Sibari-Sila, gli intrallazzi di Mario Oliverio

Politica, tangentisti, clan: ingredienti indispensabili – ognuno in dosi diverse, come diverse sono le responsabilità – nelle ricette dei lavori pubblici in Calabria. Come la torta del primo tratto della Sgc Sibari – Ss 177 Silana, poco più di due chilometri di strada costellati da 8 viadotti e due gallerie, costati decine di milioni di euro senza essere finiti, dove per collegare due estremità si inizia a lavorare dal centro del tragitto.

Del resto, è dal “centro” che prende corpo la costruzione del collegamento tra la piana e l’altopiano. L’idea era nell’aria già negli anni ’70 e nei ’90 la Comunità montana Destra–Crati la fa sua, commissionando alla società Bonifica la stesura di un primo possibile tracciato.

Gino Trematerra
Gino Trematerra

È il senatore centrista Gino Trematerra ad occuparsene in prima persona, sovrintendendo all’Accordo programma quadro del luglio 2002. Nel 2003 l’opera viene inserita nel programma opere pubbliche dell’Anas (2003-2012) e un anno dopo Trematerra si accerta che l’Apq abbia anche i necessari atti integrativi.

La spesa complessiva prevista è di più di 212 milioni. L’accordo tra il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Giunta Chiaravalloti dà i primi frutti. E l’assessore ai Lavori pubblici Misiti predispone un progetto preliminare sulla base di un primo stanziamento, pari a quasi 30 milioni di euro: 20 di fondi Fas su delibera Cipe; 9,95 per trasferimento di risorse ex d.l. 112/1998.

I lavori del primo lotto interesseranno Acri, Corigliano, San Demetrio Corone, Santa Sofia D’Epiro. Il sogno che fu già di Giacomo Mancini – con la Sa-Rc arrivata a Cosenza – sta per realizzarsi anche per Trematerra: la Sibari-Sila passerà dalla sua Acri. Sviluppo, lavoro, ripresa economica, le parole d’ordine. Tutti plaudono, ma la festa in casa Udc dura poco.A scombinare i piani arriva l’elezione nel 2004 di Mario Oliverio a presidente della Provincia di Cosenza. L’Anas, che avrebbe dovuto costruire la strada, getta la spugna per problemi di cassa – anche se, in un’interrogazione al Senato del 2007, Trematerra dirà che l’Anas si era offerta di realizzare l’opera subentrando con un atto d’intesa con la Regione e la Provincia di Cosenza – e a raccogliere la sfida è proprio Oliverio. Che da subito istituisce una task force e propone una variante al progetto preliminare: la strada non passerà più da Acri, se non per una 70ina di metri.

Interesserà, invece, soprattutto San Demetrio Corone, patria del senatore Cesare Marini. Anche qui, ci si ingegna per fare una deviazione, ma sempre iniziando dal centro: Oliverio ed i suoi tecnici diranno in seguito che la scelta di partire da lì è dettata proprio dalla difficoltà del tratto. Nello scippo, così definito dall’Udc dell’epoca, ci sarebbe la complicità dell’allora sindaco di Acri, Elio Coschignano, eletto con il centrosinistra nel 2005. Anche Marini – che ritornerà a Roma (nel 2008, ma a Montecitorio) aderendo al nascente Pd – si dà da fare. Diventerà sindaco di San Demetrio Corone nel 2011.

Nel dicembre 2012 si candida alle primarie del Pd, in provincia di Cosenza, ma 24 ore prima del voto, si ritira per dedicarsi al suo paese: darà in comodato d’uso gratuito dei terreni di sua proprietà necessari per la logistica del cantiere.

La filiera istituzionale costruita da Trematerra per passare alla storia di Acri passa in mano a Oliverio: al vertice c’è Loiero e ai Lavori pubblici Luigi Incarnato, che da subito fa coppia col sangiovannese.

La Provincia diventa l’ente attuatore e l’opera viene inserita nel Programma regionale dei Trasporti. Il 26 ottobre 2007 tutto il pacchetto (studi, ricerche, diagnostica varia, progetti, esiti di conferenze dei servizi etc.) viene spedito all’Ue.

La Sgc Sibari – Ss 177 Silana è a bando. Il rup diventa l’ingegnere Stefano Aiello e, dice il bando, i lavori previsti ammontano a 27,85 milioni di euro per il primo lotto funzionale: 2632 metri – l’intero tracciato sarà di 7,4 Km – che iniziano da contrada Nicola Orazio (San Demetrio) e finiscono a contrada Calamia (Acri). Sono previsti otto viadotti e due gallerie: Rotonda, lunga 148.3 metri, e Calamia (416.7), entrambe già terminate.

Ma sempre nel bando, alla voce “Principali modalità di finanziamento e di pagamento”, spuntano altri 5,6 milioni stanziati dalla Provincia (mutuo Cassa Dd.Pp).

Riassumendo: l’Apq stabilisce 30 milioni per il primo lotto, il bando dice che per eseguire i lavori ne servono quasi 28, ma l’opera ha un “capitale” di 35,5.

La scadenza per la presentazione delle offerte (al ribasso), è prevista per il 24 dicembre 2007, l’apertura, delle buste tre giorni dopo. Alla gara partecipano in 11, se l’aggiudica provvisoriamente, il 16 dicembre 2008, un’Ati. Ne fanno parte Roan Srl e Costruzioni ed Impianti Europa – entrambe nel ruolo di mandante – e il capogruppo, il Consorzio Stabile Infrastrutture: il 51% della società è in possesso del gruppo Maltauro e del suo amministratore delegato Enrico.

Maltauro, noto sin dagli anni ‘90 per storie di tangenti e arrestato nell’ambito dell’inchiesta sull’Expo 2015, ha svelato di recente agli inquirenti come funziona la “compagnia degli appalti” di cui è ritenuto il capo.

Dopo quelle rivelazioni, il prefetto di Milano ha commissariato la Maltauro su richiesta del presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone. La ragione? «La società ha dimostrato di adattarsi a pressioni criminali». L’aggiudicazione definitiva arriva nel 2009, il contratto d’appalto viene stipulato e registrato nello stesso anno. La gara è vinta – grazie ad un ribasso del 24,318% sulla base d’asta – con un’offerta da 21,5 milioni. Il 23 luglio vengono consegnate all’Ati le attività di progettazione esecutiva, ma bisognerà aspettare dodici mesi per la posa delle prima pietra.

E partono i subappalti, quelli ufficiali e quelli “mormorati”: in zona si parla della presenza di operai della ditta dei fratelli Straface, arrestati nel 2010 con l’accusa di essere organici alle cosche coriglianesi, “monopoliste” dei settori movimento terra e costruzioni. Trenta milioni dell’Apq, quasi 28 messi a bando, la ditta dice che gliene bastano poco più di 21.

Ma in ogni documento ufficiale Oliverio ribadisce che sono 35,5 quelli impegnati.

C’è di più: nella scheda sull’avanzamento contabile (gennaio 2010), alla voce “impegni contrattualizzati” si parla di 26 milioni. Insomma, l’Ati vince la gara per 21,5 milioni, ma i contratti ne riportano 26.

Dopo qualche problema di logistica nel cantiere, i lavori procedono finché non spunta un particolare che potrebbe compromettere la realizzazione dell’opera: i lotti successivi, per ricongiungersi dal versante del Montesanto, dovranno fare i conti con un dislivello di molti metri tra il “manto” già posato e quello da realizzare. Serve la dinamite per creare una breccia nella montagna. Un disastro ambientale che potrebbe costare più di quanto si sia già speso. E solo per fare qualche altro metro.

Secondo una perizia della Provincia – sostiene Adriano D’Amico, consigliere comunale di San Demetrio Corone che da solo ha cercato, invano finora, risposte dalle istituzioni sui problemi dell’appalto – nel materiale di risulta proveniente dagli scavi delle gallerie ci sarebbe cobalto in quantità superiore alla norma da smaltire con trattamenti speciali. Depositato, invece, su enormi teli bianchi. Chissà che ne pensa l’Arpacal. Nonché da tempo si vocifera che in quell’aria “qualcuno” abbia sotterrato decine e decine di bidoni contenenti materiale altamente tossico. Nel dicembre del 2013, si abbatte l’ultimo diaframma della galleria Calamia e Oliverio, al termine di una commovente messa celebrata in galleria, annuncia di lì a poco la fine dei lavori. Che era prevista un anno prima, ma lui stesso aveva posticipato firmando una delibera (274/2012) per prorogare i lavori fino al 2014 (motivazioni: espropri e complessità varie).

La consegna della strada era prevista per dicembre (chissà di quale anno); la Provincia – nel volume sui dieci anni di presidenza Oliverio – sostiene che i lavori, iniziati nel 2010, siano però ancora al 70%. Dalle foto, non si direbbe. C’è ancora tanta strada da fare.

A giugno, intanto, Acri si sveglia al suono delle sirene. La Dda di Catanzaro, su ordine del magistrato Pierpaolo Bruni, perquisisce gli uffici dell’assessore regionale Trematerra (figlio del senatore), quelli del Comune e varie case. Consiglieri, l’ex sindaco facente funzioni e diversi imprenditori sono indagati per aver favorito gli interessi del clan cosentino Lanzino truccando degli appalti. Ci sarebbe anche una tangente per lo sfruttamento di una cava proprio nei paraggi della Sibari-Sila.

GdD

Camillo Giuliani