‘Ndrangheta e politica, Siclari e Creazzo al servizio del clan Alvaro: l’uomo-chiave è Domenico Laurendi

Diciamocelo francamente: Domenico Creazzo (Fratelli d’Italia) e Marco Siclari (Forxa Italia) avevano fatto davvero il pieno di voti alle Regionali del 2020 e alle Politiche del 2018. Prima che i magistrati di Reggio ponessero fine alle loro piroette con la ‘ndrangheta. I numeri, che non tradiscono mai, ci dicono che il finanziere “prestato” alla politica aveva totalizzato 8.333 voti mentre il figlioccio di Tajani alle Politiche 2018 era stato eletto Senatore della Repubblica nel collegio uninominale n. 4 della Calabria con una percentuale del 39,59%, riuscendo ad ottenere a Sant’Eufemia d’ Aspromonte 782 voti, pari al 46,10%, mentre nel limitrofo Comune di Sinopoli 435 voti, pari al 63,41%. In pratica, nei comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte, Marco SICLARI aveva conseguito una percentuale di voti ben più alta della media provinciale.

Per Siclari, com’è noto, la richiesta di arresto è passata attraverso l’autorizzazione a procedere chiesta dalla Dda di Reggio al Senato e finita (ad arte) nel dimenticatoio ma poi è arrivata la condanna col rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi con conseguente arresto (poi revocato in attesa dell’appello). All’epoca dell’operazione, proprio perché c’era da rispettare la procedura della richiesta di arresto al Senato, nell’ordinanza, di conseguenza, non c’era molto materiale da esaminare. Ma si era riusciti comunque ad apprendere che Siclari era indagato per scambio elettorale politico-mafioso. Ecco perché.

GALLETTA Giuseppe Antonio, LAURENDI Domenico e il senatore SICLARI Marco, sono indagati per scambio elettorale politico mafioso, perché SICLARI Marco accettava, a mezzo dell’intermediario GALLETTA Giuseppe Antonio, la promessa di procurare voti da parte di LAURENDI Domenico, in cambio della promessa di erogazione di utilità ocomunque della disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa; tra i primi vantaggi ottenuti, su richiesta del clan, una parente di LUPOI Natale, veniva trasferita da una sede di Poste Italiane a quella di Messina.

Conosciamo invece molti più particolari per Domenico Creazzo (per il quale in questi giorni è arrivata una richiesta di condanna a 16 anni di carcere), portato alla Regione quasi in trionfo da tutti gli scopellitiani ma anche da quegli elettori di “sinistra” fedeli al credo di Falcomatà e del cognato Naccari Carlizzi, che alla fine sempre a quella “parrocchia” fanno riferimento. E tra i contatti di Creazzo c’è anche l’imprenditore Domenico Laurendi, che il 25 febbraio, oltre a finire nel blitz della Dda di Reggio, è stato arrestato anche nelle Marche perché, grazie ai soldi del clan Alvaro, aveva fatto comprare un capannone della Open Fiber ad alcuni imprenditori marchigiani (http://www.iacchite.blog/open-fiber-imprenditori-anconetani-comprano-un-capannone-con-i-soldi-della-ndrangheta-il-ruolo-di-laurendi/).

Laurendi si era subito detto disponibile a sposare l’iniziativa politica di Creazzo, che avrebbe portato il candidato ad essere eletto consigliere regionale – dapprima attraverso il fratello CREAZZO Antonino in quanto capace di procacciare voti grazie alle sue aderenze con figure apicali della cosca ALVARO e poi direttamente, al fine di sbaragliare gli avversari politici.

Dalle parole captate di CREAZZO Antonino emergeva uno spaccato professionale del fratello CREAZZO Domenico non limpido, anche in relazione alla sua funzione di Presidente del Parco dell’Aspromonte nel cui svolgimento risulterebbe avere assecondato varie richieste a fini puramente clientelari. Ciò che emerge chiaramente dalle indagini è che per motivi di strategia e di opportunità, si era quindi statuito che CREAZZO Domenico evitasse frequentazioni o anche il semplice accompagnamento con soggetti notoriamente inseriti nell’ambiente della criminalità organizzata e portasse avanti una campagna elettorale sobria.

L’intendimento però non era quello di chiudere le porte alla ‘ndrangheta, il cui bacino di voti avrebbe potuto fare la differenza con gli altri candidati, tanto che si era pensato non di rinunciare a quel tipo di sostegno, quanto di delegarne la richiesta ad intermediari che, in quanto meno esposti pubblicamente, avrebbero potuto relazionarsi, dando meno nell’occhio, con gli ambienti mafiosi. La conduzione spregiudicata della campagna elettorale veniva pertanto delegata a [suo fratello] CREAZZO Antonino.

Ed ecco la sintesi delle accuse a Creazzo per come sono contenute nell’ordinanza. 

LAURENDI Domenico, CREAZZO Antonino, CREAZZO Domenico, perché in concorso tra loro stipulavano un accordo relativo ad uno scambio elettorale politico-mafioso; CREAZZO Domenico, attuale Sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, intenzionato a candidarsi alle competizioni elettorali per il rinnovo del Consiglio della Regione Calabria, accettava, a mezzo dell’intermediario CREAZZO Antonino, la promessa di procurare voti da parte di LAURENDI Domenico, in cambio della promessa di erogazione di utilità o comunque della disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa.

CREAZZO Antonino, CREAZZO Domenico, ALVARO Domenico, VITALONE Francesco [non destinatario di misura per tale capo di imputazione], ALVARO Cosimo, perché in concorso tra loro stipulavano un accordo relativo ad uno scambio elettorale politico-mafioso; CREAZZO Domenico, ottenuta la candidatura nel partito “Fratelli d’Italia” per le competizioni elettorali per il rinnovo del Consiglio della Regione Calabria accettava, a mezzo dell’intermediario CREAZZO Antonino, la promessa di procurare voti da parte di ALVARO Domenico, ALVARO Cosimo e VITALONE Francesco in cambio della promessa di erogazione di utilità o comunque della disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa; tra le varie utilità era contemplato il reperimento di attività di lavoro presso ditte del Nord Italia, nonché messa a disposizione di immobili per incontri illeciti in favore di ALVARO Domenico e reperimento di occupazione lavorativa al Parco di Gambarie per ALVARO Cosimo.

VITALONE Francesco, CREAZZO Antonino, perché in concorso tra loro, con metodologia mafiosa, minacce o comunque con mezzi illeciti atti a diminuire la libertà degli elettori esercitavano, direttamente ed indirettamente- servendosi di soggetti all’uopo incaricati – pressioni per costringerli a votare in favore del candidato regionale CREAZZO Domenico.

Ma torniamo a Marco Siclari.

In quella campagna elettorale per le Politiche 2018, veniva raggiunto tra Marco SICLARI e gli ALVARO [per il tramite di LAURENDI] un accordo illecito funzionale allo scambio di utilità corrisposte dai candidati con il sostegno offerto dalla famiglia mafiosa.

Un servizio di osservazione svolto dagli investigatori documentava che in data 28.02.2018 c’era stato un incontro, pure tenuto riservato, tra LAURENDI Domenico e l’allora candidato al Senato SICLARI Marco, mediato dal medico GALLETTA Giuseppe. L’incontro, durato circa mezz’ora, si era svolto a Reggio Calabria, presso la sede della segreteria politica di SICLARI Marco. Nel corso delle intercettazioni, LAURENDI Domenico chiedeva al sodale LUPOI Natale di appoggiare politicamente il candidato SICLARI ed emergeva altresì che il giorno delle elezioni lo stesso LAURENDI si era impegnato a dare indicazioni ad alcuni elettori affinché esprimessero la loro preferenza per SICLARI al Senato, definendolo “amiconostro”.

Dopo il successo elettorale, tra maggio e giugno 2018, LAURENDI Domenico presentò, per così dire, “il primo conto”, sollecitando un intervento del Senatore SICLARI affinché una persona di suo interesse, parente di LUPOI Natale, ottenesse il trasferimento presso la sede di Messina di Poste Italiane. Tale trasferimento veniva ottenuto [con decorrenza 17.2.2020] attraverso un articolato stratagemma emerso nel prosieguo delle indagini. In altri termini, nell’anno 2019 il posto di lavoro a Messina per la dipendente di Poste Italiane che interessava a LAURENDI Domenico era stato creato ad hoc, evidentemente quale contropartita all’appoggio elettorale, non essendoci alcun bisogno di personale [come emerso dalle indagini] per la qualifica ricoperta da quel soggetto prima che lo stesso presentasse domanda di mobilità.