Reggio. Pestaggio detenuto, arresti domiciliari per 6 agenti della polizia penitenziaria

(ANSA) – REGGIO CALABRIA, 28 NOV – Sei agenti della polizia penitenziaria in servizio a Reggio Calabria sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e del pm Sara Perazzan. Tortura e lesioni personali aggravate ai danni di un detenuto dell’istituto penitenziario “Panzera” sono le accuse contestate ai sei agenti finiti agli arresti domiciliari.

“Conducevano illegittimamente il detenuto in una cella di isolamento, senza alcuna preventiva decisione del Consiglio di disciplina ovvero senza alcuna previa decisione adottata in via cautelare dal Direttore, serbando gratuite condotte di violenza e di sopraffazione fisica che cagionavano al detenuto acute sofferenze fisiche mediante più condotte e sottoponendolo ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.
È quanto c’è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita stamattina dalla squadra mobile di Reggio Calabria nei confronti di sei agenti della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale “Panzera” finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di torture e lesioni personali aggravate nei confronti di un detenuto napoletano ritenuto un esponente di spicco della camorra.
I fatti contestati agli indagati risalgono al 22 gennaio 2022, lo stesso giorno della visita a Reggio Calabria dell’ex ministro della giustizia Marta Cartabia. Il detenuto aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di far rientro nella cella dopo aver usufruito del previsto passeggio esterno. La reazione, stando alle indagini, è stata violentissima. Il giovane detenuto, infatti, è stato colpito ripetutamente con i manganelli in dotazione di reparto, ma anche con dei pugni. Gli agenti coinvolti, inoltre, lo hanno fatto spogliare lasciandolo semi nudo per oltre due ore nella cella ove era stato condotto. (ANSA). Per coprire tali condotte, ed evitare conseguenze per una eventuale denuncia da parte del detenuto, il Comandante del Reparto, avrebbe poi redatto una serie di atti (relazione di servizio, comunicazione di notizie di reato ed informative al Direttore del carcere), in relazione ai quali gli vengono contestati i delitti di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio e di calunnia.

Nei giorni successivi lo stesso ufficiale avrebbe tentato di costringere, illegittimamente, un suo sottoposto a mostrargli delle relazioni di servizio relative alla sorveglianza dello stesso detenuto, e per tale motivo è stata formulata a suo carico anche l’ipotesi di reato di tentata concussione.

Le indagini, affidate dalla Procura di Reggio Calabria, alla Squadra Mobile, sono state avviate dopo la denuncia sporta dai familiari di alcuni detenuti, tutti di origine campana, a cui le persone recluse, nel corso di colloqui telefonici, avevano riferito di essere stati malmenati all’interno del carcere.

I successivi approfondimenti investigativi, anche attraverso l’escussione dei reclusi da parte del Pubblico Ministero titolare delle indagini, avevano permesso già in una prima fase di circoscrivere ad un solo detenuto le condotte violente, così come poi confermato dalla visione e analisi delle telecamere interne dell’istituto di pena.

Va segnalato che le gravi condotte contestate sono ascrivibili alla responsabilità personale solo di alcuni appartenenti alla Polizia Penitenziaria, che presta servizio all’interno della struttura penitenziaria in questione con abnegazione, sacrificio e senso del dovere, e con pieno rispetto dei diritti e della dignità dei detenuti ivi ristretti.