Cosenza, omicidio Ruffolo: Porcaro e D’Elia incastrati dai pentiti Impieri e Lamanna

Roberto Porcaro

Gli arresti di questa notte sono il frutto di sinergie tra la squadra mobile di Catanzaro, quella di Cosenza, e il Servizio Operativo Centrale della Polizia di stato, un perfetto gioco di squadra che ha reso possibile questo straordinario risultato. Inizia così la veloce conferenza stampa del questore di Cosenza la dottoressa Giovanna Petrocca in merito all’arresto di Roberto Porcaro, 35 anni e Massimo D’Elia, 33 anni, accusati dalla Dda di Catanzaro di essere il primo il mandante e il secondo l’esecutore materiale dell’omicidio di Giuseppe Ruffolo avvenuto a Cosenza, nel quartiere di Città 2000 (all’inizio di via degli Stadi) nel novembre del 2011 a colpi d’arma da fuoco.

Grandi assenti al tavolo della conferenza stampa di oggi, presso la sede della questura di Cosenza, il dottor Gratteri e il pubblico ministero che ha curato le indagini, il dottor Camillo Falvo. “Altri impegni, sopraggiunti all’ultimo momento, dice il questore, hanno impedito ai due magistrati di essere presenti. E a loro, e a tutti gli uomini della Polizia di stato, vanno i miei ringraziamenti per l’ottimo lavoro svolto”.

A spiegare le dinamiche dell’inchiesta, e in pochi minuti, è il vice questore Maffongelli che ricorda l’importanza e l’impegno della procura e della Polizia di stato nel perseguire reati anche lontani nel tempo. Un segnale forte ai mafiosi, dice, per sottolineare che lo stato ha la memoria lunga e che niente “resterà impunito”. Nel merito dell’inchiesta poche sono state le parole pronunciate dai tre dirigenti della polizia di stato seduti insieme al questore.

L’inchiesta nasce un anno fa, dicono i poliziotti, a seguito delle dichiarazioni di diversi pentiti di ‘ndrangheta cosentini che hanno raccontato agli investigatori il perché e il motivo del brutale omicidio, maturato all’interno della cosca Lanzino/Patitucci, di cui Roberto Porcaro è l’attuale “erede”. Un omicidio “necessario”, dicono i pentiti, perché Giuseppe Ruffolo si era messo in testa di voler fare tutto da solo e di gestire il suo giro di usura senza dare niente a nessuno. Ed è per questo che più volte fu avvisato di cambiare rotta e di mettersi a disposizione degli amici. Ma Ruffolo non volle sentire ragioni, ed è in questo ambito che è maturato il suo omicidio, con l’assenso dei boss.

A raccontare dell’omicidio di Ruffolo e dei responsabili diversi pentiti, tra i quali Luciano Impieri, pentitosi esattamente un anno fa, considerato dagli investigatori come uno dei promotori del nuovo gruppo nato dalle ceneri del vecchio (Rango/Bruni) insieme a Daniele Lamanna, altro pentito che ha parlato di questo omicidio.