Ciao Paolo, ricordando 13 anni di lavoro, scontri e tanta stima (di Gabriele Carchidi)

Un anno fa veniva a mancare il giornalista Paolo Pollichieni, direttore del Corriere della Calabria. Ieri i suoi “ragazzi” gli hanno tributato il giusto omaggio, oggi lo facciamo – nel nostro piccolo – anche noi. 

di Gabriele Carchidi

All’inizio del 2006, quando noi del gruppo cosentino del “Quotidiano della Calabria” avevamo deciso di andarcene e di accettare le offerte degli editori Pierino Citrigno e Fausto Aquino per fondare il nuovo quotidiano “Calabria Ora”, sapevamo che a Reggio Calabria c’era un solo punto di riferimento: Paolo Pollichieni. Non lo chiamavamo neanche con il suo nome, per noi infatti era semplicemente “il Bomber”. Sì, perché sarebbe toccato a lui scrivere gli scoop reggini (e non solo) dall’alto della sua esperienza e dell’importanza delle sue fonti.

A quei tempi, Pollichieni era uscito da poco dalla Gazzetta del Sud e da una brutta e delicata storia, che ne aveva segnato inevitabilmente il cammino e la carriera e tutti sapevamo che il suo naturale punto di riferimento era Marco Minniti. Insomma, non era certo un “segreto” che Paolo e Minniti fossero amici.

Alla fine degli anni Novanta, quando Pollichieni, all’epoca cronista di punta della Gazzetta del Sud, finisce impelagato in una delicata vicenda giudiziaria, gli investigatori intercettano anche una telefonata che vede protagonisti il giornalista e Marco Minniti.
Minniti, in particolare, parlando al telefonino di Pollichieni, rassicurava il direttore della Gazzetta del Sud Nino Calarco, presidente della “Ponte sullo Stretto”, che avrebbe fatto di tutto per inserire in finanziaria 5-6 miliardi delle vecchie lire per pagare gli advisor della società rimasti senza una lira. Si trattava di un bando per il finanziamento della Società Stretto di Messina: Calarco, il presidente, avrebbe voluto che fosse acquisita dall’Anas. Un tema già trattato direttamente dal direttore della Gazzetta del Sud col premier Giuliano Amato.

Pollichieni&Minniti

Sul Ponte la Gazzetta del Sud aveva dato il via ad una campagna stampa ossessiva, che aveva impedito il confronto tra le parti, avvelenato le competizioni elettorali e demonizzato gli avversari.
“Preoccupata di smussare ogni angolo – scriveva il sociologo Fulvio Mazza in un volume sul ruolo dell’editoria nel Mezzogiorno – la Gazzetta del Sud ha avuto un ruolo determinante di costruzione del consenso pro-infrastruttura. Da ‘giornale-ponte’ tra la Sicilia e la Calabria, è diventato il ‘giornale del Ponte’, sponsorizzando qualsiasi iniziativa e qualsiasi politico (dalla destra ai diessini di governo) favorevoli alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina” . E succhiando denaro allo stato che Dio solo lo sa… Altro che commissario di Roma!

Ma non solo. Anche il generale dei carabinieri Francesco Delfino (condannato in primo grado per truffa ai danni dell’imprenditore sequestrato Giuseppe Soffiantini) in una telefonata intercettata il 9 settembre ’99 si rivolgeva a Pollichieni per sollecitare un intervento di Minniti in relazione alla sua vicenda processuale.

L’INCHIESTA

Salvatore Boemi

Quelle indagini condurranno all’arresto, l’anno dopo, quindi nel 2000, di undici personalità, tra cui anche Paolo Pollichieni, allora responsabile della redazione reggina della Gazzetta del Sud.
Tutto nasceva da un’indagine su un gruppo che avrebbe operato pressioni per l’accaparramento di appalti in città, soprattutto nel campo sanitario.
Ci sarebbe stata una organizzazione operante nel territorio di Reggio Calabria in cui Mario Audino guidava le attività criminali e l’Edilminniti, amministrata da Giovanni Minniti, costituiva una delle espressioni economiche di maggior rilievo del sodalizio. Ci sarebbe poi stata una seconda componente, definita dagli inquirenti politico-affaristica, di cui tra gli altri avrebbero fatto parte il politico Aurelio Chizzoniti e Pollichieni, in grado di condizionare e influenzare scelte e decisioni degli enti pubblici locali e regionali, limitando e intimorendo l’ex vertice dell’azienda ospedaliera di Reggio Calabria.

Le indagini sarebbero partite da un attentato incendiario all’automobile di Giuseppe Costantino, in passato direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria. Un clima intimidatorio che avrebbe avuto come fine quello di far appaltare all’impresa Edilminniti il contratto di conduzione e manutenzione globale degli impianti termici, condizionamento, idrici e antincendio delle strutture ospedaliere di Reggio Calabria, per oltre tre miliardi e mezzo di spesa. Nell’inchiesta, condotta dal procuratore antimafia di Reggio Calabria Salvatore Boemi, comparivano circa quattromila pagine di intercettazioni telefoniche.

Pollichieni alla fine uscirà senza conseguenze dalla vicenda giudiziaria ma perderà il posto alla “Gazzetta” e sconterà un bel po’ di quarantena prima di rientrare, ovviamente da protagonista, nel panorama giornalistico calabrese.

CALABRIA ORA E CORRIERE DELLA CALABRIAPrende in mano Calabria Ora fin dal primo momento, contando sugli ammiccamenti dell’editore-usuraio Citrigno e sulla mancanza di attributi del direttore che firma, letteralmente incapace di contenerlo e pronto a dire sì ad ogni sua richiesta. In particolare, Pollichieni si oppone con decisione all’assunzione di due colleghi molto bravi come Danilo Chirico e Alessio Magro e non c’è mediazione che tenga. E’ il chiarissimo segnale che il direttore effettivo è lui e non certo quello che firma ma non è certo il solo.

Il Pollichieni che come il “Conte di Montecristo” a lui tanto caro, torna alla ribalta del giornalismo calabrese si diverte a smontare pezzo per pezzo l’indagine Why Not del “nemico pubblico” Luigi De Magistris salvaguardando gli interessi di tutti i politici (senza distinzione di colore) finiti nella melma. Memorabile il sequestro di 3 milioni e mezzo di euro alla frontiera del Lussemburgo che annuncia dalle colonne del giornale come frutto delle indagini di De Magistris e di cui il magistrato viene a conoscenza leggendo… Calabria Ora!  Non vi nascondo che mi incazzai come una iena quando venni a conoscenza del giochino e mi chiedevo come facesse il buon Paolo ad essere investigatore, avvocato di parte, pubblico ministero, giudice, boia… Indubbiamente era molto bravo e abile ma era evidente che le sue fonti fossero di “serie A”-

Me ne andai presto dal giornale, dopo appena sei mesi, perché avevo capito l’antifona ma soprattutto che il direttore “pupazzo” se ne sarebbe tornato all’ovile con la “benedizione” della moglie. Cosa che avvenne ad aprile del 2007, quando il giornale aveva appena compiuto un anno di vita. Pollichieni, allora, che già era il direttore effettivo, lo divenne anche nella gerenza e guidò le redini della baracca per tre anni, fino all’estate del 2010. L’era Loiero-Adamo era finita ed era iniziata quella di Peppe Scopelliti, con il quale Pollichieni proprio non riusciva a “convivere”. E così, attaccalo oggi, attaccalo domani, a Pierino Citrigno – che di mestiere faceva e fa il proprietario di cliniche – la sua linea non poteva andare più bene e Pollichieni si era polemicamente dimesso per protesta nei confronti degli editori, Piero Citrigno e Fausto Aquino, che intendevano “avere un diretto coinvolgimento nella fattura del giornale”. Il classico “eufemismo”. 

Tutto il gruppo cosentino del “Quotidiano della Calabria” ma anche quelli che venivano da “La Provincia cosentina” erano diventati, in quei tre anni, il suo gruppo, che in sostanza non aveva mai avuto un vero leader. Furono in molti quelli che lo seguirono al Corriere della Calabria e pochi quelli che restarono con Citrigno, che nel frattempo aveva chiamato Piero Sansonetti.

Pollichieni

Pollichieni avrebbe dimostrato il suo valore e la sua tempra, insieme a quelli che erano stati i miei compagni di gruppo a Cosenza, nel Corriere della Calabria, che nel giro di pochi anni è diventato uno dei maggiori punti di riferimento dell’informazione calabrese, anche rinunciando alla famigerata “carta” ed uscendo solo on line.

Sono entrato molte volte in rotta di collisione con Pollichieni, perché Paolo era inevitabilmente un giornalista di “regime” e di conseguenza faceva uscire fuori solo la verità che gli conveniva. Come tutti i giornalisti calabresi, sia chiaro. Polemizzammo a lungo già quando dirigevo La Provincia e poi quando ho fondato Iacchite’: i verbali della DDA pubblicati a Ferragosto del 2015 per inquinare l’inchiesta di Pierpaolo Bruni, il killeraggio nei confronti di Sandro Principe e Orlandino Greco, gli unici politici “toccati” dalle inchieste della DDA ed evidentemente “venduti” dal loro partito di riferimento e da qualcuno che gli stava molto vicino e poi il delicato affare di Calabria Verde con il mega appalto da 32 milioni, la faida con la Regione e il suo appoggio esagerato per l’imprenditore napoletano Luigi Matacena. Materiale ancora di grandissima attualità, che magari finirà prima o poi in qualche inchiesta di Nicola Gratteri.

Ci siamo scontrati in maniera anche molto aspra ma sempre con grandissima stima e rispetto scambiandoci anche qualche aggettivo “forte” ma c’era gusto a litigare con un giornalista come Pollichieni, sugli altri invece è meglio stendere un velo pietoso, come molto spesso amava chiosare il mio collega-rivale. Che la terra ti sia lieve, ciao Paolo.