Reggio, i Gironda e gli appalti del Comune: “La politica prendeva il 10%, la ‘ndrangheta il 5%”

«I fratelli Francesco, Filippo e Giovanni Gironda fanno stabilmente parte della struttura organizzativa dell’associazione di tipo mafioso ed armata denominata ’ndrangheta, per il tramite delle sue articolazioni territoriali denominate cosche Serraino e Rosmini, localmente insediate nei quartieri di San Sperato e Modena di Reggio Calabria», così si legge nell’ordinanza di custodia cautelare con il gip Angela Mennella ha ordinato il loro arresto. I tre noti imprenditori sono finiti ai domiciliari in attesa di potere chiarire la propria posizione nell’ambito dell’inchiesta “Revolvo”. I magistrati antimafia della Dda di Reggio li hanno accusati di avere commesso reati pesanti, che hanno condizionato anche il corretto svolgersi degli appalti comunali in combutta con alcuni funzionari di Palazzo San Giorgio.

«Francesco Gironda – annota il giudice delle indagini preliminari – nello svolgere il compito di dirigente e organizzatore della specifica articolazione imprenditoriale della ’ndrangheta creata allo scopo di consumare, con mezzi fraudolenti e collusioni con funzionari pubblici operanti nello specifico settore appalti pubblici del Comune, più condotte delittuose di turbata libertà degli incanti a favore delle altre imprese legate appartenenti al Gruppo Imprenditoriale Gironda, nonché a favore delle imprese satelliti o di ulteriori imprese estranee al citato gruppo, ma alle predette collegate. Nel consumare, al fine di perseguire gli scopi dell’organizzazione criminosa di appartenenza, plurime condotte delittuose di corruzione, in concorso necessario con funzionari pubblici operanti nello specifico settore dei lavori pubblici del Comune, dirette a turbare la partecipazione e\o l’aggiudicazione di procedure di appalto indette dal Comune».

In estrema sintesi, gli inquirenti ravvisano nel Gruppo imprenditoriale Gironda una struttura unitaria che farebbe capo proprio a Francesco Gironda, 74 anni. “Tale struttura – scrive il gip – si porrebbe in diretto rapporto con diverse famiglie mafiose reggine assicurandosi così l’esecuzione di moltissime attività di edilizia pubblica, che poi venivano redistribuite all’interno del gruppo o affidate in subappalto a ditte di loro fiducia”.

Il pentito Antonino Fiume, interrogato a Roma il 24 febbraio 2015, dichiarava: “Conosco la ditta Gironda, originaria di Pellaro, che si occupava di trivellazioni di pozzi, il cui titolare era collegato ai Barreca, ai Franco, ai Tegano e a Matteo Alampi. La ditta Gironda fa parte di un un ampio contesto imprenditoriale di cui facevano parte altre ditte a cui venivano aggiudicate quasi tutte le gare di appalto di competenza comunale. Di tale circuito mi ha parlato Carmine De Stefano quando mi ha spiegato quali erano le somme di denaro che, in relazione agli appalti di lavori, dovevano dividersi tra la ‘ndrangheta, che prendeva il 5%, e la politica, che prendeva il 10%”. Fonte: Gazzetta del Sud