Ciao Tonino il partigiano: ad un anno di distanza la rabbia è ancora tanta (di Ferdinando Gentile)

di Ferdinando Gentile

La mente ritorna sempre a quella maledetta sera. È un venerdì di fine giugno, sulla strada che porta alla cosiddetta località “Motta”, per capirci Portapiana. Sono le 9 e qualcosa, partono una serie di telefonate, il messaggio è chiaro: qualcuno ha fatto un incidente con la moto a Portapiana. Ambulanze, polizia, vigili, tutti intorno a questo sconosciuto uomo caduto con lo scooter. A riconoscerlo è uno di noi, uno dei compagni del partigiano.

È da li che inizia il calvario di un intera comunità. Sembra un po’ come nel film/serie Romanzo Criminale di Sollima, quando in una delle tante puntate muore il capo della banda della Magliana, il Libanese. La scena è quella, ma non siamo nella Roma della banda della Magliana, né parliamo di batterie malavitose, non ci sono infami, non ci sono bande, non ci sono capi, la trama è un altra.

Alla spicciolata arrivano uomini e donne di età diverse, tenute a distanza dalla polizia. Non c’è curiosità. C’è sgomento. A terra c’è Tonino il partigiano, una figura particolare, appartenente a una comunità cittadina bellicosa. A terra c’è una persona che a tutti ha dato o lasciato qualcosa, non solo in termini materiali, c’è qualcosa che lega Tonino e tutte quelle persone che gli stanno intorno, qualcosa che è difficile spiegare, ma c’è un filo che lo lega dal più giovane al più anziano.

La scena di quella sera, gli sguardi, gli occhi rossi, le grida, i pianti, non sono i tipici atti che si rivivono in tutti i maledetti incidenti che ci sono sulle nostre strade, quelle emozioni rappresentano qualcosa di diverso, rappresentano un momento di rottura, di non ritorno, vi è la consapevolezza che qualcosa nella vita di tutte quelle persone si è rotto, si è spezzato. Nella vita ci sono dei punti di riferimento, che anche se per un periodo li perdi di vista, sai che sono sempre li, pronti sempre a dirti o a darti qualcosa.

Negli occhi di quelle persone, quella maledetta sera, c’è la sgomento per la perdita di un riferimento, di un punto fermo, della perdita di un piccolo grande uomo che a tutti quegli occhi aveva regalato qualcosa di eccezionale, sorprendente, inimitabile, aveva offerto una possibilità, o meglio aveva indicato un orizzonte, che dal giorno della sua conoscenza, non sembrava poi così inarrivabile.

Per capire la vera essenza del partigiano, per capire il vero attaccamento di quella comunità bellicosa, a quel piccolo uomo accasciato sotto la sua moto, bisogna partire da qui. Ad un anno di distanza, la rabbia è ancora tanta, la speranza che quella scena sia qualcosa di non reale, alberga quotidianamente nella mente di quelle persone che ti stavano intorno. Si, perché tutti noi, ogni volta che passiamo dalla “Motta”, speriamo che si apra quella serranda e tu possa affacciarti e ridarci quegli sguardi complici. Noi ogni giorno proviamo a immaginare questo momento per poter avere la forza di continuare a lottare. Ciao Toni.