Reggio 2020, il “suicidio perfetto” del Cazzaro verde

A Salvini non glien’è fregato niente del malcontento che si tagliava a fette a Reggio per la candidatura del suo “ronzino” Antonino Minicuci. Il Cazzaro verde ha portato fino alla fine la sua decisione, con il risultato che ormai era scontato ovvero la sconfitta a tutto vantaggio del sindaco uscente Falcomatà, incurante di una spaccatura sempre più evidente nonostante le apparenze che non avevano ingannato proprio nessuno. E non poteva bastare certo una manifestazione “ammaestrata” e quattro foto davanti alla mundizza per incantare la gente. In tutti gli ambienti della destra reggina, la sconfitta era data per certa.

I Movimenti civici, le associazioni, esponenti della società civile, militanti e cittadini si erano letteralmente ribellati rispetto a quello che percepivano come un tentativo di colonizzazione da parte della Lega… Uno dei motivi che ha scatenato la ribellione della base riguardava poi la “non regginità” di Minicuci, che sarebbe stato il primo sindaco non reggino della storia della città e arrivava dopo il servizio prestato a Genova, nel Nord del Paese. Salvini, a tale proposito, aveva assicurato che il suo candidato sarebbe stato un reggino purosangue ma anche i reggini, a questo punto, si sono definitivamente resi conto delle motivazioni che stanno alla base del suo nomignolo, appunto il Cazzaro verde. E così, per le strade di Reggio, per tutta la durata della campagna elettorale, compreso il ballottaggio, la frase più gettonata è: “A Minicuci votatillu sulu…” e al Cazzaro saranno fischiate le orecchie a più riprese. Anzi, ormai a Minicuci non lo chiamavano neanche per cognome ma “lo straniero” o il forestiero, che è ancora peggio, e in una condizione simile tutto questo è sembrato quasi un “regalo” a Ciccio Bello Falcomatà, al quale non sembra vero quello che è successo. Salvini è andato incontro a un”suicidio perfetto”: possibile che non se ne sia accorto? Oppure lo ha fatto di proposito per perdere e levarsi dagli impicci?