Reggio Emilia, politica e cosche: le intercettazioni e il patto elettorale

Appena qualche mese fa il sito emiliano Reggionline, collegato alla televisione TeleReggio, ha pubblicato una importante inchiesta, che è un approfondimento sui rapporti tra politica e criminalità organizzata. E’ stata ricostruita capitolo dopo capitolo una storia quasi ventennale, con l’ausilio dei risultati delle indagini e dalle sentenze, e proponendo atti giudiziari noti ma ormai dimenticati e documenti ancora inediti. Il tutto serve anche per inquadrare la realtà calabrese e l’attività per certi versi discutibile della Dda di Catanzaro. 

di Gabriele Franzini

Fonte: Reggionline (https://www.reggionline.com/villirillo-video-inchiesta-politica-mafia-cosche-ndrangheta-reggio-emilia/)

Politica e cosche a Reggio Emilia

Il 18 maggio 2011 la Dda di Bologna comincia a intercettare le utenze di Romolo Villirillo. All’epoca, Villirillo aveva 33 anni. Gli inquirenti sospettavano – a ragione – che fosse uno dei più stretti collaboratori del boss Nicolino Grande Aracri. Viaggiava di continuo tra il Nord e la Calabria, spesso in aereo. I suoi viaggi e le sue frequentazioni con pregiudicati alimentano i sospetti degli inquirenti. La scelta di intercettarlo è azzeccata e anche fortunata dal punto di vista della tempistica. Due giorni dopo l’inizio delle captazioni, Villirillo trascorre la notte all’ospedale di Crotone per vegliare Nicolino Grande Aracri, lì ricoverato.

Il boss Nicolino Grande Aracri

Il 21 luglio 2011, durante uno dei suoi viaggi al Sud, Villirillo viene arrestato dai carabinieri di Crotone con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Si era presentato alla Banca di Credito Cooperativo di Scandale insieme ad Antonio Colacino. Pretendeva che la banca gli coprisse due assegni in sospeso per 8mila euro. E al rifiuto del commissario straordinario dell’istituto, lo aveva aggredito e minacciato con queste parole: “Allora questo non sa chi sono io. Piacere, sono il rappresentante della ‘ndrangheta a Crotone. Se vengono protestati gli assegni, devi andare via da Crotone entro tre giorni, altrimenti ti ammazzo. E posso anche andare in galera, in ogni caso ci sarà qualcuno che ti ammazzerà”.

In quei frangenti, nell’autunno del 2011, alla Dda di Bologna arrivano anche le intercettazioni disposte anni prima dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione Grande Maestro, un’indagine su episodi di estorsione della cosca Grande Aracri ai danni di piccoli imprenditori. Tra le persone intercettate nel 2006-2007 c’era anche Romolo Villirillo. I magistrati calabresi trasmettono gli atti ai colleghi di Bologna perché in quelle intercettazioni Villirillo parla anche di un esponente politico emiliano. Parla di elezioni e di voti da raccogliere.

Politica e cosche: i sostegni elettorali e le intercettazioni.

La prima volta che i magistrati emiliani che indagavano sulla ‘ndrangheta si imbatterono in un politico fu nel nell’autunno del 2011, quando ricevettero dai colleghi di Catanzaro le intercettazioni di Romolo Villirillo che parlava del presidente del Consiglio comunale di Parma.

REGGO EMILIA – Il politico emiliano di cui Romolo Villirillo, mentre è intercettato dalla Dda di Catanzaro tra il 2006 e il 2007, parla al telefono con i compari è il presidente del Consiglio comunale di Parma. Si chiama Giovanni Paolo Bernini ed è un esponente di Forza Italia. Quando nel 2011 i magistrati calabresi trasmettono le intercettazioni alla Dda di Bologna, Bernini è assessore comunale alla Scuola a Parma, ma si trova in carcere a Forlì. La Procura di Parma lo accusa di aver preso una mazzetta sull’assegnazione dell’appalto per il servizio di ristorazione in alcune mense scolastiche della città.

La vicenda processuale scaturita dall‘indagine Easy Money si concluderà nel settembre 2020 con la sentenza della Cassazione, che confermerà la condanna di Bernini per corruzione. Secondo la Suprema Corte, “le intercettazioni avevano rivelato […..] il versamento a Bernini di una tangente di 7.900 euro” e “le ripetute pressioni esercitate dal Bernini sul segretario per sollecitare il pagamento della tangente”. Nella sentenza, la Cassazione richiama “il compendio probatorio acquisito” e sottolinea la “confessione resa dall’imputato”.

Ma torniamo alle telefonate intercettate dalla Dda di Catanzaro. Cosa emerge da quelle intercettazioni e dalle successive indagini dei magistrati emiliani? Emerge che nel 2007 Villirillo era stato presentato a Bernini e aveva garantito al politico di Forza Italia il suo sostegno in vista delle imminenti elezioni comunali. Ma l’appoggio elettorale, raccontava al telefono il braccio destro di Nicolino Grande Aracri, non era gratis.

Politica e cosche: il patto elettorale

I rapporti tra il boss Romolo Villirillo e Giovanni Paolo Bernini: cosa dicono le sentenze che portarono al proscioglimento dell’esponente di Forza Italia per prescrizione del reato di corruzione elettorale. 

REGGIO EMILIA – Nella seconda puntata del nostro approfondimento sui punti di contatto tra politica e criminalità organizzata, abbiamo raccontato che nel 2011 la Dda di Bologna, che aveva da poco iniziato l’indagine Aemilia, ricevette dalla Dda di Catanzaro una serie di intercettazioni del boss Romolo Villirillo che chiamavano in causa Giovanni Paolo Bernini, all’epoca assessore comunale a Parma. Era la prima volta che i magistrati bolognesi si imbattevano in un esponente politico emiliano. Oggi vediamo come è finita quella vicenda.

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I rapporti di Giovanni Paolo Bernini con il boss Romolo Villirillo portarono la Dda di Bologna, all’inizio del 2015, a muovere all’esponente di Forza Italia l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e a chiederne l’arresto. Il Gip del Tribunale di Bologna però disse no all’arresto e valutò la vicenda diversamente: non concorso esterno, ma scambio elettorale politico-mafioso. In seguito, nell’ottobre 2016, il Gup Francesca Zavaglia riformulò l’accusa in corruzione elettorale e dichiarò prescritto il reato, prosciogliendo Bernini.

L’esponente di Forza Italia ha negato il passaggio di denaro: mai pagato Villirillo, ha detto. E quest’ultimo ha fatto lo stesso: non ho preso soldi, la mia era solo una “burla telefonica”. Nella sentenza di primo grado il giudice Zavaglia scrive che “le risultanze delle intercettazioni restituiscono prova del fatto che Bernini aveva promesso e in parte versato 50mila euro a Villirillo per ottenere il suo ausilio nella raccolta di voti” nelle elezioni comunali di Parma del 2007. L’appello, nel 2017, ha confermato il pronunciamento di primo grado. Nella sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna ha respinto il ricorso della Dda, si legge che “resta comunque indiscutibilmente accertato il patto elettorale stretto tra Villirillo e Bernini”, così come “pacificamente accertato è anche il pagamento dei 20mila più 30mila euro da lui effettuato a un prestanome”. In ogni caso, da quel 2007 è passato troppo tempo: il reato di corruzione elettorale è da tempo caduto in prescrizione.

Uno degli elementi su cui si sono interrogati i giudici è: Bernini era consapevole del fatto che Villirillo era uno ‘ndranghetista? Il Gup esprime un “ragionevole dubbio”. Sulla stessa linea la Corte d’Appello. Anche se Villirillo era abituato “ad ostentare il proprio ruolo di mafioso”, si legge nella sentenza, è difficile che Bernini nel 2007 potesse essere consapevole della sua caratura criminale.

(continua)