Rende, il disastro del centro storico e la proposta: riportare il Comune nel vecchio Castello

In questi giorni ricorrono i 10 anni dal terribile disastro nucleare di Fukushima.

Anche se 10 anni sembrano tanti, non bastano a spazzare via la pesante e complessa eredità del disastro, con cui la popolazione locale e le aree colpite devono fare i conti ancora oggi, assumendo  la città un aspetto spettrale.

Percorrendo in questi giorni le strade di Rende Centro Storico e pensando a 10 anni fa si fa presto a fare delle analogie.

Lungo Corso Mazzini e a Piazza degli Eroi non si vede anima viva, non si incontra nessuno e si ha difficoltà a capire se ci si trova a passare in un giorno feriale o festivo, se è ora di pranzo o è mattina presto, il tempo sembra essersi fermato !

Ma che cosa è successo a questo paese? E’ questa la domanda che tutti si fanno.

Dopo il difficile periodo della ricostruzione del dopoguerra con il conseguente fenomeno dell’emigrazione, Rende con la sua popolazione ha cavalcato l’onda del socialismo, pensando che il benessere non doveva essere appannaggio di pochi, ma  un diritto a cui tutti possono e devono aspirare legittimamente. Sotto questa spinta ideale la città è stata disegnata secondo un principio di ordine e sviluppo sostenibile, dotandosi per primo di un Piano regolatore nel 1971 approvato dal Ministero dei Lavori Pubblici. La comunità è cresciuta, soprattutto con l’arrivo dell’Università della Calabria, diventando un modello di sviluppo e il centro  storico con le sue chiese e il castello sede comunale rappresentava la gemma più preziosa incastonata nel gioiello urbanistico che la città rappresentava.

Fino a quando il Comune risiedeva nel vecchio Castello, sede dell’autorità amministrativa da quasi 500 anni (dal lontano 1495), il paese conservava la sua vitalità con esercizi commerciali, bar, tabacchini, farmacie e banche, tutti presenti nel centro storico.

Che cosa succede dopo il 2010 ?

Viene prospettato un nuovo progetto per il gli abitanti del Centro Storico, via il Comune per trasferirlo altrove, dopo aver investito milioni di euro nella realizzazione di parcheggi con scala mobile, per fare di Rende Centro un borgo dedicato ai musei e all’artigianato.

Ebbene, a distanza di dieci anni constatiamo che gli effetti di quel progetto sono stati devastanti, simili ad una deflagrazione nucleare.

Non esiste nessuna traccia, nè di turismo cultuale, con gli operatori dei musei rinchiusi all’interno dei locali senza vedere per giorni anima viva, nessuna attività commerciale, nessun bar, né farmacie, né banche e tanto meno tabacchini.

Altro che botteghe artigiane, attività ormai non più attuali, non vengono neppure rappresentate nei presepi figuriamoci se possono trovare spazio in una realtà dove il tessuto economico è definitivamente compromesso.

In questo contesto il dato economico che si registra è il crollo del mercato immobiliare, consultando la banca dati OMI (Osservatorio dei Dati Immobiliari) viene fuori che c’è stata una svalutazione del valore degli immobili del 70% negli ultimi 10 anni. Non ha nemmeno senso investire sfruttando i nuovi vantaggi fiscali del superbonus per migliorare il patrimonio edilizio del centro storico, quando il valore sarà, ad investimento realizzato, prossimo allo zero per la completa assenza di domanda del mercato immobiliare, visto che allo stato il paese è diventato inabitabile,  perché privo di servizi essenziali. L’ultima triste eredità che ci hanno lasciato i nostri amministratori è un antenna radio della telefonia nel paese in via Vergiglio e con essa un grande dolore che portiamo dentro, quando pensiamo  ad un nostro amico d’infanzia che abitava in adiacenza al ripetitore e scoprire a distanza di qualche anno che si è ammalato di tumore ed è scomparso prematuramente. Sulle implicanze dell’inquinamento elettromagnetico faremo, comunque, una trattazione a parte interpellando esperti in materia .

Alla luce di tali considerazioni, in nome anche di tutti i rendesi del centro storico che hanno creduto in questo sogno e per esso hanno impegnato le loro energie e la loro vita è ora di riparare agli errori commessi. Se non vogliamo che i nostri investimenti e sacrifici vadano in fumo, lasciando ai propri figli poco più che dei ruderi, dei borghi degradati in cui la rendesità dei residenti sarà solo un ricordo, è ora di dire con forza:  restituite a Rende ciò che è stato trafugato, il Comune.

A chi dice che non è possibile vi diciamo che abbiamo le soluzioni tecniche che a breve illustreremo svelando dei curiosi retroscena che riguardano l’attuale Museo Bilotti ubicato nel Castello. In tuti i paesi della Provincia di Cosenza e d’Italia nessuno si sognerebbe di togliere la presenza delle istituzioni o uffici pubblici dai centri storici, perchè ciò implica condannare i piccoli borghi al declino. Non vogliamo un riesame storico e criticare scelte politiche prese negli anni passati che l’attuale amministrazione Manna continua a portare avanti.

La sola soluzione da intraprendere è quella più semplice, ripristinare l’autorità comunale come è stato da 500 anni nel vecchio Castello senza sovrumani sforzi di fantasia e soluzioni palliative (apertura di mostre, sagre, musei ecc ), alternative che potrebbero trovare riscontro forse tra 50 anni, quando ormai tutti noi tutti saremo affidati al giudizio della storia, passando come un popolo che non è riuscito ad autodeterminarsi.

SPAZIO APERTO 1495 – Presidente Gianluca Morrone