Roma. Mafia Capitale e la gara Cup del Pd di Zingaretti: un libro riapre le polemiche sulla magistratura “politica”

di Riccardo Colao

Fonte: L’Italiano

ROMA – Un volume che arriva in libreria con una prefazione di Tiziana Maiolo e una postfazione di Vittorio Sgarbi non può che essere un testo da leggere e da non farsi sfuggire assolutamente poiché alla “griglia di partenza” parte già ben avvantaggiato in primissima fila.

Se poi questo libro si intitola “Mafia Capitale” con sottotitolo “La gara CUP del PD di Zingaretti” e gli autori sono: Umberto BACCOLO, Salvatore BUZZI e Otello LUPACCHINI, vale a dire uno degli opinionisti e autori tra i più garantisti d’Italia, un protagonista della storia, ed un ex grande ed intrepido quanto erudito, magistrato (dal 1979, è stato pretore a Riesi (CL), giudice di Corte d’Assise a Bologna, giudice istruttore penale e giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma e componente della Commissione per l’applicazione delle speciali misure di protezione ai testimoni ed ai collaboratori di giustizia, consulente delle Commissioni Parlamentari d’inchiesta Antimafia e Mitrokin. Impegnato da sempre sui fronti caldi della criminalità organizzata, comune, politica e mafiosa, si è occupato, fra l’altro, degli omicidi del PM Mario Amato, del banchiere Roberto Calvi, del generale americano Lemmon Hunt, del professor Massimo D’Antona, nonchè della strage di Bologna e della strage brigatista di via Prati di Papa), allora non si può che andare a colpo sicuro sugli scaffali gestiti dagli sportelli che emanano cultura, per portare nelle proprie librerie un pezzo di storia italiana raccontata con la perizia di chi ben ha indagato sul fenomeno definito “Mafia Capitale”..

Perché “La gara CUP del PD di Zingaretti” nel corso della sua evoluzione di stampo giornalistico è incentrato sull’intervista che ricostruisce le modalità adottate per la gara CUP bandita dalla regione Lazio.

Si trattava di assegnare un enorme valore pari a 90 milioni di euro e da questa entità si è passati dalle normali fasi gestionali sfociando nel “reatuccio” che nel C.P. viene battezzato come “la “turbativa d’asta”. Ebbene l’inchiesta mira a evidenziare ciò che è stato più rilevante nel processo che tutti conoscono come “Mafia Capitale”.

Nel corso dell’indagine – a seconda di quanto pervengono gli autori – emergerebbe il coinvolgimento di Nicola Zingaretti e Maurizio Venafro, rispettivamente – all’epoca dei fatti – Presidente della regione Lazio e Capo di Gabinetto.

Nell’accordo spartitorio, con la fazione collocata a destra, riferibile al consigliere Luca Gramazio, secondo quanto si legge nel testo i due esponenti del PD avrebbero deciso l’assegnazione dei quattro lotti della gara.

L’avvento del PM Giuseppe Cascini, (esponente della corrente denominata Magistratura Democratica, nella quale si riconoscono giudici che hanno una visione politica vicina al PCI – PDS – DS – PD, cioé a sinistra dello schieramento politico italiano), e il sollevamento dell’incarico all’aggiunto Paolo Ielo, l’indagine – come è accaduto anche in altre sedi (vedi il caso dell’inchiesta Aemilia dove gli inquisiti sono diventati “quelli” di Forza Italia poi risultati completamente estranei) ha determinato uno spostamento delle indagini che ha visto esclusivamente la “persecuzione” giudiziaria nei riguardi dei consiglieri Luca Gramazio e Angelo Scozzafava esponenti della Destra, arrestati e sputtanati (come spesso accade in Italia quando ancora nemmeno è stata neppure emessa una sentenza di primo grado) mentre Maurizio Venafro, Nicola Zingaretti ed Elisabetta Longo, nonostante le prove documentali, le evidenze intercettive e le dichiarazioni di Buzzi del 2015, hanno “meritato” l’archiviazione della loro posizione.

Dunque due pesi e due misure? nonostante l’accusato “number one” abbia fornito tutti gli indizi e tutte le documentazioni della “complicità” dei politici e affini che avrebbero partecipato al “reatuccio” della turbativa d’asta.

Gli autori arrivano a ipotizzare che con l’intervento della magistratura, la storia politica italiana ha mutato il corso degli eventi: se – e ribadiamo se – nel 2015 Maurizio Venafro oltre ad essere indagato fosse stato arrestato il capo regionale del Partito Democratico, Nicola Zingaretti raggiunto da un avviso di garanzia, avrebbe aperto la crisi nella Regione Lazio e condotto i cittadini alle elezioni anticipate. Non possiamo sapere se questo evento avrebbe favorito le “destre” o avrebbe restituito la palla alle “sinistre”, con truppe grillinate compiacenti, ma di sicuro il fratello del commissario Montalbano, alias Zingaretti, nel 2019 non avrebbe rivestito la carica di segretario nazionale Dem.

Nel volume, scopriamo che – come accade sovente in Italia dove si finisce per coinvolgere tutti in modo che poi nessuno risulti effettivamente colpevole, a conclusione delle spese processuali, di quelle indagatorie, di quelle per lo sbobinamento delle intercettazioni e di tutto ciò che comporta una maxi inchiesta l’iter si è avviato verso la conclusione ricca di assoluzioni. Gli 8 imputati che pur di uscire dal tritacarne giudiziario, avevano patteggiato la pena e persino il “capro espiatorio” principale Buzzi che dal 2015 non è mai venuto meno a sostenere e raccontare con dettagli di prove e documentazioni la sua versione dei fatti, sono tornati “illibati”.

Nel corso dell’indagine è emerso il coinvolgimento di Nicola Zingaretti e Maurizio Venafro, a quel tempo rispettivamente Presidente della regione Lazio e Capo di Gabinetto, nell’accordo spartitorio con la destra di Luca Gramazio per l’assegnazione dei 4 lotti della gara.
Alla fine dell’iter processuale sono stati assolti tutti, anche gli 8 imputati che avevano concordato la pena e persino Buzzi che dal 2015 racconta la sua versione dei fatti, e che alla fine per un quantitativo di anni di galera appioppatigli a surplusin gattabuia ci è finito lo stesso….

Insomma nel libro “Mafia Capitale” gli autori dimostrano che il fenomeno era tutt’altro che paragonabile a quello della “mafia” …che il “capitale” era quello dell’asta turbata, che la verità ce la racconta Umberto Baccolo con la sua intervista in presa diretta a Buzzi che langue in carcere mentre i protagonisti della “stangata” sono liberi mentre chi ha indagato a breve riceverà nuovi incarichi e magari medaglie al valore e promozioni.

Questo lavoro ci è piaciuto moltissimo. Per due ragioni principali: è scritto molto bene. Possiede e rilancia un linguaggio caro al duo “Montanelli-Cervi” o a quello Montanelli-Gervaso (scegliete quale dei due tandem preferiti). Poi tratta un argomento scabroso e getta – con straordinario amore per la verità, nient’altro che la verità, fasci di luce laddove qualcuno preferirebbe regnassero le tenebre… Fattori che sotto il profilo giornalistico producono roba da non sottovalutare… Magari ne pubblicassero tanti altri di libri come questi che si trasformano in un vero e proprio “colpo al sistema” dei piemme politicizzati, che non hanno timore a mostrarsi schierati a sinistra a difesa dei partiti nella cui ideologia – a torto o a ragione – credono e si riconoscono…

Proprio vero che il caso Tortora si ripete all’infinito e che l’avventura del giornalista Enzo non ha insegnato nulla… “Tirem Innanz…” Però – se potete e volete – fermatevi in libreria giusto il tempo di soffermarvi sul libro di Umberto Baccolo e Otello Lupacchini e non mancate di portare a casa “Mafia Capitale”. Soldi ben spesi per un pieno (non di benzina e senz’accise) di verità… In quest’Italia menzognera, fumogena e fumantina, dove la difesa di partito è più importante dell’interesse nella Giustizia, non guasta e aiuta a viaggiare nella convinzione che non tutto sia ancora perduto!