Calabria 2021. Amalia, Tommaso e l’Aquila “accademica”. La Real Casa e la truffa della nicastrina

La verità è figlia del tempo ed il tempo è sempre giudice galantuomo.

Riprendiamo la nostra narrazione del Romanzo della nicastrina, mettendo sul piatto senza liturgie quelle che sono le verità, i soprusi ed i crimini, che in nome di una medicina improbabile perché votata al denaro ed alla truffa, sono stati compiuti sui calabresi malati di demenze e di Alzheimer e sulle loro famiglie, dove la regia è tutta nelle mani della candidata alla presidenza della regione Calabria, Amalia Bruni, ormai consacrata come la Lady truffa della politica sanitaria calabrese.

In questo lungo viaggio fra le indecenze della sanità calabrese, fra i diversi complici, fra il ribaltamento delle regole e della coscienza umana c’è sempre un fatto acclarato, indiscutibile e non assoggettabile alle attenuanti: la morte assistita dal profitto. Quella che un sistema corrotto ha decretato senza possibilità di appello per quanti, affetti da demenza e dal Morbo di Alzheimer, hanno incrociato il loro destino terreno e di richiesta di cura Amalia Bruni ed il suo centro di ricerca fantasma che è stato chiamato Centro Regionale di Neurogenetica. Quello che a tutti gli effetti resta una setta chiusa, il centro degli affari, una loggia coperta dalla devianza della medicina e protetto dai cosiddetti poteri forti che albergano nella politica, nella sanità calabrese, nella magistratura e, perché no, nella Chiesa calabrese da sempre molto permeabile al profitto ed all’alleanza con la massoneria e la criminalità organizzata.

Non abbiamo parlato e non parliamo di una buona pratica sanitaria, dell’incrocio fra la malattia e la risposta della cura e della ricerca, o di un punto di equilibrio fra etica e coscienza: la storia di Antonio Candela che abbiamo velocemente narrato (https://www.iacchite.blog/calabria-2021-il-castello-dargilla-di-amalia-e-letta-sta-crollando-si-salvi-chi-puo-la-storia-amara-di-antonio-candela/) ne ha chiarito i contorni ed i confini, dove la criminalità sanitaria cammina a braccetto con il profitto e con gli avvoltoi che vestono Prada ed il camice bianco. In questo habitat di primo livello criminale e di devianza della medicina siede la Regina, Queen Amalia, la candidata a presidente della Regione Calabria che ama definirsi “la migliore proposta in campo” non esplicitando fino in fondo che il suo campo è un campo di “concentramento” e che la sua proposta è criminale perché “elimina” le persone invece di curarle.

Antonio Candela è la punta dell’iceberg del Romanzo della nicastrina, la narrazione criminale di un sistema, dove la storia del singolo è sfuggita al controllo di Lady truffa, portando la comunità scientifica ad interrogarsi (?), una vicenda chiusa con un immorale benservito al malato Antonio Candela non più funzionale alla causa perché si faceva troppe domande, cacciato dalla sanità calabrese, che doveva difendere non tanto la cura, ma l’impianto di una complicità votata alla truffa diffusa, protetta dai criminali della sanità che decide e spalleggiata dalla massoneria molto diffusa nell’avvocatura di Calabria.

Il fatto contestato nel narrato ad Amalia Bruni è di aver abusato di una discrezionalità non riconosciuta, impedendo le cure ad un cittadino calabrese scacciato dal suo tempio, quello che a tutti gli effetti diventa un problema etico non già del codice Tansi (che è diventato una barzelletta), ma da codice penale. Ma questa è solo una delle storie più eclatanti che rientrano in quella cornice di criminalità dove tante altre storie, che abbiamo conosciute, sono l’altra narrazione, sempre la stessa, di come Amalia Bruni ed il suo clan affaristico abbiano per anni barbarizzato la speranza di cura in ragione di un profitto di famiglia.

Oggi Amalia Bruni per la fede e per il trono dimentica il suo passato, e non è demenza, diventando la “migliore”, rivendicando una sua autonomia civica e presentandosi al popolo calabrese come la curatrice delle ferite della storia, la svolta del futuro della Calabria. Ma noi a questa commedia non ci stiamo per una serie infinita di motivi, non ultimo quello dell’etica e della morale che non si conciliano con il modus operandi di Amalia Bruni: la prima impresentabile e incandidabile nel futuro della politica e delle istituzioni, patrimonio indivisibile dei calabresi.

La credibilità della vestale della nicastrina e la sua questione morale sono ormai allo zero assoluto. Questo non sembra darle preoccupazione, almeno apparentemente, ma sappiamo bene che i suoi segugi sono all’opera, sempre nell’ombra, per capire chi è il trombettiere e da dove nasce la fuga di notizie, quel fiume di melma che la travolge e ne azzera la sua illibatezza politica che spaccia come droga, mentendo anche su questa pagina opaca della sua storia. Neanche un timido tentativo di replica alla marea di vicende imbarazzanti che stanno venendo fuori e neanche un timido “accenno” di rivolgersi alla magistratura, che probabilmente non aspetterebbe altro per darle… il resto. E questo particolare, ovvero la magistratura, allarma ancora e non poco le notti del clan di Lady truffa.

La politica di destra e di sinistra ha conosciuto la scodinzolante Amalia Bruni quando c’era da riempire il portafoglio della holding di famiglia, l’ARN onlus e ne ha conosciuto i suoi giochi sporchi ed i suoi giudizi caustici, mai dettati da una sua diversità al sistema, ma solo e soltanto da interessi di bottega magari non soddisfatti.

Non è una novità che Tommaso Sonni, già candidato sindaco nella città di Lamezia Terme nel 2015 in uno schieramento di sinistra insieme al Pd sia il marito di Lady truffa, e non è nemmeno una novità che nella holding di famiglia, l’ARN onlus, Tommaso Sonni sia il segretario e tesoriere, insomma colui che controlla i cordoni della borsa, che incassa i proventi che i calabresi pagano e che alterando i dati ed i fatti in complicità con la moglie, tipo le cartelle cliniche taroccate e diagnosi fasulle fatte nel Centro Regionale di Neurogenetica, garantisce l’esistenza del giocattolo e del profitto di famiglia. Altro che ricerca e cura…

Non è nemmeno una notizia che nelle liste che appoggiavano Tommaso Sonni a sindaco ci sia stata già nel 2015 Aquila Villella (Sonni sindaco con città reattiva) diventata consigliere di opposizione con 496 preferenze e peraltro congiunta della famiglia Sonni-Bruni. La stessa Aquila Villella, professoressa di diritto privato all’Università di Catanzaro, candidata al Senato nelle politiche del 2018 in quota Pd e rimasta a casa dopo aver collezionato una serie infinita di cazzottoni e sonore pernacchie nelle urne dagli elettori calabresi. Qualcuno pensava che fosse finito qui… Eh no, perché la “professoressa” di famiglia, Aquila Villella, che sguazza nel sottobosco accademico facendo la scarpetta sui fondi del suo dipartimento e non ultimo nella fondazione Magna Graecia, oggi si ripropone, anzi si impone. Vuole essere candidata, senza possibilità di deroga nella lista del Pd, quello mafioso, a sostegno della parente Amalia Bruni. Apriti cielo!

Le barricate sono già alzate come il Mose della laguna veneta e la contraerea amica spara ad alzo zero contro l’Aquila “accademica”. Altro che codice etico. La morale va a puttane perché la famiglia è famiglia, c’è bisogno e l’ultima parola spetta a Lady truffa – come ama ricordare -, quindi la congiunta è candidata e protetta al tempo stesso dal Pd mafioso a trazione cosentina e dall’ultima sillaba della vestale della ricerca, così come deve essere protetto il gioco di famiglia e la holding criminale. Con buona pace del codice etico di Carlo Tansi che fa la fine della porchetta – con il limone in bocca e la carota nella marmitta – nella perfetta simbologia mafiosa, perché Aquila Villella è famiglia, quella regale, dove con la modifica della legge di successione salica, può aspirare ad essere anche lei regina del regno della nicastrina. Un’altra scoperta di scienza da trascrivere a conoscenza della comunità scientifica internazionale – quella che si interrogava sul miracolato Antonio Candela -, perché dopo la nicastrina, Amalia Bruni la scienziata, ha scoperto “a nicastrisa” dopo aver decodificato l’albero genealogico di Aquila Villella da Sambiase. La rivista “Nature” aspetta la notizia…

La politica è sempre stata la stanza di compensazione del mistero della nicastrina e della holding della famiglia Sonni-Bruni, la questione morale è relativizzata se sul piatto ballano i soldi, ecco perché mai sarà concesso all’ex senatrice Doris Lo Moro di verificare i nomi delle liste che sostengono alle prossime elezioni Lady truffa.

Perché avrebbe certamente da ridire come fece nel 2015 sulla candidatura di Tommaso Sonni, diventata alla fine unitaria del Pd per volere di Magorno (eccolo che torna!) e del dinosauro jurassico Pino Soriero. Vi dovete accontentare allora di celebrare le stimmate miracolose della Mamma Ebe di Nicastro, mai vedrete l’ostensione della sua sindone, le tracce impresse sul sacro lenzuolo sono inequivocabili e pericolose perché riportano a piè pari nel mondo di mezzo della piana di Lamezia, alle strane donazioni funebri ai satelliti della truffa ed a quelle complicità tutte interne al Comune di Lamezia (sciolto addirittura tre volte per mafia) a metà fra ‘ndrangheta, politica corrotta e colletti bianchi compiacenti. Su questa trama i coniugi Tommaso Sonni ed Amalia Bruni con annessi parenti hanno costruito la loro fortuna economica prima e scientifica… mai.

Casa Alzal è sempre il punto di ritorno e di ripartenza, quel fantomatico “centro”, la casa accogliente per persone affette da demenza di grado medio-moderato, sviluppato in collaborazione con il Comune di Lamezia Terme… Il centro di Casa Alzal è l’altra declinazione della truffa del Romanzo della nicastrina, un centro assolutamente abusivo ed illegale, sconosciuto al controllo e mai autorizzato al funzionamento in quanto struttura socio-assistenziale, ma nato e cresciuto con il placet del Comune di Lamezia Terme (?), senza capire sulla base di quale documentazione prodotta e di quale controllo di responsabilità. La musica suona sempre la stessa nota stonata, quella della distrazione complice dell’Asp di Catanzaro e dei Nas dei Carabinieri che si sono sempre bene guardati di circolare alla larga da Casa Alzal, chissà perché?

La legge e la giustizia non vanno sempre di pari passo, questo è un dato acquisito in Calabria più che in ogni altro territorio italico. Ecco perché da noi la legge si applica per il comune cittadino e si interpreta per l’amico, ma uno schifo del genere grida vendetta almeno per restituire dignità a quella malattia sulla quale hanno lucrato e continuano a lucrare loschi soggetti, come Amalia Bruni e consorte. La questione morale della sindone secretata di Lady truffa.

“La carica dei 101”, così viene identificato l’immobile che ospita Casa Alzal concesso in uso dal Comune di Lamezia Terme all’ARN onlus, che nel 2012 viene promossa con un ulteriore finanziamento di circa 358 mila euro, spicciolo in più o meno, per lavori di ristrutturazione ed adattamento alle esigenze di cura: “con la realizzazione di un ampio salone, un locale adibito ad attività fisiche, una cucina con attrezzature idonee, una sala pranzo, la terrazza e l’ampliamento del giardino, oltre alla realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica per tutto lo stabile” (Lameziatermenews.it).

Cosa risponderebbero ad un magistrato i vertici dell’ARN onlus ed i loro complici nel Comune di Lamezia Terme in ordine alle autorizzazioni mancanti? Su come si sia costruita la concessione in uso di un bene pubblico per un struttura illegale? Chi ha verificato la sicurezza degli impianti e dei locali costruiti ed adibiti all’uso con i 358 mila rubati ai cittadini? Chi ha dato l’abitabilità? Sono mai andati i Nas dei Carabinieri a verificare almeno i nuovi interventi? L’Asp di Catanzaro ha dato il suo placet dopo la verifica dei Vigili del Fuoco? Cosa ne pensano i commissari straordinari dell’Asp, i prefetti della legalità?

Avremo mai risposte a queste domande? Forse mai. Resta il fatto che l’abbiamo detto e ridetto e che qualcuno, nella procura di Catanzaro e fra i prefetti dell’Asp locale dovrebbe indagare ed agire, senza girarsi dall’altra parte, solo perché Amalia Bruni è intoccabile per le sue aderenze alle ‘ndrine locali, quelle funebri giusto per capirci e per il traffico d’interessi con i camici bianchi dell’Asp di Catanzaro.

Ecco un’altra sfumatura di quella questione morale che pesa come un macigno sulla storia e sulla credibilità, anche politica di Lady truffa, la candidata del Pd mafioso alla presidenza della Regione Calabria, lei, Amalia Bruni, la vestale della nicastrina e l’ultima parola di speranza dei calabresi… Quella che è ancora più dannosa di un invasione di cavallette affamate.

Però Amalia Bruni, la Lady truffa ama circondarsi dei “migliori” come lei, con evidente preferenza di riconosciuti accademici. Ecco perché ha dato mandato per scrivere il suo programma a Franco Pacenza, che di accademico non ha nemmeno l’ultimo pelo errante, salvo essere stato il servo sciocco di Mario Oliverio come delegato alla sanità che oggi si è venduto al nemico, perché spera di riaccendere la sua lanterna politica e riprendere il suo percorso di bende, prebende e qualche cacatina di mosca, tutto fa brodo…

Ma l’accademico c’è è il professore Silvio Greco, già assessore all’ambiente del “capo dei capi” Agazio Loiero, quello che era incapace di capire che la merda che galleggiava nei mari calabresi non erano alghe, il “re del mare”, pure chef esperto nazionale in agroalimentare e docente universitario, lo scrivono i pubblicitari di Amalia Bruni. Un fenomeno non c’è che dire…

Un’altra mummia imbalsamata di quel Pd mafioso che in Calabria cammina sempre in bilico fra una legalità di facciata e la collezione di avvisi di garanzia, questo è Silvio Greco. Scomparso dai radar della politica e dalla cronaca giudiziaria, restituito all’oblio, che viene però riesumato da tombaroli poco intelligenti nel gennaio 2020 per contrapporlo alla sfida con Jole Santelli. E’ la solita storia controversa di una sinistra sempre spezzettata in rivoli che hanno il valore della pozzanghera, che recita il rinnovamento mentre continua a guazzare nel marciume della storia indossando i paraocchi delle Botteghe Oscure, senza essere né duri, né puri come fece Sinistra Italiana e Calabria Aperta di Nicola Fiorita, che fra un bruciore di stomaco ed un rigurgito, vomitarono come credibile anche il nome di Silvio Greco, il re del mare e dello stoccafisso in padella.

Ma Silvio Greco non è poi così tanto sconosciuto negli ambienti che contano, quelli della sanità criminale e del sociale, quello che oggi si chiama Terzo Settore, quel sottobosco che si accompagna a certa sinistra calabrese – che fra vezzi di intellighenzia, volontariato, presidi slow food e presidi di legalità contro la mafia magari guidati da sacerdoti che sono più capi ‘ndrine che pastori di anime – lasciano pascolare indisturbate orde di pecore affamate di potere e di denaro, magari benedette sempre dalle curie infiltrate di massoneria, quello che accade a Lamezia Terme come a Catanzaro e che legittima la credibilità politica e relazionale di loschi figuri mimetizzati nel sottobosco del socio-sanitario e del welfare diffuso.

E’ così che Silvio Greco diventa una risorsa, il ritrovato “migliore” di Amalia Bruni e compagnia cantante, tanto che fu sempre l’ARN onlus, la cassaforte della truffa di famiglia, ad organizzare la cena conviviale il 13 febbraio 2015 con il docente universitario, per solidificare e sottoscrivere quell’alleanza ritornata oggi utile in fase di programmazione e di convergenze oscure fra vecchi arnesi della politica regionale ed i coni d’ombra della massomafia.

Siamo nella convergenza di un’etica delle responsabilità condivise, quella di chi confonde la melma con le alghe come Silvio Greco, e di chi confonde la cura con gli affari come Amalia Bruni. Un altro punto fermo della questione morale di Lady truffa e della non ostensione della sindone inquinata.

La storia non finisce qui, c’è ancora altro, il capitolo dei “competenti” accriccati con le cosche della piana di Gioia Tauro e con la mafia dell’Asp reggina, benedetto fratello dei vescovi anche emeriti, riconosciuti campioni di illegalità e testimoni viventi della devianza del Vangelo fra denaro e grembiuli. Quei monumenti di fede, consacrati alla loggia della CEC, la Conferenza Episcopale Calabrese. Per oggi vi abbiamo raccontato la storia di: Amalia, Tommaso e l’Aquila “accademica”. La Real Casa e la truffa della nicastrina. Di doman non c’è certezza…