Vincenzo Cesareo, l’uomo del giorno: luci e ombre di una mina vagante

di Saverio Di Giorno

L’interdizione di Vincenzo Cesareo, direttore dello Spoke ospedaliero di Paola-Cetraro è la notizia del giorno. L’accusa è quella di aver fatto tamponi e vaccini ad amici e amici degli amici. Un’accusa grave per la quale la procura aveva addirittura chiesto l’arresto. Il direttore è una figura che ha accentrato spesso su di se i riflettori per le sue denunce e le sue proteste, ma anche le attenzioni di qualche ufficio inquirente. La sua storia è lunga e piena di sfaccettature e non si presta a semplificazioni frettolose. Lui tempo fa si era definito una mina vagante.

Come lui, anche la sua famiglia è al centro della vita politica e mediatica del territorio dell’Alto Tirreno cosentino. Qualcuno lo aveva definito “medico con la passione per la politica”.  Poco male se non fosse che queste passioni lo avevano portato nel 2010 a finire al centro di intercettazioni nelle quali si diceva molto legato al boss Pelle, poco prima di essere nominato direttore di Cetraro e Paola. Da quell’inchiesta della Dda di Reggio era comunque rimasto fuori.

Aveva “inaugurato” la nomina con la richiesta di una relazione sull’andamento delle Unità operative e dei reparti. Quando ricordammo questo episodio rispose con un commento pubblico nel quale ricordava le sue denunce sulla malasanità e aggiungeva: “Gratteri spieghi perché non sono stato neanche indagato e spieghi soprattutto come la magistratura abbia archiviato dopo due anni di proroghe delle indagini la querela contro di lui ed i suoi colleghi”.

Già, le denunce. È dal 2012 che Cesareo inizia una battaglia contro i patron della sanità cosentina. “… Detto ufficio – scriveva Cesareo – espletava attività di indagine dalla quale emergevano rilevanti fatti di natura penale, tra i quali il vincolo associativo, ed inviava alla procura della Repubblica di Cosenza, territorialmente competente, una corposa informativa…”. Ovviamente la procura di Cosenza come un buco nero inghiotte tutto quello riceve e non restituisce nulla. Eppure Cesareo aveva parlato di fatti ben circostanziati: di affidamenti diretti, transazioni sospette, fatturati triplicati. Tutti fatti che riguardano aziende e nomi ben conosciuti da Marchese, all’avvocato Paolini. Il pm Assumma che all’epoca aveva anche riscontrato molti fatti aveva però ritenuto di non chiedere alcuna misura detentiva o di sospensione. A queste a quanto pare si aggiungono delle denunce presentate direttamente contro i magistrati.

Da allora probabilmente non è mai stato molto gradito nell’ambiente. Una serie di accuse poi rivelatesi false si susseguono fino al 2017 quando a una vicenda caotica riguardante i reparti di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Cetraro segue il sollevamento dall’incarico. Finisce all’ospedale di Praia a Mare (chiuso). A proposito di questo ospedale e delle cerimonie-farsa di riapertura, nel 2018 aveva inoltrato alla procura di Paola una denuncia per abuso della credulità popolare finalizzata al voto di scambio.

Si arriva finalmente agli ultimi eventi e nuove intercettazioni che di nuovo pesano. Lo si ascolta mentre si diceva pronto a tamponare chiunque persino i gatti. Oltre a questo l’accusa riguarda anche l’uso improprio dell’auto di servizio. Insomma una responsabilità importante, ma sicuramente non l’unica figura ad aver agito in tal senso. La stessa procura parla di accertamenti ancora in corso e in effetti anche solo guardando i numeri sembra che qualcosa manchi, ma su questo ci sarà modo di tornarci.

Non bisogna essere santi per fare giuste battaglie e il direttore certamente santo non lo è, ma questo non toglie che le sue denunce e le questioni sollevate aspettano ancora una giustizia che sia celere ed efficiente almeno come quella che l’ha riguardato. Ma d’altra parte ormai lo sappiamo: una cosa è la procura di Paola e il dottore Bruni, un’altra quella di Cosenza.