costituzionale, a differenza di quello abrogativo, per decretare la validità dell’esito non è richiesto il superamento del quorum rappresentato dalla maggioranza degli aventi diritto al voto.

Le esperienze più recenti di referendum confermativo presentano dati di affluenza molto diversi, si va dal 34% della consultazione del 2001, al 52,5% di quella del 2006 al 65,5% del referendum promosso da Renzi nel 2016. Quest’ ultimo fu oggetto di una lunga e intensa campagna, fortemente personalizzata, che favorì una partecipazione molto ampia.

La partecipazione al prossimo referendum potrà contare sul traino delle elezioni amministrative che si terranno in 7 Regioni e in 1184 Comuni. Sulla base del sondaggio odierno si stima un’affluenza del 52%. L’esito non è in discussione: il 71% voterà a favore del taglio dei parlamentari e il 29% contro. Gli indecisi, pari al 17% di coloro che dichiarano di volersi recare alle urne, non sembrano poter rovesciare il risultato.

Il Sì prevale trasversalmente tutti gli elettorati, con l’eccezione di quelli delle forze più piccole (tra cui nel complesso il 61% dichiara che voterà No) che presumibilmente temono per il rischio della scomparsa o quanto meno del forte ridimensionamento dei rappresentanti del proprio partito.

Com’ era lecito attendersi gli elettori del M5S, che del taglio dei parlamentari ha fatto un vero e proprio cavallo di battaglia, sono quelli più interessati (86%), mobilitati (85%) e favorevoli alla riforma (96%).

Pur in presenza di una prevalenza di Sì, all’incirca un terzo degli elettori del Pd (32%) e della Lega (36%) intende opporsi alla riforma, come pure il 45% degli elettori di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Insomma, le argomentazioni a favore del No, riconducibili ad aspetti giuridici e agli equilibri costituzionali, hanno fatto breccia in una parte minoritaria dell’elettorato, sia perché la maggior parte degli elettori non ha molta dimestichezza con i temi istituzionali, sia perché il taglio dei parlamentari assume un significato simbolico di grande portata in uno scenario in cui permangono diffusi sentimenti di antipolitica.