Lettere a Iacchite’: “Lamezia, il vescovo Parisi e il compare Gino”

Dopo avere reso noto le nuove nomine di curia il vescovo di Lamezia Serafino Parisi si sta affannando a ripetere come un disco rotto che non vi è nessun legame con i passati vescovi. Così facendo ignora l’intelligenza dei lametini che pur essendo di memoria corta non hanno dimenticato i nomi dei preti che ricoprivano le cariche ai tempi del poco amato vescovo Luigi Antonio Cantafora, guarda caso pure lui del clero di Crotone da dove proviene anche Parisi.

Per la prima volta nella storia della diocesi lametina sono stati nominati oltre al vicario generale anche dei vicari episcopali a cui viene affidato un particolare compito. Ciò avviene nelle grandissime diocesi come Milano, Firenze, Napoli, Torino ecc. dove effettivamente la figura del vescovo e del suo vice, cioè il vicario generale, non sono in grado di occuparsi di centinaia di migliaia di anime.

La trovata di Parisi sembra un “colpo di genio” per cercare di soddisfare più brame di potere da parte del clero lametino, un pò come accaduto al tempo di Gesù quando moltiplicò pani e pesci. In questo caso però Parisi ha moltiplicato vicari e delegati col risultato di avere creato altri malumori e scissioni tra i preti: perché quello si ed io no?
Ritornando alla vicinanza con l’odiatissimo governo Cantafora, bastano questi nomi: don Giuseppe Montano ex economo, don Roberto Tomaini ex segretario, e don Aldo Figliuzzi ex cancelliere.

Le new entry– si fa per dire – sono don Leonardo Diaco ex pupillo del compare Gino, e don Marco Mastroianni (compagno di merenda di don Diaco), fresco della recente rinuncia a segretario del Nunzio Apostolico in Africa, giovane prete molto quotato in Vaticano con cui Parisi ha voluto strafare dandogli il doppio compito di cancelliere e di segretario personale. Un modo per sdebitarsi con don Mastroianni delle buone parole spese a suo favore quando è stato proposto per succedere a monsignor Schillaci, oppure per avvalersi delle sue conoscenze nella curia romana in vista di un agognata promozione tra qualche annetto?
Tutti uomini del compare Gino, a parte lo sciapito don Isidoro Di Cello inizialmente proposto quasi all’unanimità come il vicario generale ideale per riappacificare le fazioni tra i preti. Parisi lo ha invece nominato soltanto vicario episcopale per il clero.

Ma allora che ci sta a fare don Tommaso Buccafurni ormai quasi 75enne nel ruolo di vicario generale? Un cane di paglia secondo molti creato da Parisi per depistare dal vero vicario e cioè il vendicativo e bi-umorale don Diaco nemico mortale del precedente vicario generale don Pino Angotti. Quest’ultimo come era nell’aria da tempo è stato silurato assieme a don Andrea Latella e a padre Bruno Macri uomini vicinissimi al precedente vescovo Schillaci e che meritavano una riconferma. Insomma oltre al ritorno al passato è seguita pure la vendetta, alla faccia del Vangelo. Davvero salato il conto presentato dal compare Gino al suo comparuccio Serafino per farlo diventare vescovo di Lamezia.

Che delusione visto che Parisi era dipinto come uomo di polso indipendente ed autonomo ed invece anche lui ha dovuto bassare la testa per ringraziare il suo padrino. In realtà compare e comparuccio ci avevano già provato nel 2019 ma poi è spuntato il nome di Schillaci che hanno fatto di tutto per farlo rientrare in Sicilia.

Ma il buon Serafino non si sta affannando solo per convincere i lametini che lui non dipende dal suo compare Gino, ma si sta preoccupando con un bombardamento di comunicati stampa di fare vedere tutte le sue uscite pubbliche in risposta a quanti chiedevano nei primi due mesi che fine aveva fatto. C’è chi sostiene che tutta questa pubblicità gli serve per fare vedere a Roma che lui non è un vagabondo. Ma alla gente non gliene frega niente delle sue visite, perché lo vorrebbe in piazza alle manifestazioni pubbliche, alle presentazioni di libri e sopratutto nelle case dei laici magari accettando un invito a cena per sentire quali sono i reali problemi delle persone. Ed invece il comparuccio Serafino dice sempre a tutti no.

Spesso non risponde ai messaggi e alle telefonate sia dei laici che dei preti che hanno a disposizione un numero riservato. E’ più facile farsi ricevere da Papa Francesco che da lui. E quando risponde resta sempre nel vago e rimanda alle calende greche gli appuntamenti.
Il confronto con Schillaci è pauroso, Parisi non tira. Fa il vescovo come se fosse ancora un professore di seminario. Basta vederlo nelle foto che vengono girate alla stampa in cui è sempre seduto ad un banco o ad un tavolo mentre parla ai presenti come se si trova a scuola davanti agli alunni.

La voglia di rispondere al telefono gli viene solo durante o alla fine delle sue conferenze. Spesso interrompe il discorso per dare un occhiata al telefonino. Fa lo stesso alla fine delle conferenze con la gente spiazzata che non riesce ad avvicinarsi perché tutto concentrato a scrivere sul telefonino e poi è scostumatezza interromperlo.
Durante i ritiri monsignor Parisi ripete sempre che se qualcosa non va in lui bisogna dirglielo. Noi lo facciamo pubblicamente perché tanto in privato non risponde oppure se sente fa orecchie da mercante.

Lettera firmata