Tutti i trucchi di don Ernesto Magorno per affossare l’ospedale di Praia (di Francesca Lagatta)

di Francesca Lagatta

Comune di Praia a Mare, 16 febbraio 2012, sala consiliare gremita. La cittadinanza partecipa in massa a una riunione organizzata per discutere insieme sui provvedimenti da attuare per rimandare o evitare la chiusura dell’ospedale civile, che il decreto prevede in data 31 marzo, un mese e mezzo più tardi. E’ l’ultimo tentativo.

L’allora primo cittadino praiese, Carlo Lomonaco, spiega ai presenti, e senza fronzoli, la situazione che di lì a poco si andrà a delineare. Niente Pronto Soccorso, niente reparti di Chirurgia e Medicina, la politica regionale ha deciso che l’imponente struttura sanitaria verrà riconvertita in Casa della Salute, una sorta di poliambulatorio che annienta la rete emergenza/urgenza e mette a repentaglio l’incolumità di oltre 60mila persone.

Oltretutto l’ospedale di Praia ha i conti in attivo, è l’unico in tutto il Meridione e, pertanto, rappresenta una risorsa economica. Al dicembre del 2011 il fatturato è di +3 milioni di euro. Nessuno si spiega cosa c’entri quella chiusura con i tagli agli sprechi imposti dal Ministero della Salute.

Ospedale La stampa azzarda già qualche ipotesi su possibili abusi, intrallazzi e favoritismi invitando gli amministratori locali a rivolgersi alla Procura, ma i nostri sindaci provano a convincere i presenti che il tutto si potrebbe risolvere facendo appello alla politica ad ogni livello e alla Giustizia amministrativa. Ignorando, o quasi, il giro di voti, di incarichi e di affari che si celava dietro la questione.

In quella storica riunione, la politica locale, comunque, si attiva come può. Chiede aiuto alle associazioni per mettere in piedi proteste eclatanti, rende pubblica la bocciatura del Tar e annuncia battaglia presentando nuovamente ricorso al Consiglio di Stato, mentre in sala i rappresentanti politici regionali dicono che si faranno carico e portavoce del grido di protesta. L’ospedale non deve chiudere e la salute dei cittadini deve essere tutelata. A qualsiasi costo. Tutti i sindaci dei 18 comuni dell’alto Tirreno cosentino spingono nella stessa direzione.

O meglio, tutti tranne uno. Ernesto Magorno, allora sindaco di Diamante, ha indetto un’altra riunione, nello stesso giorno e alla stessa ora, per discutere dei disagi provocati dalla SS18. Perché proprio nello stesso giorno e alla stessa ora? Perché disertare e, al tempo stesso, ostacolare una conferenza di tale importanza?

L’azione non passa inosservata e in sala l’imbarazzo viene prontamente sostituito da offese e mormorii, anche se poi le leggi del politicamente corretto costringono i colleghi sindaci a smorzare le polemiche. Qualcuno tenta anche la difesa: «Anche le strade pericolose sono un problema da risolvere».

Certo, ma se ne sarebbe potuto parlare in un altro momento, anche solo qualche ora più tardi, e di fatto la SS18 oggi continua ad essere identica a quattro e anni e mezzo fa, e cioè pericolosa e dissestata. Da allora è cambiato solo il numero dei morti.

Il sospetto è, dunque, che Magorno dovesse prendere pubblicamente le distanze dall’iniziativa sulla sanità. Ma perché?

I dati di fatto ci raccontano che il segretario regionale del Pd, l’anno dopo diviene deputato della Repubblica italiana. Ma secondo una recente inchiesta, la valanga di preferenze con le quali viene eletto, sarebbero il frutto dei presunti rapporti tra il pupillo di Oliverio e il boss Franco Muto, arrestato una decina di giorni fa nell’operazione Frontiera.

Il direttore de Il Corriere della Calabria ha rivelato che la DDA avrebbe imbottito di cimici, per lungo tempo, l’auto di un parlamentare. O meglio, un’auto in uso a un parlamentare, concessagli da un imprenditore della sanità privata (che la magistratura indicherebbe come presunto prestanome del capo mafia) per sbrigare le faccende ufficiose riguardanti la sanità, appunto, presumibilmente nella speranza di passare inosservato.

Tra i numerosi favori che il parlamentare avrebbe concesso, finanziamenti a pioggia alle strutture sanitarie amiche. Che dopo la chiusura dell’ospedale di frontiera, potrebbe essere stato, per motivi logistici, più facile concedere.

Il nome del parlamentare indagato, secondo la stampa locale, sarebbe proprio quello di Ernesto Magorno. E, se così fosse, oggi avremmo tante risposte a domande che una volta apparivano finanche prive di senso.