Sistema Rende, tutti gli uomini del “capo” e i 100 milioni al “ricciolino”

Principe e il "pentito" Cavalcanti

Nel prossimo mese di giugno prenderà il via un processo molto atteso, tra quelli più importanti di questo 2018. Parliamo del processo scaturito dall’operazione “Sistema Rende” del 23 marzo 2016. Il principale imputato è Sandro Principe e il suo spietato accusatore è proprio il “sindaco” che aveva scelto lui per Rende nel 2011: il “pentito” Vittorio Cavalcanti.

“… Dall’insieme dell’attività captativa e dagli ulteriori elementi acquisiti, emergeva come Sandro Principe avesse costituito nel corso di decenni un “sistema” del quale era l’unico “capo”…

Di tale struttura parlava Vittorio Cavalcanti: “Quello è un sistema che non si cambia, quello si cambia solamente se se ne va il capo… se non se ne va il capo il sistema rimane sempre lo stesso…”.

In particolare, Cavalcanti sottolineava la mancanza di necessità dell’ampliamento del numero dei dipendenti della Rende 2000 e della Rende Servizi e riferiva che la sua iniziale presa di posizione sulla questione “municipalizzata” vedeva l’inserimento nelle linee programmatiche del licenziamento di 70-80 operai, scelta che era stata a suo tempo contrastata fortemente dal resto della maggioranza.

“… Mo che dovranno fare delle cose, che io ho cercato di far capire che andavano fatte perché era necessario, perché altrimenti non si poteva andare avanti, mo apriranno… mo che devono mettere 70-80 persone di Rende Servizi, che sono mezzi delinquenti, in cassa integrazione… mo tutti citti e mosca… quando io, timidamente, nelle dichiarazioni programmatiche, l’ho inserito, è successa la fine del mondo… come? Che così fai saltare il sistema!”.

In un’altra circostanza, due licenze edilizie ritenute conformi alle leggi erano state “tutte osteggiate, in maniera violenta, da lui…” perché una riguardava Fabio Coscarella, che aveva votato per Guccione. Diceva: “ah, questo ha votato a Guccione!” e l’altra il costruttore Grimoli, che si trovava all’opposizione.

Quando poi Cavalcanti ribatteva alle illegittime richieste del “capo”, quest’ultimo imponeva la sua autorevolezza e lo richiamava ad assecondare i suoi voleri: “Ma pensa a fare il sindaco che stai facendo il procuratore della Repubblica!”.

“… A Rende lo sanno tutti che c’è un sistema per cui se non vai a baciare la mano al “capo”, non puoi lavorare… e se fai una cosa che va contro il capo è meglio che te ne scappi… però poi votano sempre il “capo”!…”.

Il modus operandi del Principe, esplicativo dell’ambito del potere detenuto dallo stesso, veniva così rappresentato dal Cavalcanti.

“Era notorio che l’onorevole Principe assumeva tutte le decisioni che riguardavano l’attività amministrativa dell’ente, non solo quando egli ricopriva il ruolo di sindaco, ma anche quando tale ruolo non era da lui ricoperto. Evidentemente nessun dirigente-funzionario o pubblico amministratore della maggioranza poteva assumere decisioni significative non previamente autorizzate dal Principe medesimo. Aggiungo che non solo gli amministratori, ma anche i funzionari e i dirigenti dovevano rispondere al Principe.

Solo per citarne alcuni, di quelli di cui l’Ufficio mi chiede contezza, posso affermare che Valdo Vercillo, Francesco Raimondi, Raffaele Giraldi, l’ingegnere (Gianfranco, ndr) Sole e altri, era sotto gli occhi di tutti ed era altrettanto notorio che rispondessero appunto al Principe medesimo. Ad esempio, posso riferire di aver visto numerosissime volte l’ingegnere Sole presso la segreteria dell’onorevole Principe, diverse volte ho visto anche il Vercillo. Posso dire che l’onorevole Principe “amministrava” il Comune di Rende anche dalla sua segreteria, nel senso che le relative deliberazioni erano profanazioni della volontà del Principe.

In realtà, la suddivisione ex lege tra le competenze di indirizzo del potere politico e quelle di carattere tecnico-amministrativo al Comune di Rende restavano solo sulla carta. Dico questo, oltre che per notoria conoscenza dell’ambiente politico del PD, anche perché ebbi modo di toccare con mano i pressanti e inopportuni tentativi di ingerenza dell’onorevole Principe anche allorquando io stesso divenni sindaco. Tentativi di ingerenza che si orientavano non solo verso la maggioranza politica espressione del Principe, ma anche nei confronti dei vari dirigenti del Comune di Rende, i quali, per mia conoscenza diretta, assecondavano le richieste del suddetto”.

A conferma del quadro esposto, risulta dall’attività captativa una significativa conversazione (avvenuta il 13 settembre 2013) nel corso della quale l’ex sindaco Cavalcanti riferiva di un suo amico costruttore, Nino Tallarico, il quale gli aveva confidato che, per poter ottenere una concessione edilizia, “era stato “costretto” a consegnare la somma di cento milioni di lire in contanti ad un soggetto che indicò con il nomignolo di “ricciolino”… OMISSIS … un commercialista deceduto, di nome Emilio Giglio… OMISSIS…”, somma che, secondo il Cavalcanti, sarebbe stata incamerata da Sandro Principe “sia sulla scorta della consolidata e notoria amicizia di Giglio con il Principe sia perché Giglio non aveva alcun ruolo istituzionale e amministrativo e sia perché trattandosi di una concessione edilizia che avrebbe dovuto rilasciare il Comune di Rende, ciò sarebbe dovuto passare dal placet dell’on. Principe”.