Cosenza, centro storico: zona a traffico limitato per pochi spettri vaganti

LA CITTÀ TETRA

di Laura De Franco

Se la luna è piena non manca nulla, nemmeno un appiglio per poter contraddire. La strada deserta, le case antiche tutt’intorno fatiscenti e semivuote sono lo scenario perfetto per farti dubitare se la dimensione che stai vivendo sia onirica o no, ma più che un sogno assomiglia a un incubo.

Non c’è nessuno. Hai paura ad attraversare con l’auto ché lo stridente avviso di una multa è dietro l’angolo, a piedi devi avere come minimo un compagno di avventura, sennò cominci a vedere fantasmi, sentire ululati mannari come niente.
Ma non stai sudando e dormendo nel tuo letto, sei solo a Cosenza vecchia di notte.
Durante le calde sere d’estate, se cerchi refrigerio ed è così dai secoli dei secoli, pensi alla Villa vecchia e non alla “fossa” di corso Mazzini, ma la città antica è realmente sconsigliabile se soffri di tristezza e melanconia.

Ti addolori anche se vuoi solo un gelato che non sia al distante Zorro, perché anche lo storico Renzelli è chiuso, per turno o per scelta fa lo stesso. Poi per fortuna, scorgi un altro bar, il Caffè Telesio, e sembra un titano nel deserto, ordini e ti ritrovi tu e solo un altro tizio seduto, quasi per scherzo, al tavolino di spalle.

Non c’è più niente. Neanche la gatta nera sul muretto che avrebbe pur contribuito allo sfondo. Non ci sono nemmeno i ragazzini e le donne in leggins neri e magliette attillate a urlargli dietro. Il “prestigioso” liceo Telesio (così lo chiamava quell’antipatica e algida della mia prof del ginnasio) è oscurato, lasciata in penombra la sua suggestiva struttura da tempio antico.

Fuori dal teatro Rendano quattro anime, loro in carne e ossa restano sedute davanti al megaschermo per miss Italia e poi polizia ai tredici canali e poliziotti in auto su corso Telesio a controllare se stessi. Il centro storico, tutto il borgo medievale cosentino, ormai è solo una zona a traffico limitato per pochi spettri vaganti.