Cosenza, gli “investimenti” del fido Cirò: un attico e un ristorante in pieno centro

Non voglio farmi i fatti di Giuseppe Cirò, ma il bisogno collettivo di capire come alcune “cose” possano accadere senza che nessuno ne paghi le conseguenza, è materia affascinante per noi cosentini morti di fame. Alcune “cose” relative, ovviamente, a ruberie, mazzette, furti, rapine, che chi ha accesso al pubblico denaro spesso e volentieri commette senza mai pagare con un solo giorno di galera. Ed è proprio il caso Cirò.

A dire che si è impossessato con certezza di oltre 50mila euro di pubblico denaro in maniera fraudolenta, è stato il sindaco Occhiuto prima e la procura dopo. La quantificazione del maltolto, cioè 50mila euro, viene fuori da un primo bilancio delle sole “carte” che il sindaco ha depositato nelle sua denuncia in procura. Gli ammanchi che il sindaco dice essere certi, e di cui si è accorto solo adesso. Somme distratte dall’economato dalla voce “missioni del sindaco”. Una specie di bancomat che secondo la procura Cirò usava per se stesso, falsificando documenti, firme dei dirigenti e dello stesso sindaco, nonché tutte le “pezze giustificative” relative a viaggi mai effettuati del sindaco, senza che nessuno, per anni, se ne accorgesse.

Ma non finisce qui, perché dopo la denuncia del sindaco, la procura è ritornata in Comune ed ha sequestrato un’altra tonnellata di carte relative al lavoro svolto da Cirò in questi quasi sei anni di vita spericolata passata in Comune. E da quello che Cozzolino fa trapelare, pare che il “buco” fatto da Cirò sia molto più grosso di quello che finora è venuto fuori. I 50mila euro, dicono, sono gli spicci. Mo’, a parte che non si capisce come è possibile frodare l’ente pubblico per cui lavori per 50mila euro (quelli che si è rubato sicuro, lo dicono le carte presentate da Occhiuto) e restare tranquillo in libertà a casa propria o a passeggiare il cane come se niente fosse successo, la cosa che più preoccupa è la faccia tosta e la spavalderia, accompagnata da un forte senso di impunità, con cui continuano indisturbati a farsi gli affari loro senza dare conto a nessuno. Sbeffeggiando la Legge e i cittadini.

E veniamo ai fatti di Cirò. Ci siamo informati per bene, prima di spararla, su quale fosse il tenore di vita di Cirò in questi ultimi anni. Del resto, se sei accusato di ladrocinio di denaro pubblico te lo devi aspettare che qualcuno, che non è certo la procura di Cosenza, ficchi il naso nei tuoi affari. Lo abbiamo fatto per capire se il denaro rubato è finito nelle sue tasche o in quelle di qualcun altro, o se, peggio ancora, fa il prestanome di qualcuno. E così dalle tante voci ascoltate viene fuori un Cirò che ama la bella vita, che ama fare costosissimi regali, viaggi in tutti il mondo, macchinoni, ristoranti e quant’altro.

Ma queste potrebbero essere solo voci di chi magari ha voglia di togliersi qualche sassolino dalle scarpe nei suoi confronti. Ed abiamo continuato a girare e a chiedere. Ed è venuto fuori che negli ultimi tempi Cirò ha fatto due enormi investimenti, e queste non sono chiacchiere: il primo un “attico” acquistato di recente al centro città (zona via Monte Grappa) e da qualche mese sta lavorando all’apertura di un ristorante anch’esso in pieno centro cittadino via Macallè. Il locale è quello che ospitava una volta la storica cartolibreria Chiappetta. Un investimento importante.

Ora bisognerebbe chiedere a Cirò dove ha preso questi soldi, se sono frutto del suo lavoro oppure no. Ma lo abbiamo detto: a Cosenza chi ruba soldi pubblici può stare tranquillo ed investirli come più gli pare senza correre nessun rischio. Perché nessun magistrato della procura di Cosenza gli chiederà mai conto.

Dunque Cirò non solo gira tranquillo per le strade della città, ma si prende il lusso di fare investimenti per centinaia di migliaia di euro, alla faccia nostra. E quando aprirà il ristorante tutti quelli che oggi fanno finta di non conoscerlo, o che lo accusano, diventeranno i suoi migliori clienti. Se a rubare questi soldi fosse stato qualche morto di fame, a quest’ora non solo sarebbe in prigione, ma avrebbero buttato le chiavi. E’ così che va in terra di Calabria: Cirò può permettersi tutto quello che vuole perché può ricattare sindaco e magistrati, mentre chi lavora onestamente è tartassato dalla mattina alla sera dallo stato, dal Comune, e dalla malavita. Buona serata a tutti.

GdD