domenica, Aprile 28, 2024
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La differenza tra uno scoop e un dossier

di Piero Ignazi, politologo

Dal Piano Solo smascherato da L’Espresso di Scalfari al servilismo di Pio Pompa, la destra ha nel suo passato prossimo e remoto molta confidenza con le attività losche di personaggi disinvolti dei servizi. Sarebbe opportuno un esame di coscienza prima di strillare al complotto e accusare i giornalisti. La libertà di stampa non ha nulla a che vedere con le manovre delle barbe finte.

Giorgia Meloni e i suoi si sono indignati, a giusto titolo, per gli accessi illeciti nel data base della procura nazionale antimafia per estrarre informazioni su personaggi di ogni tipo e genere, da Cristiano Ronaldo a Guido Crosetto, da cui peraltro si fatica ad individuare un filo rosso. Ma tant’è. L’indignazione meloniana lascia però perplessi perché sorvola tranquillamente sui dossieraggi a cascata della destra, dagli anni Sessanta agli anni Duemila.

Andiamo per gradi (e il termine qui è appropriato). Nel 1964 il generale dei Carabinieri Giuseppe De Lorenzo attivò il cosiddetto Piano Solo con l’avallo, implicito e o esplicito, del presidente della repubblica d’allora Antonio Segni (altri tempi…) per “neutralizzare” sindacalisti ed esponenti della sinistra, deportandoli in Sardegna in caso di disordini. Per arrivare a rintracciare tutti questi “enucleandi”  – eufemismo utilizzato all’epoca  – il Sifar, la struttura di intelligence dell’epoca diretta da De Lorenzo, raccolse migliaia di dossier sulla loro vita privata.

Tutta l’operazione, dal dossieraggio estensivo (più 150.000 dossier) al tentativo di golpe, fu smascherata alcuni anni dopo, nel 1967, da una inchiesta giornalistica – guarda caso – ad opera di Lino Jannuzzi ed Eugenio Scalfari per l’Espresso. Il generale fellone venne poi portato in parlamento con tanto di onori dal Movimento sociale di Giorgio Almirante nel 1972. Allora, poiché quest’ultimo è il mentore dichiarato del presidente del consiglio, non sarebbe opportuna una dissociazione dalle scelte compiute dall’allora segretario del Msi? Oppure Il dossieraggio diventa inaccettabile solo se vengono spiati esponenti di destra mentre è perfettamente lecito quando serviva a ricattare ed eventualmente enucleare gli oppositori di sinistra?

Ma la storia non si è fermata lì. Non si è levato nemmeno una sussurro quando è emersa l’attività di dossieraggio dell’agente del Sismi Pio Pompa, nei primi anni Duemila. Questo cosiddetto servitore dello stato in realtà eccelleva in servilismo nei confronti del nuovo capo del governo di allora, Silvio Berlusconi. In una lettera del 21 novembre 2001, indirizzata al Cavaliere, scriveva, ispirato, che si sarebbe impegnato «a fondo nella tutela e difesa della straordinaria missione che scandisce la Sua esistenza, [tanto che] desidero averLa come riferimento e esempio ponendomi da subito al lavoro [poiché] la Divina Provvidenza mi ha concesso di sperimentare la possibilità di poter lavorare per Lei».

Da questo florilegio di servilismo non poteva che scaturire una accanita attività di dossieraggio nei confronti dei nemici del Cavaliere allo scopo di «disarticolare, pure mediante azioni traumatiche [sic], l’opposizione al governo». Come si vede, la destra ha, nel passato prossimo e remoto, molta confidenza con le attività losche di personaggi disinvolti dei servizi. Quindi, farebbe bene a farsi innanzitutto un esame di coscienza prima di strillare al complotto e accusare giornalisti che fanno il loro mestiere. La libertà di stampa non ha nulla a che vedere con le manovre delle barbe finte, e i veri giornalisti le vanno a cercare ovunque, anche dalle gole profonde, come fecero Bob Woodward e Carl Berstein per il caso Watergate che travolse il presidente americano Richard Nixon.