Naufragio di Cutro. Il pm: “La Finanza vide la barca, ma non la segnalò”

Cutro, pm: “La Finanza vide la barca, ma non la segnalò”.

La notte del 26 febbraio morirono 94 migranti: perquisite le sedi di Gdf e Guardia costiera: 6 gli indagati. “Falsi nel giornale di bordo delle Fiamme Gialle”.

di Antonio Massari e Lucio Musolino – Il Fatto Quotidiano

Sei indagati per la tragedia di Cutro. Era l’alba del 26 febbraio: 94 migranti morivano per il naufragio del caicco “Summer Love”, schiantatosi in una secca a un chilometro dalla costa calabrese, nonostante Frontex, diverse ore prima, avesse segnalato alle autorità italiane l’arrivo dell’imbarcazione. Il Fatto, nei giorni immediatamente successivi, aveva già individuato parecchie anomalie nella catena dei soccorsi. L’inchiesta della procura di Crotone, condotta dai carabinieri del Comando provinciale, che ieri ha disposto una serie di perquisizioni a ufficiali di guardia di finanza e guardia costiera, ne ha individuate altre e anche parecchio inquietanti. Tra gli indagati delle Fiamme Gialle si contano il comandante del Reparto operativo aeronavale, tenente colonnello Alberto Lippolis, il luogotenente Antonino Lopresti (anche lui in servizio al Roan di Vibo Valentia) e il tenente colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Gli altri tre indagati sono i loro omologhi della Guardia Costiera. Perquisiti – ma non indagati – anche il comandante della vedetta V 5006 Pasquale Lombardo e il comandante del pattugliatore “Barbarisi” Massimiliano Ricciolo.

A tutti è stato chiesto di consegnare agli investigatori i cellulari e tutti i dispositivi utilizzati per le comunicazioni. La Procura dopo aver analizzato per mesi i documenti s’è convinta che più di un elemento non torna. Soprattutto nelle relazioni consegnate dalla Gdf e e Cp. Intanto, che su quell’imbarcazione navigassero dei migranti, al Comando generale della Guardia Costeria era chiaro sin dalle 23:30, 20 minuti dopo la segnalazione di Frontex, poiché veniva predisposto un fascicolo” che classificava l’evento come “migratorio” e aveva allertato la Direzione marittima territorialmente di Reggio Calabria, senza particolari indicazioni”. Nonostante le previsioni meteo fossero parecchio avverse. Va precisato che alla CP spettano i soccorsi mentre alla Gdf tocca intercettare e arrestare gli scafisti.

Passiamo quindi alla Gdf.
I documenti dimostrano che l’operatore di turno, il luogo tenente Antonino Lo presti, di concerto con il comandante del Rosanna di Vibo Valencia, il tenente colonnello Alberto Lippolis, disponeva l’impiego della motovedetta V 5006 per l’intercetto del natante segnalato”. Da qui in poi iniziano le anomalie. Il decreto cita una telefonata (registrata sul server del Mrsc di Reggio Calabria) e intercorsa tra l’operatore del Roan della Gdf e il capo turno della sala operativa della Cp. Quest’ultimo riferisce che può allertare una unità dispiegata a Crotone o, in alternativa un’altra motovedetta che si trova a Roccella Jonica. Il collega finanziere però gli fornisce “rassicurazioni” e alle 23.49 lo informa che sarebbe stata impiegata “la vedetta 5006”. Bisognerà comprendere il senso di queste rassicurazioni posto che, per i soccorsi, è la Cp che deve decidere in autonomia se e quando muoversi. La Procura scopre però, stando a un’annotazione redatta dal comandante, che in quel momento la motovedetta non era “in navigazione” alla ricerca del caicco: “Si trovava in realtà – scrivono i pm – all’interno del porto di Crotone”. Ne uscirà poco dopo salvo rientrare per fare carburante: per raggiungere il target sarebbero state necessarie infatti 7/8 ore di navigazione.

Ma le anomalie continuano. Questa volta riguardano “le modalità di redazione del ‘Giornale di Chiesuola’” che “inducono a ritenere che le circostanze presenti alle pagine 37, 38, 39 e 40, verificatesi in momenti antecedenti al disastro, quindi in una situazione non di emergenza, siano state annotate successivamente ai fatti”.
Dal decreto emerge che quella notte i finanzieri “hanno utilizzato per le comunicazioni anche i telefoni privati” e i carabinieri non hanno trovato “alcuna traccia audio” sul loro server. Ma soprattutto: s’è scoperto che il loro radar aveva agganciato il natante alle 3:34 ma 24 minuti dopo, la sala operativa del Roan, riferisce alla capitaneria di porto di Reggio Calabria: “Anche noi dal… dal radar al momento non battiamo nulla”. E la procura vuol capire il perché di questa “mancata comunicazione”.

“Oltre cento morti reclamano questa verità”, commenta l’avvocato Francesco Verri che assiste le famiglie dei migranti morti. “Le indagini stanno procedendo spedite verso il traguardo. Avremo un processo per la strage, è poco ma sicuro. Lo Stato ha responsabilità evidenti e la Procura di Crotone le accerterà per portare chi ha sbagliato davanti al giudice”.