Cosenza, l’unica città calabrese ad essere immune alla corruzione

Da sinistra: Cannizzaro, il questore Anzalone, Occhiuto e Potestio

Quando il direttore Carchidi dirigeva La Provincia di Cosenza, giornale cartaceo diffuso su scala provinciale, scrissi una “storia” in 5 puntate dal titolo “Il patto dei lazzaroni” che trovate anche nel sito.

Raccontavo gli accordi “preliminari” tra vecchi marpioni della politica locale, e la nascente stella di Occhiuto, in vista delle amministrative del 2011. L’anno in cui si creò una vera e propria cupola politica/mafiosa che dal quel momento in poi, sostituendo i vecchi padrini politici, comanderà la città per quasi un quinquennio.

La presa del Comune fu un tassello importante per gettare le basi per quello che passerà alla storia (almeno alla nostra) come gli anni dello sciacqua Rosa e viva Agnese. Oltre 15 milioni di euro presi direttamente dalle casse comunali, dopo aver acceso un mutuo con la Cassa Deposito e Prestiti, e distribuiti agli amici degli amici (che non sono solo i mafiosi, e ovviamente ci riferiamo solo agli affidamenti diretti) pronta cassa.

Un segnale per dire agli amici: chi sta con noi mangia, beve, fotte e dorme sonni tranquilli. Scrissi con nomi e cognomi, cosa che mi è valsa diverse denunce, svelando l’identità dei capi di questa cupola paramafiosa. Infatti la peculiarità di questa nostra cupola – a differenza di quella che la procura antimafia di Reggio Calabria ha scoperchiato, dove al nostro pari ci sono sempre i sindaci, i politici, i massoni, gli imprenditori, gli immancabili avvocati, e i loro clienti malandrini – è la presenza al suo interno di figure istituzionali a tutti i livelli.

la festa è finita Senza il favoreggiamento del dottor Granieri e di diversi Pm della procura di Cosenza, non sarebbe stato possibile per la cupola fare loschi e laschi affari. Senza la complicità dell’allora questore Anzalone, non sarebbe stato possibile non solo colpire i loro nemici con accuse farlocche e minacce al pari dei mafiosi, ma neanche farla franca rispetto all’evidenza di reati amministrativi gravi. Un buon e onesto poliziotto avrebbe denunciato subito quello che accadeva sotto gli occhi di tutti al Comune di Cosenza.

Senza l’accondiscendenza dell’allora prefetto Cannizzaro non sarebbe stata possibile l’operazione cooperative. Cioè rilasciare i certificati antimafia solo a chi veniva segnalato come “amico”, per permettere l’acquisizione e il controllo delle stesse al nuovo gruppo criminale dell’epoca denominato Rango/zingari.

Il colonnello Ferace e il sindaco Occhiuto
Il colonnello Ferace e il sindaco Occhiuto

Senza il silenzio omertoso di alti ufficiali dei carabinieri, non sarebbe stato possibile truffare impunemente lo stato. Ecco, è la presenza di queste figure che caratterizza la pericolosità, e spiega anche il perché nonostante l’evidenza di abusi e reati amministrativi nessuno degli organi preposti al controllo è mai intervenuto, della nostra cupola.

Perché arrestare un procuratore, un questore, un prefetto, da noi non si può. Anche se si sono resi responsabili di insabbiamenti, coperture, omertà, complicità, correità, per loro, al massimo (questo solo se non si può fare diversamente) scatta un trasferimento. E possono continuare tranquillamente ad intrallazzare in altri luoghi. Si sa, cane non mangia cane. Per quanto un magistrato possa essere corretto e onesto non firmerà mai un arresto per un suo collega. Anche se gli dimostri la sua colpevolezza.

Si comportano allo stesso modo di come si comporta la chiesa con i preti pedofili, tutto deve restare “in famiglia”. Che poi non sarebbe neanche tanto difficile dimostrare la loro responsabilità in tutto quello che è successo in questi ultimi anni a Cosenza. Basta solo perquisire alcuni uffici in procura, per scoprire un giacimento di denunce sulle malefatte di Occhiuto e compari, dettagliate e con notizie di reato evidenti e conclamate, insabbiate, pretestuosamente archiviate, e ben nascoste.

La complicità della procura nella commissione dei reati che commettono i politici corrotti della nostra città, è evidente. Come quella di alcuni poliziotti e carabinieri. E’ questo che rende la nostra cupola più forte di quella di Reggio.

Loro, quelli della cupola di Reggio, sono forti dal punto di vista di agganci criminali per via della storicità e della potenza delle cosche di quei luoghi, e per la presenza di alcuni pezzotti politici (che ci sono anche da noi), noi invece siamo più forti perché da noi è proprio lo stato che organizza le cosche e gestisce il malaffare. Dunque, la nostra cupola è intoccabile.

Infatti passa indenne da ogni evento. In altri luoghi poco distanti da noi succede di tutto, da noi è tutto normale. Fateci caso: a Reggio e provincia c’è la ‘ndrangheta e i politici corrotti, a Catanzaro e provincia non ti dico (in considerazione anche della presenza nel capoluogo degli uffici regionali),  Lamezia va ppe nnuminata, a Crotone e provincia solo a citarle rischi di essere sparato, nella provincia di Cosenza oramai è dappertutto (Rende, Acri, Marano, Scalea, Corigliano, Cassano e chi più ne ha più ne metta) solo a Cosenza città non esiste né la ‘ndrangheta, né la corruzione, né i politici mafiosi, né lo stato deviato. Siamo circondati da questi “fenomeni”, ma siamo immuni. Merito evidentemente della buona politica e delle istituzioni a Cosenza che hanno saputo costruire un modello di società e pubblica amministrazione funzionante e trasparente.

Isolando i germi di quella incultura istituzionale che in altri luoghi prolifica. Immunizzando i cittadini dall’attacco di questo bacillo con dosi massicce di legalità e rispetto delle regole. A partire dal loro buon esempio. Del resto, si sa, in Calabria l’unica città civile e acculturata è Cosenza, tutto il resto non si può guardare. Mi raccomando, ammucca liù!

GdD