Cosenza. Lupacchini lancia messaggi chiari e forti: “La mia era un’inchiesta non un’ispezione e a qualcuno cascheranno i baffi”

“Siamo messi molto peggio che trent’anni fa”. Con queste parole perentorie e che non lasciano spazio alla clemenza l’ex procuratore Otello Lupacchini iniziava un anno e mezzo fa (il 18 maggio del 2022) poco più di cinquanta minuti di diretta (su https://www.facebook.com/lospaziodisaveriodigiorno ). In pratica l’anticipazione di quella che è stata la sua per certi versi drammatica testimonianza di giovedì scorso nel Tribunale di Salerno sui “segreti inconfessabili” della procura di Cosenza e quindi della stessa Città dei Bruzi.

SALERNO, LUPACCHINI RIVELA IL VERO VOLTO DEL GATTOPARDO (https://www.iacchite.blog/salerno-lupacchini-rivela-ai-giudici-il-vero-volto-di-mario-spagnuolo-detto-il-gattopardo/)

Quelli del mestiere direbbero “intervista fiume” oppure titolerebbero “Lupacchini spara a zero”. In realtà il procuratore ha pazientemente analizzato, messo in fila fatti, riempito i buchi logici di trent’anni di storia italiana. Dal Nord alle ultime vicende calabresi sulle quali lancia messaggi precisi, ricorda episodi e non si tira indietro su nessun argomento.

Capaci e Mani Pulite

Trent’anni. Non a caso. Non si poteva non partire infatti dai trentennali che ricorrevano nel 2022. La strage di Capaci in cui perde la vita il giudice Falcone, la compagna e la scorta. E Mani Pulite. Per Lupacchini il 1992 è un punto di arrivo di meccanismi che partono dagli anni ’70 e hanno portato ad una “svolta securitaria” in Italia. Saltano pesi e contrappesi, controlli che rendono tale una democrazia. La magistratura ha invaso il campo della politica “che si è fatta mettere sotto tutela”. E come non dargli ragione? Il Parlamento, principe della Costituzione, ormai è un soprammobile. Dunque,  il potere si modifica e  la magistratura si prende compiti che non le sono propri checché ne dicano, quelli che Lupacchini definisce, “i soloni dell’Anm che continuano a restare al proprio posto nonostante quello che sta succedendo”. La stoccata è sul dottore Santalucia, presidente dell’Anm. E come agisce questo nuovo potere anticostituzionale? Esercitando paura e menzogna.

L’Italia: una storia di parricidi e restaurazioni

L’ultimo parricidio è quello di Palamara. La sua “eliminazione” per Lupacchini è stato solo un modo per ricostruire l’assetto del potere perché, probabilmente, lui ne aveva avuto troppo. Altro che cambiamento! In quest’ottica legge molti degli eventi della storia. Cos’è stata Mani Pulite se non un modo per “decapitare” persone che non avevano più ruolo e senso in un equilibrio mondiale modificato (dopo la caduta del muro di Berlino)? E lo strumento spesso, volontariamente o no è la magistratura. Lupacchini come esempio, di questo modo particolare di operare e dirigere la storia, della magistratura porta il caso Pieczenick, inviato dagli USA nel comitato di crisi del rapimento Moro; Pieczenick dice di aver spinto per la sua uccisione perché Moro era pericoloso; il procuratore Ciampoli vuole vederci chiaro, ma le sue dichiarazioni divengono inutilizzabili perché Palamara, d’accordo con Pignatone, combina un pasticcio procedurale. Ignoranza o malafede?

Il video integrale dell’intervista

https://www.youtube.com/watch?v=R55VcoEl8qc

Giustizialismo e garantismo: la lezione dimenticata di Falcone

Il diavolo si nasconde nei dettagli o nelle procedure. Cavilli che possono far cadere tutto. A 30 anni da Mani Pulite si dibatte su garantismo e giustizialismo (spesso nascondendo voglia di impunità o al contrario di vendetta aggiungiamo noi), ma Lupacchini avverte: se non si rispettano le regole formali e sostanziali non si arriva da nessuna parte. É inutile forzare le accuse e allungare le reti a strascico per avere accuse più pesanti se poi non reggono. L’effetto sarà solo il decadimento. Lupacchini ricorda un passaggio in cui Falcone stesso metteva in guardia su questo. Oggi “tutti tirano per la giacchetta Falcone” ma proprio “gli emuli” si dimenticano questa lezione.

La Calabria: laboratorio di poteri e accordi

Se c’è un luogo dove avvengono accordi e si progettano parricidi e restaurazioni questo è il sud. Nel 1992 la Sicilia. Oggi la Calabria? Per Lupacchini il paragone non è possibile. In Calabria c’è un “comitato di affari” ben diverso dal clima siciliano degli anni ’80.

Tuttavia è vero che se ci sono segreti inconfessabili che rendono governi e ministri ricattabili partono da qui. E Lupacchini ci si è scontrato più volte. Quando era in procura generale a Catanzaro, in Calabria e a Cosenza in particolare, avevano paura che se il procuratore Spagnuolo, sì insomma il Gattopardo, non avesse fatto “qualcosa” allora Lupacchini sarebbe intervenuto. Per fare cosa? Lupacchini ipotizza: “Se qualcuno si preoccupava di un mio intervento è un mascalzone, perché non avevo intenzione di interferire con nessuno e di certo non lo avrei fatto né avrei potuto senza elementi”. Certo, Lupacchini è intervenuto in un’occasione, in un’udienza riguardante il procedimento fallimentare che ha coinvolto il gruppo iGreco. E Lupacchini ricorda come molti se ne risentirono del suo intervento, compreso il presidente del collegio. Eppure nel suo intervento faceva semplicemente notare i tempi particolarmente veloci e rigorosi di quel procedimento rispetto ad altri. Coda di paglia? Molto ma molto probabile…

E prima ancora, sollecitato, Lupacchini ricostruisce il clima in Calabria tra il 2005 e il 2006 quando lui portava avanti una inchiesta amministrativa (e non una ispezione, precisa: lui muoveva da accuse/denunce specifiche!) tra Catanzaro e Cosenza. Rammenta in particolare un fatto, un’intervista che il procuratore Mariano Lombardi (oggi defunto) rilasciò quando iniziò l’inchiesta di De Magistris “Why Not” e nella quale diceva che se l’inchiesta Lupacchini non aveva avuto seguito è grazie all’onorevole Giancarlo Pittelli. Poi quando Lupacchini torna dieci anni dopo, quei personaggi hanno fatto tutti carriera. Al contrario invece De Magistris era stato fatto fuori anche da Palamara. E il nastro si riavvolge in un continuo ripetersi di nomi e maschere. E in un continuo restaurarsi.

Ma Lupacchini chiude con un monito, un appello alla verità, una parola che ha pervaso tutta l’intervista: “mai sottovalutare l’interlocutore! Non è che se uno non è un lecchino litigioso puoi sempre sperare di farla franca, la verità è morosa, ma non inadempiente. E prima o poi a qualcuno cascheranno i baffi”.