I percorsi deradiani tra l’inedia delle amministrazioni e la complicità delle istituzioni religiose

I percorsi deradiani, tra l’inedia delle amministrazioni comunali e la complicità delle istituzioni religiose.

E’ bastata qualche ora di lavoro e come per incanto l’intera comunità arbereshe di Macchia Albanese si è recata il giorno dell’Epifania ka reka, per assistere ad una solenne celebrazione liturgica della quale si erano perse le tracce, considerato che l’ultimo a celebrarla fu tale don Antonio Bellizzi, papas che veniva da San Basile, più di quarant’anni fa.

L’Epifania, ricorda la visita dei re Magi a Gesù bambino e la benedizione delle acque per il battesimo del Cristo: ujët e paktë, si diceva un tempo nelle nostre comunità, per fare riferimento alla poca acqua (quella benedetta in chiesa), rispetto a quella, tanta, benedetta nella fontana o nel fiume, nel rito che si faceva fuori dalla chiesa; ed essendo poca, era più preziosa; da qui il modo di dire, diffuso anche in Albania e non solo tra i fedeli: “E ruan si ujët e paktë”, lo tiene “stretto” come se si trattasse dell’acqua “poca”; per dire di qualcosa di prezioso a cui uno tiene tanto.

   Ujët e paktë serviva a benedire la casa, gli animali, la terra, e così ad assicurare una benedizione divina alle proprie cose e ai propri cari; culti pagani, o agrari, per essere più benevoli, legati ai riti religiosi, che come tutti quelli che si celebrano da anni in Arberia, sono caratterizzati da profondi simbolismi, tipici del rito bizantino, ma influenzati da 500 anni di mediazione arbereshe, con profonde radici balaniche, mal digerite dalla chiesa, che ha cercato, e cerca, di ecclesiasticizzare, ossia di rinchiudere tra le sua mura; forse perché non li ha mai graditi, o perché non li ha mai compresi o voluto comprendere; ma riti che richiamano un cristianesimo della prima era, ormai inesistente nella chiesa moderna; pure lontana anni luce dal pensiero inascoltato del suo sommo pontefice, Papa Francesco, che da più tempo ci avverte sul rischio di clericalizzazione della stessa; e ben individuate da Emanuele Camillo Colombo nel suo “Il Cristo degli altri. Economie della rivendicazione nella Calabria greca di età moderna; quella che costringeva i greci a costruire l’altare latino e vedeva scomunicati quelli disubbidienti.

Dicevamo dell’Epifania, dei canti che accompagnano la funzione religiosa, di quella che un tempo era la sfilata con gli abiti tradizionali femminili ricamati in oro, della benedizione delle acque, del volo di una colomba bianca e della distribuzione di arance e di fiori di ruta ai fedeli, quest’ultima tipica di poche comunità arbereshe e di qualche ora di lavoro, che denota chiarezza di idee ed è sintomatica di progettualità e di voglia di fare per cambiare, che è bastata per ripristinare un antico sito in una delle più note comunità arbereshe della Calabria e così la funzione che il sacerdote celebrava in chiesa, è stata celebrata ka reka, rievocando con il canto “Në Jordan” la discesa dello Spirito Santo nel Giordano, il giorno del battesimo del Cristo.

Girolamo De Rada, nel Milosao, la sua opera più importante, che canta gli amori dell’immaginario figlio del despota di Scutari del secolo XV con la figlia di Cologrea, contadinella della città, menziona spesso i luoghi della sua terra natia; ed anche se il suo canzoniere d’amore si svolge a Scutari, storicamente è ambientato, appunto, a Macchia Albanese; il sommo poeta cita reka, il fiume, che indica come “lumi i Madh”, il grande fiume o fiume di Emathion, che nella mitologia greca è il figlio di Eos, dea di Dawn. Esiodo nella Teogonia, è il primo a menzionarlo come nemico di Eracle, che lo affronta e lo uccide; è tipico del De Rada l’utilizzo di termini greci nei suoi scritti; lo faceva per dare “forza” all’albanese, allora lingua poco o niente affatto conosciuta.

Quella del ripristino dei luoghi deradiani, che amplia i nostri ristretti orizzonti culturali, è una delle priorità della nuova amministrazione comunale guidata dal Sindaco Ernesto Madeo, particolarmente legato ai destini della sua città di nascita, Macchia Albanese, mal digerita come frazione del capoluogo (San Demetrio Corone) da tutti i suoi abitanti; Sindaco che certamente le darà nuovo lustro, conscio che li è nato il suo figlio più illustre, Girolamo De Rada; e darà nuovo lustro a quell’opera omnia, la cui edizione, curata dal chiarissimo prof. Franco Altimari, è pronta dal 2019 per la parte digitale, e dal 2017 per la parte cartacea, che è costata fior di quattrini pubblici, e che giaceva da 5 anni in un ripostiglio del “Centro di Iniziativa Culturale De Rada” – anch’esso giacente sino a qualche mese fa – mai presentata alla cittadinanza e divulgata; opera in 10 volumi con CD allegato e con la mappa dei luoghi del Milosao e del De Rada, anche nella rivisitazione del maestro Franco Azzinari, pronti per essere parte del progetto parco letterario deradiano di prossima formazione.

Adriano  D’Amico