‘Ndrangheta a Roma, arrestata la figlia di Vincenzo Alvaro: minacciava gli amministratori giudiziari

Se gli arresti dello scorso maggio hanno svelato l’organigramma della prima “locale” di ‘ndrangheta autorizzata e ufficialmente investita dalla “casa madre” per operare a Roma, il blitz di questa mattina punta al braccio imprenditoriale dell’organizzazione mafiosa.

Sono 26 le persone arrestate tra Roma, Calabria e Agrigento. Farebbero parte della ‘ndrina romana “radicata sul territorio della capitale, finalizzata ad acquisire la gestione o il controllo di attività economiche nei più svariati settori (ad esempio ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti), facendo poi sistematicamente ricorso ad intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività e di numerose ipotesi di attribuzione fittizia di valori”, dicono dalla Dia.

Dal commercio ittico ai panifici passando per le pasticcerie e le attività che si occupano di ritiro degli oli esausti. Il controllo del territorio sarebbe stato fondamentale per l’organizzazione che ripuliva denaro sporco attraverso beni intestati fittiziamente a prestanome. L’obiettivo è sempre lo stesso: “Commettere delitti contro il patrimonio e l’incolumità individuale, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio”.

Tra i 26 arrestati anche Carmela Alvaro, la figlia di Vincenzo Alvaro, il boss della ‘ndrangheta che credeva di essere “Il Papa” (https://www.iacchite.blog/ndrangheta-a-roma-chi-sono-i-boss-romani-alvaro-e-carzo-sei-arrivato-al-centro-sei-come-il-papa/). La donna terrorizzava e minacciava gli amministratori giudiziari nominati dopo l’inchiesta Propaggine che aveva portato agli arresti e ai sequestri del maggio scorso. Uno era stato persino chiuso dentro uno sgabuzzino. Altri la donna li avrebbe cacciati via quando erano arrivati nel bar di Primavalle, Er Barone, che aveva avuto una parte sequestrata e una no. Ma erano stati cacciati anche dagli altri bar e pasticcerie gestiti dai prestanome della ‘ndrangheta, tutti fedeli alla Provincia che si era costituita a Roma.

Il nome di Vincenzo Alvaro è legato al Caffè de Paris di via Veneto. Finito nelle sue mani e poi sequestrato. Anche in quel caso gli amministratori giudiziari trascorsero momenti di paura. Trovavano dei lumini accesi, venivano minacciati. La storia si ripete, certe abitudini non si cambiano. Fonte: Repubblica