Sistema Cosenza: chi compone la Cupola?

Ve lo chiedo direttamente e senza giri di parole. Secondo voi la corruzione a Cosenza esiste? O meglio: così come è ormai acclarato che in tutte le città calabresi, e non solo, esiste un “sistema criminale” governato da una cupola definita masso/mafia (composta da politici, imprenditori, magistrati, uomini dello stato infedeli, dirigenti pubblici, massoni deviati, professionisti e mafiosi) che attraverso la corruzione e l’intimidazione monopolizza gran parte della economia pubblica e privata, secondo voi si può dire che questo sistema criminale esiste anche a Cosenza?

Perché è questa la domanda da cui bisogna partire per capire se questa città è destinata a perire sotto il malaffare, o è arrivato anche per noi il momento del riscatto sociale, politico, ed anche umano.

Io dico che non solo il “Sistema Cosenza” esiste, ma che ha fatto scuola in Calabria prima e nel resto del paese poi. E non sono supposizioni le mie, ma dati reali che emergono dalla mole di carte esaminate dalla Guardia di Finanza in merito ai cosiddetti appalti spezzatino. Centinaia di determine prodotte dall’amministrazione Occhiuto per un valore che supera i 10 milioni di euro, palesemente illegali e fuori legge. Ditte amiche, amici degli amici, creditori, cambiali elettorali e malandrini, i destinatari del pubblico denaro. Una sessantina di determine firmate in una sola notte possono voler dire una sola cosa: intrallazzo. Del resto l’inchiesta su piazza Bilotti ha di fatto già parzialmente svelato tale sistema, manca solo la parte politica e le sue coperture. Giusto per restare nell’attuale. E’ chiaro che Occhiuto non è l’inventore del Sistema Cosenza, prima di lui ha fatto ancora meglio il cardinale Franco Ambrogio nella consiliatura Perugini.

Le origini del Sistema Cosenza arrivano da lontano, e si consolidano grazie ad una singolarità tutta nostrana. Tutta cosentina. Mi spiego: mentre nelle altre città della Calabria, dove vivono i nostri stessi problemi, esiste e si pratica un turn over nella direzione di importanti e delicati uffici pubblici – ad esempio a Reggio, ma anche a Catanzaro, i vertici della procura, della polizia, della prefettura, sono soggetti a continui spostamenti, per non creare “conflitti di interesse” – a Cosenza questo non è mai esistito.

Cosenza è l’unica città d’Italia dove un procuratore capo è stato in carica per più di 20 anni. E non solo, a Cosenza capita anche che un dirigente di polizia diriga lo stesso ufficio per 15/20 anni. Stessa cosa per i magistrati: alcuni di quelli attualmente in carica in procura e in tribunale si trovano nei loro uffici dalla notte dei tempi. Non parliamo poi dei dirigenti pubblici che ruotano solo a seconda degli interessi del politico corrotto di turno.

Che dire poi delle incompatibilità ambientali… a Cosenza non sanno nemmeno cos’è. Infatti nel tribunale, in prefettura, in polizia, sono tutti parenti tra di loro: la moglie è giudice, e il marito è pm. O la moglie è pm e il marito è avvocato. Oppure la figlia è giudice e il papà è un intrallazzino politico. Ancora, la moglie è gip e il marito dirigente di polizia. E così via. A Cosenza per questo non viene allontanato nessuno.

Questa situazione, che conoscono tutti, ha fatto sì che si creassero dei forti legami tra uomini dello stato ed il contesto economico, politico, massonico, mafioso, locale.

Una saldatura, tra stato deviato e ‘ndrangheta politica, che va avanti a Cosenza dagli anni settanta. Un intreccio di malaffare e di intrallazzi che ha radici profonde e che ha coinvolto, e coinvolge tutto il gotha politico ed istituzionale locale. Ecco perché è difficile intervenire su Cosenza: rompere questi legami non è facile, perché chi dovrebbe controllare e denunciare tutto ciò, chi più e chi meno, ha avuto a che fare con il malaffare. A Cosenza la maggior parte dei “potenti” è ricattabile. Gli scheletri negli armadi non si contano più, tanti sono.

Ma com’è composta questa cupola? Lo abbiamo scritto tante volte: senza la connivenza del “controllore” non sarebbe possibile fare nessun intrallazzo. Che vuol dire: senza la complicità della procura non si possono rubare i denari pubblici. Come non si possono rubare senza la complicità di dirigenti comunali compiacenti. Il tutto sotto l’attenta regia del politico mafioso intrallazzato con imprenditori, professionisti e malandrini.

Dunque la cupola al proprio interno deve avere per forza questa figure: giudici, politici, sindaco, funzionari e dirigenti pubblici, imprenditori e professionisti, e alla fine, ma proprio alla fine c’è anche la figura di qualche malandrino che spesso accontentano con qualche briciola.

Mettersi contro la cupola a Cosenza significa affrontare queste persone e il loro smisurato potere. Ecco perché fanno paura più dei malandrini con la coppola e la lupara. Usano le prerogative pubbliche e il potere che gli deriva dalla carica che occupano, per meri interessi personali.

Quindi, che rispondete: esiste o no il Sistema Cosenza o è tutta una nostra invenzione?