Lamezia, le liste di Occhiuto: faccendieri, voltagabbana, dinosauri e nobili decaduti

Un esercito di faccendieri, voltagabbana, vecchi arnesi e “nuovi” mestieranti della politica e bande fameliche di lecchini, nani e ballerine pronti a tutto per un assessorato, un incarico, una consulenza e una determina. Questo è il carrozzone sgangherato di Occhiuto, un’Armata Brancaleone senza vergogna che vorrebbe mettere ancora le mani sul potere per gestirlo nell’unica maniera che conoscono ovvero quella della truffa.

I compagni di merende di Mario e Roberto Occhiuto, Jole Santelli, Ciccio Cannizzaro e Sergio Abramo rappresentano una lobby di potere rotta a tutte le esperienze, come del resto chi la comanda.

CICCIO CANNIZZARO, IL FIGLIOCCIO DI TOTO’ CARIDI

Il più “titolato” – Occhiuto a parte – è Ciccio Cannizzaro, 37 anni, da Santo Stefano d’Aspromonte, attuale deputato reggino di Forza Italia, universalmente riconosciuto come il figlioccio politico di Antonio “Totò” Caridi, ex braccio destro di Scopelliti, uscito di recente dalle patrie galere di Rebibbia per le inchieste della Dda di Reggio Calabria con l’accusa di essere stato lo strumento attraverso cui la cupola massonica della ‘ndrangheta si sarebbe infiltrata nelle istituzioni. Caridi è considerato il referente politico di varie articolazioni territoriali di ‘ndrangheta, tra cui la cosca Raso-Gullace-Albanese. La vicinanza tra Caridi e Cannizzaro è nota ed emerge anche in alcune inchieste giudiziarie: quella “Mammasantissima”, ma, soprattutto, “Alchemia”. L’ufficiale dei carabinieri, Salvatore Farina, proprio a gennaio, ha ripercorso in aula quello strano rapporto tra Caridi e il suo staff e soggetti vicini alla ‘ndrangheta. All’incontro con il clan Mancuso, infatti, partecipavano, come era emerso già in sede di indagine, anche il factotum di Caridi, Peppe Iero (attualmente imputato), nonché Francesco Cannizzaro. All’ora di pranzo di quel 10 dicembre 2009, Caridi parla infatti al telefono con il fido Giovinazzo e i due definiscono i dettagli per la sera. Giovinazzo chiede: “Ma poi Francesco viene?”, “Francesco sì”, risponde Caridi e poi Giovinazzo dice testualmente: “Fai tu, i tuoi amici sono nostri amici, sei libero di fare quello che vuoi”. Il “Francesco” per gli inquirenti è proprio l’attuale deputato forzista, Francesco Cannizzaro, che effettivamente partecipa all’incontro. Un bel soggetto, non c’è che dire. Quella sera, dunque, Caridi e il fido Cannizzaro hanno partecipato ad una cena svoltasi a Limbadi, feudo della cosca Mancuso, presso il capannone di Pantaleone Contartese, tra le persone coinvolte nell’inchiesta “Alchemia”. Alla fine, Cannizzaro è uscito senza danni dall’inchiesta e così si è preso addirittura il lusso di fare il deputato in quota Caridi. Incredibile, ma purtroppo vero.

CLAUDIO PARENTE, IL RE DELLE CLINICHE

Claudio Parente, 63 anni, originario di Rogliano, sguazza da tempo nel sottobosco della malapolitica, che abbina ai suoi due interessi principali: le cliniche private e il calcio, visto che in gioventù ha giocato anche (male, pessimo difensore) a pallone. Già consigliere regionale con la lista “Scopelliti Presidente”, recentemente è ritornato in sella riprendendo posto a Palazzo San Giorgio al posto di Mangialavori, volato in Parlamento. Definirlo imprenditore chiacchierato è il minimo che si possa scrivere di lui. Amministratore unico della Medical Sport Center srl di Catanzaro, gruppo titolare di centri di riabilitazione e medicina dello sport nonché di cliniche di riabilitazione per oltre 200 posti letto, è anche presidente dell’Associazione Vivere Insieme Onlus che opera in diversi settori tra cui quello socio-sanitario (attraverso la gestione di oltre 400 posti letto destinati a Residenze Sanitarie Assistenziali e Riabilitative), sportivo (con la realizzazione e gestione di impianti polisportivi e con l’incentivazione di attività  sportive pallavolo, basket, calcio etc.) e di ricerca. E finanzia generosamente diversi media “amici”, che non si sa mai… Insomma, gestisce una marea di soldi e di interessi e qualcuno lo paragona a Pierino Citrigno, suo equivalente (in fatto di cliniche private) del “cerchio magico” di Oliverio.Naturalmente, anche lui ha trascorsi giudiziari insieme al suo inseparabile socio, tale Massimo Poggi. E’ stato indagato nell’ambito di un’inchiesta della procura di Catanzaro su corsi di formazione professionale mai effettivamente realizzati finanziati dalla Regione Calabria. L’accusa sosteneva che i corsi non furono mai svolti ed i due imprenditori avrebbero utilizzato i fondi per pagare gli stipendi degli infermieri assunti nelle loro strutture sanitarie. Così fan tutti, che male c’è?

Ci sono poi gli illeciti connessi al fallimento dell’ex società calcistica dell’Us Catanzaro, dichiarata fallita il 15 giugno del 2007. I giudici del Tribunale collegiale hanno condannato Claudio Parente a 1 anno e 10 mesi di reclusione. Quisquilie avrebbe detto Totò, che vuoi che sia?

MARIO TASSONE, IL DINOSAUROMa la testimonianza più emblematica del molto presunto “cambiamento” invocato da Occhiuto è rappresentato plasticamente da Mario Tassone, vecchio arnese della politica dalla notte dei tempi. E’ stato deputato per quasi 40 anni, dal 1976 al 2012, prima con la Democrazia cristiana, poi col Cdu ed infine con l’Udc. Ormai vicino agli 80 anni, il dinosauro catanzarese è stato mollato da Raffaele Fitto, verso il quale si era diretto negli ultimi tempi (“trombato” alle ultime Politiche) e per trovare qualcosa da fare al figlio Gianluca, che ovviamente si è lanciato in politica, è salito sul carrozzone di Occhiuto. Cosa potrà offrire di nuovo la famiglia Tassone alla Calabria? Nella migliore delle ipotesi, qualche altra clientela.

ANTONINO DAFFINA’, IL COMMERCIALISTA DELLA CRICCA

A Vibo Valentia il cazzaro ha reclutato nuovi adepti “strappandoli” a soggetti come i Cinghiali. E’ il caso dello sgamatissimo commercialista Antonino Daffinà, per gli amici Tonino, 60 anni, salito alla ribalta qualche tempo fa grazie all’incarico di commissario straordinario dell’Aterp ricevuto appunto in quota Cinghiale. Ed è proprio sotto la sua gestione che esplode il casino plateale e pacchiano della distrazione dei fondi ex Gescal per acquistare la nuova sede dell’Azienda di Vibo. Truffa aggravata per chi ama i termini giudiziari. Figuratevi che la procura di Vibo è quasi costretta al sequestro preventivo di beni per complessivi 790 mila euro nei confronti, oltre che del prode Daffinà, anche dell’ex assessore regionale Pino Gentile (attuale vicepresidente del Consiglio regionale); Antonio Capristo (altro fedelissimo del Cinghiale, da Rossano); il “boss” Domenico Pallaria, Nazzareno Guastalegname e Antonino Stagno.Antonino Daffinà viene chiamato in causa quale commissario straordinario dell’Aterp dal novembre 2011 all’aprile 2015. Gli viene contestato di non essersi astenuto dalla procedura di acquisto dell’immobile sede dell’Aterp di via Macchiavelli dalle eredi Cannatelli, prendendo accordi con le proprietarie e concordando con loro il prezzo di acquisto. Vengono poi contestate le procedure dei contratti di locazione dell’immobile ed un certificato di agibilità del palazzo.

GIANLUCA CALLIPO, IL VOLTAGABBANA

Dalla provincia di Vibo, dalla bellissima Pizzo, ecco invece il profilo di Gianluca Callipo, “giovane-vecchio” che si è convertito all’occhiutesimo incurante anche dei problemi che gli sono derivati nella sua maggioranza. Eh sì, perché Callipo è un traditore doc, un Giuda collaudatissimo, pronto a lasciare il Pd per andare a cercare il “cambiamento” a casa di Occhiuto: posti di potere, ovviamente mica fiori e opere di bene. Sempre la stessa solfa: viva i voltagabbana.

FRANCO ANTONIO TALARICO, IL “TROMBATO” CON TUTTE LE CASACCHE

Passiamo poi all’Udc, dove Occhiuto schiera uno dei politici più “trombati” di tutta la Calabria, vale a dire Franco Antonio Talarico, uomo forte di Cesa, alias “senza un voto”, voluto a tutti i costi dal segretario dell’Udc nel collegio n. 8 di Reggio, dove è stato regolarmente non eletto. Lo stesso Talarico prese poco più di 2 mila preferenze nel 2014 alle Regionali: una bocciatura che fece molto clamore soprattutto a Lamezia Terme, la sua città. Certo, chi l’ha candidato non dev’essere un “volpino”.

La Santagati, Marisa Fagà e Talarico

Talarico ha vissuto il suo quarto d’ora di gloria quando è stato presidente del Consiglio regionale e per non farsi mancare niente è finito anche nell’inchiesta sull’Arpacal, insieme all’allora presidente Marisa Fagà, ai componenti del Cda Mario Russo e Ida Cozza, e al funzionario di valutazione delle schede relative alle nomine dell’Ente, Rocco. Per la Fagà, Russo e Cozza il sostituto procuratore della Repubblica, Gerardo Dominijanni, titolare delle indagini, ipotizzava il reato di falso in atto pubblico e abuso d’ufficio, quest’ultimo contestato in concorso con Talarico e Sirio. Si trattava di nomine irregolari, che volete che sia… Talarico, essendo presidente del Consiglio, aveva potere di nomina e quindi faceva quel che gli aggradava di più. attestando falsamente per chi doveva entrare nel carrozzone dell’Arpacal il possesso dei requisiti di cinque anni di attività professionale riconducibile all’incarico di comprovata esperienza tecnico scientifica in materia ambientale. Per non parlare delle sue avventure lametine, nelle quali qualcuno ha individuato anche qualche “vruscio di classe” nelle estenuanti campagne elettorali “a perdere” del Nostro. Bazzecole…

EUGENIO MADEO, IL “NANO”

Ci rimangono i cosentini. Se dovessimo definire Eugenio Madeo, ex comunista (!), ex manciniano ed ex Cinghiale, folgorato sulla via dei soldini, calzerebbe al meglio l’appellativo “nano” che si usa di solito accoppiato all’altro, meno offensivo, della “ballerina”. In effetti, Madeo, di professione architetto come… Occhiuto, ormai vicino alla settantina, è entrato a far parte del cerchio magico di Occhiuto dalle ultime elezioni comunali, in seguito alle quali, nel mese di settembre 2016, il sindaco – per “premiarlo” del suo appoggio – gli ha conferito un incarico (formalmente a titolo gratuito) “… per il supporto al primo cittadino in relazione alle problematiche e alle strategie attinenti il decoro urbano e lo sviluppo strategico del territorio, nonché ai relativi strumenti pianificatori anche attraverso l’utilizzo dei fondi comunitari…”.

Eugenio Madeo

Madeo, 66 anni, vanta una lunga esperienza politico-amministrativa: quando era più giovane, in quota al Partito Comunista (!!!), è stato assessore e presidente della Provincia di Cosenza e poi, dopo la caduta del muro di Berlino, quando è nato il Pds, si è finanche seduto sugli scranni del consiglio regionale. Poi, negli ultimi anni della sindacatura di Giacomo Mancini, è passato agli incarichi di sottogoverno facendo il presidente dell’Amaco. E non è mancato un passaggio con la famiglia Gentile, quando è stato chiamato da compa’ Pinuzzu a presiedere una tragicomica commissione con la quale doveva far mangiare gli amici degli amici nel gran casino dell’edilizia sociale. Il preludio per l’ultimo incarico da vicesindaco al comune di San Nicola Arcella e infine per l’incarico di consulente “gratuito” di Occhiuto. In poche parole, l’architetto Madeo si è “girato” tutti i centri di potere e non è ancora sazio… Tanto da perdere tempo a mandare messaggi Whatsapp per far votare il suo “capo” nei sondaggi dei giornali, come scoprimmo qualche tempo fa. Che fine ingloriosa: dal Partito Comunista all’occhiocomunismo… 

EVELINA LA PATATINAEva Catizone è tra i personaggi più squallidi della cerchia occhiutiana. Il suo è uno squallore politico che non trova rivali. Evelina, altrimenti detta la patatina, per la sua propensione a presenziare ad ogni aperitivo cittadino di tipo radical chic, pur di garantirsi un certo tenore di vita, non ha perso tempo a rinnegare tutti quelli che hanno avuto un peso nella sua sconcludente vita politica. A cominciare da Giacomo Mancini senior che la volle sindaco e che non gli aveva raccomandato altro di non frequentare Nicola Adamo, passando per Toni Negri, Oreste Scalzone e Franco Piperno compagni di rivoluzione negli anni della ribellione con i soldi di babbo (riferito solo a lei). Per far fronte alla sua disastrosa situazione economica da borghese decaduta ha cercato rifugio in ogni dove, svendendo quel poco di dignità familiare che gli era rimasta per uno stipendio da “incaricata”. Infatti ha servito diversi padroni: Loiero, Adamo, fino ad arrivare allo squallore assoluto: Mario Occhiuto e Jole Santelli, ex sottosegretario alla giustizia con Berlusconi e assistente di Previti prima e di Pera poi. Insomma, una persona che non potendo più scroccare a sinistra perché sgamata, non ha perso tempo a buttarsi a destra, il tutto pur di restare stipendiata da qualcuno perché di lavorare come fanno gli altri a lei non gli passa neanche nell’anticamera del cervello, vista la nobiltà del cognome. Siamo curiosi di vedere i personaggi che inserirà nella sua lista, ricordando che l’ultima volta che Evelina ha affrontato il giudizio del popolo ha racimolato, a livello regionale, poco più di 200 voti.