Sibaritide, “Galassia” 1995: mafiosi e politici uniti negli affari

Bruno Siclari è quello con i baffi

Per capire qualcosa in più rispetto a quanto sta accadendo nella Sibaritide dopo l’eclatante duplice omicidio di ieri, che ha fatto seguito a quelli del boss Leonardo Portoraro a giugno dell’anno scorso e a quello di Pietro Longobucco (per non parlare di altri due molto probabili casi di lupara bianca) bisogna ritornare indietro nel tempo e quindi alla fatidica operazione “Galassia”. Che esplose in tutta la sua importanza e poi fu clamorosamente ridimensionata. 

PRIMA PARTE

Le ordinanze di custodia cautelare furono addirittura 143, mentre, in tutto, le persone indagate erano 424. ”Galassia”, nell’ormai lontano 1995, è stata una delle operazioni più vaste condotte contro la struttura organizzativa e operativa della ‘ndrangheta, sia per quel che riguarda il numero delle persone coinvolte che per la loro ”qualità” sul piano criminale.

Obiettivo dell’operazione dei carabinieri e della Dda di Catanzaro erano state le cosche della ‘ndrangheta che operano nella zona di Castrovillari e dell’alto Jonio, in provincia di Cosenza, ma anche a Cirò Marina. Zone considerate da sempre ”ad alta densità mafiosa” e sulle quali la Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, con l’aiuto dei carabinieri del Ros e della regione Calabria, aveva da tempo concentrato la sua attenzione.
L’indagine aveva portato allo scoperto anche i legami tra le cosche e alcuni ambienti politici ed istituzionali. I carabinieri avevano notificato anche 120 avvisi di garanzia nei quali la Procura distrettuale di Catanzaro -assieme al capo dell’ufficio, Mariano Lombardi, nell’inchiesta sono stati impegnati i sostituti Salvatore Curcio, Giancarlo Bianchi, Stefano Tocci e Caterina Chiaravallotti- ipotizzavano il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Ad aiutare gli investigatori erano state le rivelazioni di alcuni pentiti, tra i quali tre esponenti di spicco della ‘ndrangheta: Pasquale Tripodoro, capo dell’omonima cosca di Rossano (Cosenza); Antonio Recchia e Vincenzo Cavallaro. Quest’ultimo si era convinto a collaborare dopo aver scontato un lungo periodo di detenzione in Germania, dove fu arrestato nell’84 con l’accusa di omicidio. Ma l’indagine si basava anche sulle rivelazioni del boss della camorra Pasquale Galasso, e su quelle di Francesco Mantesano e Alessandro Covelli, altri due collaboratori di giustizia.
Importanti sono state anche le rivelazioni fatte da Florinda Mirabile e Lucia Albano, rispettivamente figlia e moglie di Mario Mirabile, boss della camorra di Salerno, legato a Giuseppe Cirillo, camorrista di rango, il quale per molti anni ha controllato le attività criminali nella zona dell’alto Jonio cosentino. Mirabile è stato ucciso a Sibari (Cs) il 31 agosto del ’90: secondo quanto e’ emerso dall’inchiesta, ad ordinare l’omicidio sarebbe stato il boss della ‘ndrangheta Santo Carelli.

Ma ecco cosa scriveva nell’immediatezza dei fatti “La Repubblica”.

MAFIOSI E POLITICI UNITI NEGLI AFFARI

di Pantaleone Sergi

Le mani sulla Sibaritide la ‘ ndrangheta le mise negli anni Settanta. Poi era cresciuta, faceva affari e vendeva voti, s’ infiltrava nei Palazzi e gestiva gli appalti, trattava con Cosa Nostra e le camorre, tubava con la Sacra Corona e intratteneva rapporti con pezzi dello Stato.

I pentiti parlano e i carabinieri riscontrano. Si scopre una rete mafiosa, estesa, capillare. Scatta il blitz, l’ “operazione Galassia”, e coinvolge mafiosi, politici, avvocati e colletti bianchi. Ci sono 143 ordini di custodia cautelare (la Procura ne aveva chiesti 271). Ci sono 600 indagati, di cui almeno 200 avvisati con perquisizione domiciliare.

Ci sarebbe addirittura la richiesta di autorizzazione all’ arresto per un deputato di Forza Italia, Amedeo Matacena, ci sono avvisi di garanzia per due ex parlamentari, il liberale Attilio Bastianini e il socialista Salvatore Frasca, già componente dell’ Antimafia e sottosegretario alla Giustizia, e per l’ attuale prefetto di Bari, Corrado Catenacci, che fu prefetto anche di Cosenza e di Salerno. E ancora per due penalisti cosentini, Tommaso Sorrentino, il difensore di Giacomo Mancini, e Luigi Cribari.

Tommaso Sorrentino

E tra gli arrestati, poi, ci sono il figlio di un ex banchiere di Castrovillari, Antonio De Biase, e un notaio molto conosciuto, Ludovico Placco, con studio a Cassano Jonio. “Io non c’ ero”, “Io non so nulla”, “Io querelo”: nessuno ammette niente, i pentiti, dicono i politici e gli altri “avvisati”, sono calunniatori. Eppure ad accusare sono voci di rango, da Pasquale Galasso, braccio destro di don Carmine Alfieri, a Pasquale Tripodoro che era capomafia di Rossano Calabro. Ai quali si è aggiunta Florinda Mirabile, figlia di un boss ucciso a Sibari nel ‘ 90, legata a Galasso, che tira in ballo Bobo Craxi (il ragioniere del padre le disse che se volevano investire in Lombardia dovevano rivolgersi al figlio del leader socialista) e racconta storie di usura in cui coinvolge il prefetto Catenacci e un magistrato.

Florinda è una ragazza decisa, sostiene di essere una testimone e non una pentita, fa sapere di non essere la donna di Galasso che di lei dice: “Florinda? Brava ragazza e sfortunata per la morte del padre. Non potevo non aiutarla”.

L’ elenco degli indagati eccellenti, fanno capire i magistrati della Procura antimafia, è lungo. Almeno duecento perquisizioni, infatti, sono state effettuate nella notte dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cosenza. Case e studi di avvocati e imprenditori sono stati passati al setaccio. Mariano Lombardi, procuratore antimafia di Catanzaro, però non conferma neanche quello che è ufficiale. Ma neppure smentisce. Strana conferenza stampa.

Mariano Lombardi

Il procuratore distrettuale Bruno Siclari si dice soddisfatto e avverte che la potenza della ‘ ndrangheta è superiore a quella di Cosa Nostra e per questo bisogna stare attenti. Il suo sostituto Emilio Ledonne, che si è occupato delle cosche del Cirotano che avevano aperto un locale a Stoccarda, dove storie di mafia avrebbero coinvolto anche un ministro del Baden, dice soltanto che con la Procura della città tedesca è stata stabilita una proficua e stabile collaborazione.

I sostituti distrettuali Stefano Tocci (che annuncia il ritrovamento di tre potenti esplosivi, con timer, pronti all’ uso contro obiettivi istituzionali, tra cui magistrati), Giancarlo Bianchi, Caterina Chiaravalloti, Luciano D’ Agostino e Salvatore Curcio (autore della maxinchiesta) dicono poco e non spiegano nulla. Doveva almeno raccontare il blitz il colonnello Giovanni Nistri, ma è rimasto con gli appunti tra le mani, perché in pratica l’ incontro coi giornalisti si è consumato nel non dire nulla sui nomi dei politici indagati e sulle storie che li vedono coinvolti.E allora si va alla ricerca di spezzoni di notizie per ricostruire un mosaico affollato di personaggi dai colori foschi. Matacena, lo dice lui stesso, andò nella Sibaritide per le elezioni politiche del ‘ 92. L’ accusa vuole che trattò voti per il capolista del suo partito, l’ ex sottosegretario Attilio Bastianini. Compravendita di voti? L’ interrogativo cade nel vuoto. “Non dobbiamo, come magistrati, rispondere a domande su persone eventualmente raggiunte da informazioni di garanzia”, taglia corto Siclari.

Il sostituto Curcio, almeno, dà la cornice entro cui si muoveva questa mafia silente e potente. Intanto gli affari della droga. Con Pietro Vernengo, arrestato anche in questa occasione, gestiva raffinerie di eroina. Con Cosa Nostra faceva affari di ogni tipo. Con la ‘ ndrangheta reggina aveva legami stabili e stretti. Con la camorra, che da queste parti si era insediata, ora era in guerra ora si spartiva gli affari. Le tecniche? Vecchie ma collaudate. L’ impresa forte che prendeva grandi lavori o pagava il pizzo o dava i subappalti alle cosche locali. Vedi i lavori per la superstrada jonica nella zona di Roseto Capo Spulico e per la discarica di Rossano. Ma la guerra di mafia ha generato i pentiti. E i carabinieri ci hanno dato sotto con i riscontri. E ai riscontri è seguita la retata.

1 – (continua)