Gad Lerner: “Rincorrendo le guerre, l’Ue si condanna a morte”

(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – I nodi vengono pericolosamente al pettine in questa primavera 2024 di disordine mondiale che precede le elezioni americane del prossimo novembre.

L’impressione è che quella scadenza stia svolgendo funzione di acceleratore e che da più parti sia stata avviata una corsa contro il tempo al fine di anticiparla, o neutralizzarla, imponendo uno status quo vantaggioso nelle guerre in corso: Gaza e Ucraina. L’effetto immediato è che entrambi i conflitti s’inaspriscono, con Israele che mette nel conto un attacco sul fronte libanese e siriano contro Hezbollah intanto che si prepara alla battaglia di Rafah, incurante delle pressioni internazionali; mentre Putin ha intensificato gli attacchi su tutto il territorio ucraino. Da notare, a proposito di quest’ultimo, che se Putin in due anni non ha ancora ordinato bombardamenti a tappeto sulla popolazione civile ucraina paragonabili a quelli scatenati da Netanyahu massacrando i palestinesi di Gaza, non è certo per bontà d’animo. Ha già dimostrato in Cecenia e in Siria fin dove sarebbe capace di arrivare.

È la sua aspirazione imperiale, la convinzione più volte dichiarata che l’intera Ucraina debba tornare prima o poi a far parte della Grande Madre Russia, a dosarne l’uso della forza. La stessa nostalgia della potenza perduta che allarma le altre nazioni indipendenti dell’ex Unione Sovietica, tanto da averle spinte a entrare nella Nato.

Questa irresponsabile corsa al riarmo trova oggi, per la prima volta dal 1945, neofiti aspiranti protagonisti nella vecchia Europa. Nel giro di pochi giorni è stata proclamata a Bruxelles la necessità di riconvertire l’Ue in un’economia di guerra, come se fosse bastato l’avvertimento di Trump – investite nelle spese militari perché gli Usa non verranno più a difendervi – a imporle una sterzata. “Stiamo entrando in una fase prebellica”, ha dichiarato ieri il premier polacco Donald Tusk.

Pronunciamenti bellicosi che si scontrano non solo con l’impreparazione, ma anche con la netta indisponibilità dei cittadini europei a militarizzarsi. Avvertimenti lanciati probabilmente calcolando che il tempo stringe prima di sedersi al tavolo dei negoziati, là dove si tratterà su un futuro neutrale dell’Ucraina, sulla cessione definitiva della Crimea alla Russia e sull’autodeterminazione inevitabile del Donbass. Confidando che Putin a sua volta faccia la voce grossa, ma non abbia né la forza né l’interesse a correre il rischio di un’estensione del conflitto. La storia però ci insegna che la corda, a furia di tirarla, si spezza quando meno te l’aspetti. Proprio com’è successo il 7 ottobre scorso in Israele, attirato nella trappola di un conflitto al quale non si era preparato e nel quale si ritrova sempre più isolato.

Il fatto nuovo, inquietante, è dunque l’annuncio da parte europea di essere pronti alla guerra. Un bluff? Probabile. Tutto rinviato, comunque, a dopo il rinnovo del Parlamento europeo perché nessun leader pensa di poter vincere le elezioni promettendo ai suoi cittadini lacrime e sangue. Ma come non vedere che l’annuncio stesso corrisponde a una dichiarazione di fallimento: cioè alla fine del sogno dell’integrazione europea?

Sopravvivere al XXI secolo è il titolo di un bellissimo dialogo fra due menti illuminate del nostro tempo appena tradotto da Ponte alle Grazie: l’intellettuale americano Noam Chomsky e l’ex presidente uruguayano José “Pepe” Mujica. È interessante leggere come da lontano, da un’umile casetta di Montevideo in cui si sono incontrati, essi rimpiangano il venir meno del Vecchio continente al ruolo che avrebbe potuto svolgere per la salvezza del pianeta. Dice Mujica: “Quello che più mi spaventa è l’impotenza dell’Europa. È incredibile. I vecchi conservatori come De Gaulle pensavano che l’Europa arrivasse fino agli Urali… Ovviamente la pace in Europa avrebbe dovuto includere la Russia, e non segregarla. Da un punto di vista geopolitico sono dei salami, dei salami”. E Chomsky rincara: “De Gaulle fu il più importante promotore dell’indipendenza europea, ma fu sempre sopraffatto dalla potenza americana. Dopo la caduta dell’Urss la questione è diventata centrale. Gorbaciov promuoveva l’idea di una casa comune europea da Lisbona a Vladivostok. Putin, nella sua stupidità criminale, ha messo l’Europa nelle mani degli Stati Uniti, rafforzando la Nato. Ma questo porta con sé un grosso problema: se l’Europa continuerà a dipendere dalle decisioni di Washington, subirà un grave declino. Dovrà decidere tra il declino in quanto satellite degli Stati Uniti o il riallineamento verso una sorta di casa comune europea”.

È esattamente quello che sta succedendo. Mi auguro che nelle prossime elezioni europee le forze democratiche trovino il coraggio di proporre chiaramente questa alternativa, prima che sia troppo tardi. Questione di pochi mesi, ormai.