Lettere a Iacchite’: “Il PD è diventato un’accozzaglia di servi dei servi: me ne vado”

Ferdinando Aiello e Luigi Guglielmelli

Salve, sono Teresa Pantusa, invio questa lettera aperta che ho scritto al Partito Democratico di Spezzano sila e non solo, da militante della giovanile che ne ha le palle piene… fatene quello che volete…

Teresa

Al coordinatore (???) del circolo PD F. Gullo di Spezzano Sila, Rodolfo Monaco

Al Segretario Giovani Democratici Spezzano Sila, MARIAGIULIA RICCI

Al segretario provinciale GD, Michele Rizzuti

Al Segretario Provinciale PD, Luigi Guglielmelli

Al Segretario Regionale GD, Mario Valente

LETTERA APERTA

Cari Compagni, non me ne vogliate se uso questo appellativo, ma mi emoziona troppo. Vi chiamo compagni, nel senso etimologico del termine: nel senso della condivisione (“cum-panis” ) delle cose più semplici e vere, delle emozioni, della passione e dell’entusiasmo che ho condiviso con voi da quando ero una ragazzina di sedici anni fino ad oggi. Compagni di lotte, di battaglie, di speranze, di idee, di ideali, di discussioni, di mediazioni, di crescita in senso lato.

Questa “topaia”, insieme ai miei compagni, mi ha dato tanto: mi ha fatto crescere con degli ideali e dei principi ben saldi: partecipazione, vicinanza agli ultimi, tutela di diritti, dei lavoratori, degli indigenti, dei pensionati, istruzione pubblica, sanità pubblica, uguaglianza sociale, integrazione, trasparenza, legalità, integrità morale, meritocrazia, tutela dell’ ambiente e del paesaggio, tolleranza, rispetto e valorizzazione delle diversità che sono propri della Sinistra, rispetto ai quali non sono disposta a scendere a compromessi.

Sono cresciuta con l’idea che per avere un mondo migliore dovevamo pensarlo con gli occhi dei più deboli, che se un medico è bravo è giusto che tutti possano beneficiare delle sue cure, che all’università deve poterci andare anche il figlio di un contadino che non può permetterselo. Sono cresciuta con l’idea che uguaglianza significhi dare di più a chi ha di meno e di meno a chi ha di più. Sono sempre stata convinta che la politica, quella vera, sia una cosa bella, bellissima, ed è per questo che oggi scrivo queste righe.

Oggi, dopo quasi dieci anni di Militanza, di cui vado fiera e della quale non mi pento per un solo secondo, per un dovere morale nei confronti di me stessa, dei miei ideali, della mia coscienza e del mio modo di intendere la politica, non posso far altro che rifiutare la tessera del nuovo anno. Sono molto affezionata ad una frase di Renzo Piano, che lesse in una delle puntate della trasmissione “Vieni via con me” sciorinando appassionatamente “l’elenco delle cose che mi piacciono del Sud” , che diceva così: “del Sud mi piacciono i giovani che si sbattono nei partiti politici con l’utopia di cambiare i partiti… e la politica”. Mi sentivo rappresentata ed in un certo senso “ capita “ da questa frase e a volte me la sono ripetuta come un mantra per ritrovare o non perdere l’entusiasmo di fare politica tutte le volte in cui invece volevo vergognarmi per le scelte che il mio partito adottava. Sì, mi sono vergognata.

Troppe volte mi sono vergognata dei rappresentanti e degli esponenti del partito democratico (che ormai, di democratico ha solo l’iniziale), ma più ancora mi sono vergognata e mi vergogno delle scelte e delle proposte di quello che per anni è stato e speravo continuasse ad essere il “MIO PARTITO”, la mia casa. Ho cominciato a vergognarmi 101 volte, insieme ai ragazzi “occupy PD” con i quali abbiamo provato a lanciare un appello di apertura ed inclusione al partito, che da lì, a mio parere ha iniziato una fase di declino dei “mos” che oggi sta raggiungendo il suo acme.

Il partito, A TUTTI I LIVELLI, ci tengo a dirlo, è diventato ripugnante palcoscenico di tracotanza, arroganza, egoismo, personalismo, mortificazione di intelligenze; ha perso la vocazioni di “partito del popolo”. I cittadini, come non mai, sono ridotti a “numero”, prede della brama di potere del rampollo di turno, dei ricatti dell’uomo incravattato di turno. Servi di quello che dovrebbe essere il loro servitore: il partito, ormai accozzaglia di “servi dei servi dei servi dei servi” (certo con le dovute, seppur sempre minori, eccezioni). E attenzione, c’è una grande, abissale differenza tra essere “servi di partito” e “UOMINI di partito”, i secondi sono in via di estinzione, insieme al tanto decantato “senso di responsabilità “, “appartenenza”, in cui ancora credo fermamente. Restano solo quelli che “quando arrivano sono tutti pompieri” . Tutto ciò mi fa rabbia. Molta.

Per questo oggi vado via, insieme a quelli che ritengo “uomini di partito”. Oggi rifiuto la tessera perché mi vergogno che il mio partito abbia consentito che il segretario fosse anche primo ministro, mettendo in pratica un accentramento del potere subdolo e cronico, che ha svuotato di rappresentatività i circolo e il popolo. Platone si chiedeva “quis custodies ipsos custodes?” chi custodirà i custodi, letteralmente, questo dovrebbe essere il ruolo del partito. A questa idea non voglio rinunciare.

Mi sono vergognata e mi vergogno delle scelte e delle proposte di questo governo a marchio “PD” da cui non mi sento rappresentata neanche lontanamente. Mi vergogno delle politiche come il “jobs act”, la “buona scuola” il piano casa che nulla hanno di sinistra, tutt’altro. Mi vergogno di un governo, sedicente di Sinistra, che taglia otto milioni di euro alla sanità, andando spedito verso la privatizzazione in un paese in cui 11 milioni di persone rinunciano alle cure essenziali perché non se le possono permettere. Non è di Sinistra un partito che ha smarrito il suo senso: non si rivolge più al “Demos”, al popolo, ma alla borghesia. Non è di sinistra un partito che non parla più dei valori della sinistra, di solidarietà, uguaglianza, lotta alla povertà e alle ingiustizie di ogni sorta. Mi vergogno di un partito che non si vergogna per chi non ha nulla.

Ho i brividi all’idea di un partito di sinistra che sta facendo l’impossibile per privatizzare la cultura. Disprezzo un governo che specula sulle pensioni per fare gli interessi delle banche. Non voglio stare tra le fila di un partito che si fregia di essere l’erede del Partito Comunista, ma che è fedele ad un sistema che rende i forti sempre più forti e i deboli sempre più deboli, i poveri sempre più poveri (per asservirli alle sue logiche clientelari e lobbistiche) e i ricchi sempre più ricchi.

Non potevo appoggiare una riforma che accentra il potere del popolo, di fatto già di pochi, nelle mani di “pocherrimi”, che avrebbe minato la partecipazione popolare nella proposta e nelle abrogazioni delle leggi, che toglie potere alle autonomie locali, che cerca in ogni modo di smantellare la democrazia ed i diritti dei cittadini per i quali i Partigiani sono saliti sulle montagne, in favore dei poteri forti. Non mi riconosco in un partito che non informa i cittadini, ma avrebbe dilaniato la Costituzione sperando che nessuno se ne accorgesse. Non mi appartiene un partito che non riflette più sui propri errori, che si è allontanato dai giovani, dai deboli, senza porsi neanche una domanda, anzi si compiace, nella sua dilagante ed aberrante AUTOREFERENZIALITA’, dei risultati ottenuti. Questo non è un partito di SINISTRA.

Questo non è il Partito Democratico in cui in tanti abbiamo creduto: è divelta la struttura di donne e uomini liberi che condividono un’idea di società, di crescita economica, culturale, morale dei cittadini che non può prescindere dal confronto, troppo spesso negato. Sono stanca di far parte di un partito che ha perso l’idea che la pluralità sia fonte di ricchezza da valorizzare,o quantomeno da rispettare e considerare, e invece altro non è che brusio da silenziare, anzi, voci da zittire, intelligenze da mortificare. Sono stanca di un partito che porta avanti i “furbi” piùttosto che gli integri, che al coraggio preferisce il trasformismo camaleontico di circostanza. Nel mio circolo PD ho assistito ad un “tesseramento su convocazione” di fedelissimi, non viene convocata un’assemblea, un direttivo da tempo immemore: non si era mai visto!

I direttivi, le assemblee, momenti altissimi e nobilissimi di democrazia, di confronto, di crescita (individuale e collettiva) non esistono più (o se è stato fatto, non sono stata invitata, pur essendone membro). Le decisioni vengono prese da un entourage che non ammette dissenso. Non si parla più. Non ci si guarda più negli occhi. Non si urla più (forse perché si è urlato troppo). Non si sbattono più le porte. Non si applaude più….non ci si abbraccia più. Tutto tace macabramente, il senso di “quiete” è raccapricciante, non è vita. Ormai si discute in “quattro”, si decide in quattro.

La segretaria dei GD, alla quale va tutta la mia stima e solidarietà, è stata umiliata e sfiancata, invitata più volte a dimettersi senza una motivazione politica, ma per la “colpa” di aver garantito la libertà di ognuno. Tutto questo è svilente e inaccettabile. Eppure nessun dirigente ha mosso un dito. La priorità è “il sassolino dalla scarpa” da togliersi, e se si parla di “questioni di principio” si viene brutalmente derisi. Le minoranze vengono zittite e mortificate a tutti i livelli, la discussione il confronto non sono più in auge, nel partito democratico: se sei minoranza devi tacere. Se dissenti, vali zero. Ma io dissento, non mi importa. Dissento con rabbia, con dispiacere. Dissento perché mi fa troppo male pensare che il Partito Democratico sia diventato questo.

Tuttavia mi rendo conto che annaspo in questa folla di arroganti. Ci ho provato, ci abbiamo provato a riportarvi sulla retta via, sì, forse con presunzione, ma dovevamo. Lo dovevamo al nostro entusiasmo, al tempo e all’energia investita in questo progetto, in questo sogno, agli ideali che avete disilluso, alle speranze che avete disatteso, alle voci che non avete ascoltato. Troppe volte. Non ci siamo riusciti. Io non posso appartenere a questa schiera e questa schiera non mi appartiene.

Questo “modus operandi” è intollerabile per chi ancora ci crede. Nel mio circolo è stato svolto un tesseramento su “convocazione”, senza nessuna comunicazione ufficiale o avviso pubblico. Qualcuno ha deciso che non tutti hanno diritto ad avere la tessera (coordinatore non si sa quando, come e da chi nominato). Anche se probabilmente sono nella “lista nera” degli indegni ad avere la tessera, perché non ho ricevuto alcuna “convocazione”, vi dico che non siete voi a negarmela, ma io a rifiutarla, a meno che non vogliate negarmi anche questo diritto! Oggi dico BASTA! Se non si parla più, se non ci si confronta più, se siete capaci solo di offendervi ed escludere, se non ci si abbraccia più, questa non è più casa mia. Fiera della mia libertà e della mia onestà chiudo questa lettera con un augurio che faccio a tutti quelli che rimangono: di avere sempre, per citare il Sommo Kant, ”il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me” perché solo chi è libero e onesto, solo chi ha la legge morale, può accingersi ad ammirare il cielo stellato. Per quanto appassionante è stata questa esperienza, in queste condizioni, non merita di essere vissuta. Scusatemi, ma io voglio continuare a credere che fare politica sia una cosa bella.

Teresa Pantusa, Giovani Democratici Spezzano Sila