Cosenza. Gattopardo manettaro: stavolta ha ragione Mazzetta

Abbiamo aspettato qualche giorno prima di dire quello che mai avremmo pensato di dire. Abbiamo atteso con ansia e trepidazione l’arrivo di una velina, di un comunicato, di un post, di un telegramma, di un segnale di fumo, per capire se la reazione sociale alla Gattopardata, ovvero l’incriminazione del sindaco Manna per intrallazzi amministrativi di serie Z da parte della procura cittadina guidata da Mario Spagnuolo, portasse con se la stessa valanga di attestati di solidarietà ricevuti da Mazzetta in occasione della retata di Gratteri. Niente di niente. A distanza di oltre 48 ore, non una sola voce di solidarietà si è ancora alzata all’indirizzo di Manna. Nessuno, all’oggi, ha inteso reiterare la “vicinanza” a Manna già espressa subito dopo la notifica, il primo settembre scorso, del suo coinvolgimento, in faccende di mafia, da parte della Dda di Catanzaro.

Tutti ricorderanno la solidarietà espressa a Manna, all’indomani del primo settembre scorso, dalla “Camera Penale”, dall’Anci, dall’Ato, dalla Camera di Commercio, dagli industriali, dai politici di tutti i partiti, e poi: amici di ogni ordine e grado, cittadini, sindacati, associazionismo, enti pubblici e privati, ordini professionali, influencer, blogger, giornalisti, intellettuali, filosofi, poeti, scrittori, professori, alternativi, radical chic, e persino Centri Sociali. Tutti a dare del manettaro a Gratteri. Tutti disposti a mettere la mano sul fuoco sull’innocenza di Mazzetta. Tutti a gridare basta con “le retate a strascico” di Gratteri, dove spesso e volentieri finisco, loro malgrado, innocenti e galantuomini come Manna, Patitucci, Porcaro, Di Puppo. Tutti a dire basta con gli innocenti tenuti in galera a marcire per anni. Tutti a ipotizzare complotti e persecuzioni giudiziarie contro Manna. Tutti ad invocare più garantismo e meno manette. E nessuno, dopo la retata di Gratteri, ha speso una sola parola di apprezzamento nei confronti degli investigatori e dei magistrati che hanno (momentaneamente) liberato la città da tanti “rovina famiglie” che tutti i cosentini conoscono bene.

Invece, ora che a chiedere l’arresto di Manna è stato il Gattopardo nessuno ha niente da dire. Nessuno che accusa il Gattopardo di essere un manettaro e di indagare un innocente. Nessun garantista in queste ore si è stracciato le vesti. Nessun libertario ha ancora accusato la procura cittadina di repressione del libero pensiero e della libera iniziativa. Gli intellettuali tacciono, così come i professori, gli scrittori, i poeti, i Centri Sociali, gli opinionisti. Tutti zitti. Nessun attestato di solidarietà, dopo la Gattopardata, è giunto a Mazzetta… Come mai fino a qualche settimana fa i comunicati di solidarietà a Manna fioccavano, e ora neanche un segnale di fumo? Forse che Manna ha perso tutti gli amici? Che fine hanno fatto i garantisti che fino a ieri sostenevano l’innocenza di Manna accusato ingiustamente dalla Dda… perché al Gattopardo non dicono niente, forse perchè hanno cambiato parere sulla sua innocenza?

Le risposte a queste domande, per chi preferisce la pillola rossa della realtà a quella blu dell’apparenza, sono scritte sui muri della città. Basta solo aprire gli occhi e leggere. E’ chiaro che quella del Gattopardo nei confronti di Mazzetta è una azione (o inchiesta) concordata. Nel senso che: perso per perso, e Mazzetta è messo male, i due hanno deciso di giocarsi il tutto per tutto, mettendo in scena quello che più di ogni altra cosa sanno fare: il processo farlocco. Partendo dal presupposto che una inchiesta in più non gli cambia niente sotto il profilo dell’immagine pubblica, dopo le foto della mazzetta c’è poco da dire, Mazzetta e il Gattopardo tentano di ripetere il colpaccio già ottenuto, ad esempio, nel processo Garden, dove tutto quello che avveniva la mattina in aula, era concordato la sera prima nelle segrete stanze dei massomafiosi nostrani. Stesso copione in questo caso: il Gattopardo fa finta di accusare Manna, chiedendo addirittura l’arresto, i due fanno finta di battibeccare, ma l’obiettivo è quello di finire davanti un giudice di merito che, vista la insufficienza della tesi accusatoria costruita per essere smontata, assolva, perché il “fatto non sussiste” Manna, così da fornirgli una sentenza di assoluzione da poter sventolare nelle altre aule di tribunale dove non ci sono gli amici degli amici, su cui appoggiare la tesi difensiva.

Come a dire: cara Dda e giudici amici della Dda guardate che il sindaco Manna ha sempre svolto la sua funzione pubblica in modo trasparente e legale, così come dice la sentenza del tribunale di Cosenza. E’ una mossa da disperati, ma pur sempre un tentativo, visto il precipitare degli eventi a carico di Manna. E poi in passato ha già funzionato. Di più, anche recentemente ha funzionato, vedi inchiesta del Gattopardo sulle ditte amiche a Cosenza: la procura cittadina incrimina (a nonna) e i giudicanti assolvono. Che vuol dire: se qualche manettaro ha intenzione di incriminare Mario Occhiuto per la malagestione dei cottimi fiduciari e delle somme urgenze, sappiate che per questo à già stato giudicato (direttamente o indirettamente, non importa) innocente. Un modus operandi che contempla due scopi: il primo è quello di dare l’idea di una procura che produce, anche se perdono sempre, tanto all’immagine non ci tengono, anche loro come Manna sono bruciati, ma sanno anche che se lo possono permettere perché nessuno gli dice niente. Il secondo è quello di fornire una buona scialuppa di salvataggio ai fratelli nei guai fino al collo. Perso per perso, meglio tentare.

Ecco perché nessun attestato di solidarietà è giunto a Manna, l’ordine è: tutti zitti. Non c’è bisogno, a differenza della retata di Gratteri, di fare strusciu. Ci pensa Mazzetta a parlare. E infatti è stato l’unico a parlare della Gattopardata, iniziando il discorso così: “su settanta capi di imputazione, 62 sono stati rigettati dal Gip”, e poi via  con il finto attacco al Gattopardo. Come a dire: prima ancora di nascere, questa inchiesta è già morta. Il quasi 90 per cento dell’impianto accusatorio è già crollato davanti al Gip. E questo perché l’inchiesta è stata costruita apposta per essere smontata. La possibilità che qualcuno paghi ci sono, ma fanno parte del gioco, si sacrifica la regina per salvare il re. Ed è per questo che ci vediamo costretti in questo silenzio tombale, a dire che stavolta Marcello Manna ha ragione a lamentarsi per il grave abuso subito dal  quel manettaro del Gattopardo. Giusto per fare un po’ di scena e far vedere che qualcuno ha parlato a difesa di Manna, altrimenti tutti si accorgono del giochetto. Brutti dietrologisti che non siete altro.