Praia, insabbiamento Isola di Dino: la proposta di intervento di Italia Nostra

Praia a Mare-Insabbiamento isola di Dino
Questo il documento elaborato da Italia Nostra nel 2019 ed inviato alle varie amministrazioni locali e regionali. Lo pubblichiamo per chiunque sia interessato alla questione all’indomani della forte denuncia che ha attirato l’attenzione generale in questi ultimi giorni (https://www.iacchite.blog/praia-italia-nostra-isola-dino-addio/).

 

Illustrazione e proposta di intervento in relazione al fenomeno dell’insabbiamento dell’Isola Dino di Praia a Mare.

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L’attuale istmo, in parte sabbioso, in parte roccioso, formatosi tra il “Capo Arena” e la scogliera posta sul lato orientale dell’Isola (di) Dino, rischia di provocare, a breve, la pressoché completa saldatura dell’isola con la terraferma, trasformando l’isola in una penisola facilmente accessibile. Il fenomeno prelude al potenziale, completo insabbiamento, nel tempo, del suo intero perimetro occidentale ed alla conseguente, assai probabile, “antropizzazione spinta” di un luogo quasi incontaminato, in grado di annullare molte delle eccezionali prerogative di questo antico giardino della natura, una volta che il passaggio sia stato reso più facile e rapido dalla presenza del “ponte” venuto così a costituirsi. Il problema  si presenta  come una priorità assoluta. Che fare?

Premessa

L’Isola Dino, che con i suoi 38 ettari è la più grande isola della Calabria, posta sulla parte costiera meridionale del territorio del comune di Praia a Mare, è stata da tempo qualificata, dall’Unione Europea, Sito di Interesse Comunitario (SIC) ed ora anche Zona Speciale di Conservazione (ZSC) .

Essa fa parte integrante, insieme allo specchio d’acqua circostante ed a quelli limitrofi, con i relativi fondali (Fondali Isola di Dino – Capo Scalea), dell’Ente  Parchi  Marini Regionali,  non ancora reso operativo.

Il luogo è assai noto, almeno a livello nazionale, e fa parte del più ampio scenario naturalistico ed ambientale, interregionale, del Golfo di Policastro di cui chiude la mezzaluna costiera a sud, del Parco Nazionale del Pollino ad est/ nord–est, e del Parco Nazionale del Cilento che continua verso nord lo stesso Golfo che abbraccia alcuni dei più bei litorali d’Italia.

Al centro di questa meravigliosa area si trova l’Isola Dino, che richiama, con il suo profondo fascino e la sua naturale imponenza , numerosi turisti e visitatori in tutta la zona.

È l’Isola, in particolare, oggetto di grande interesse e di viva curiosità, meta privilegiata di numerose e continue visite. Tuttavia, ad oggi, è possibile effettuare soltanto escursioni in barca attorno al suo perimetro o visite nelle sue grotte durante il periodo estivo. Ciò non dimeno, basta a qualificarla come un incomparabile “gioiello” della natura.

E questo, sia per la sua complessiva “presenza”, unica e spettacolare, che incombe sulla spiaggia antistante, separata da questa da un breve tratto di mare, sia per le grotte che si aprono numerose  sulle sue falesie rocciose, anche sotto la superficie del mare, sia perché essa è la sede di alcune rarissime specie botaniche, come ad esempio la “Primula di Palinuro” (“Primula palinuri”) ed il “Garofano delle Rupi” (“Dianthus rupicola”), presenti, insieme a molte altre specie vegetali e animali, soltanto in questo posto.

L’insieme naturale si presenta, dunque, come un luogo privilegiato, dove si respira un’atmosfera tutta speciale, malgrado gli interventi edilizi  dei decenni scorsi (ormai tutti in grave stato di abbandono e di profondo degrado), i quali costituiscono l’altro reale pericolo  per la sua integrità naturalistica.

L’Isola Dino ha sempre conservato i suoi tesori difendendosi dall’incalzare del tempo come luogo che risulta, nello stesso tempo, a portata di mano ma difficilmente accessibile. E questo per molte ragioni, ma soprattutto e primariamente, per la sua stessa natura di isola, cioè di luogo “isolato”, idealmente e praticamente, non facilmente accessibile per sua stessa definizione.

E tuttavia, oggi più che mai, si avverte l’esigenza di rendere il suo incantesimo più vicino e disponibile,  pur con tutte le cautele possibili, al fine di non farlo svanire per sempre.

Da questo punto di vista già la qualificante dichiarazione di area di specifico interesse, espressa nei suoi confronti dall’Unione Europea, e l’attenzione dimostrata dagli organi di governo regionali, che l’hanno dichiarata il centro ideale di un vasto parco marino, rappresentano precise indicazioni in tal senso, poiché contengono non solo una  raccomandazione alla salvaguardia ed al rispetto complessivo di tutti questi luoghi, ma implicano anche uno specifico “status” giuridico, che ne subordina la fruizione all’osservanza di alcune specifiche regole di salvaguardia.

Nonostante tutto questo, però, l’Isola Dino non si lascia, in questo momento, nemmeno toccare da piede umano.

Infatti, ai sensi dell’ordinanza comunale n. 80/2015, l’accesso all’isola risulta completamente inibito, e tutto lascia intendere che tale divieto è destinato a rimanere in vigore, almeno fino a quando non verranno  eseguiti tutti quei lavori che la possano rendere luogo non solo idoneo ad una visita, ma anche protetto e sicuro, dopo la rimozione di alcune antiestetiche macerie e rifiuti. Solo allora, sarà possibile la visita a piccoli gruppi di persone con la realizzazione, altresì, di aree di rispetto che limitino sconfinamenti inopportuni e movimenti inappropriati delle persone, tramite l’istituzione di appositi divieti e specifici impedimenti.

E questo per evitare di sciupare l’ambiente ed evitare i pericoli, anche molto gravi, che la natura particolare e scoscesa del luogo innegabilmente comporta, soprattutto per chi si avventurasse sui suoi alti bordi. Tutto questo, infine, sotto l’attento controllo di personale  adeguato e specificamente preparato a questo compito.

Attualmente, dunque, se si esclude lo splendido giro delle sue grotte, nemmeno esso, per la verità, adeguatamente disciplinato e tutelato, come previsto e richiesto dalle misure di  conservazione appositamente predisposte dalla Regione Calabria,  non esiste sull’Isola nulla di tutto ciò a cui abbiamo accennato.

Quando l’Isola tornerà di nuovo visitabie, ci auguriamo quanto prima, ciò rappresenterà  un evento  del tutto speciale sia dal punto di vista emotivo che dal punto di vista naturalistco e storico, data la presenza di antiche architetture religiose, poi diventate strutture di avvistamento e di difesa militare al tempo del cinquecentesco Vicereame spagnolo.

È proprio questa difficoltà  di accesso, ciò che ha creato, fin da tempi remotissimi, quel fenomeno di vera e propria “segregazione biologica”, che rende ancora possibile la presenza su di essa di quelle specie rare e particolari che andrebbero inevitabilmente perdute nel caso di un fin troppo facile e caotico accesso, qualora questo fosse reso possibile dalla soppressione del breve braccio di mare, che oggi la salvaguarda e la rende immune da ogni scempio.

Il fenomeno dell’insabbiamento

Dopo aver precisato il fatto che, senza le precedenti, indispensabili premesse, non si sarebbe pienamente compresa la portata del danno ambientale che stiamo prospettando, dobbiamo ora aggiungere che da molti anni, come dimostrano le fotografie allegate, proprio la superficie del bacino che separa l’isola dalla terraferma si è andato progressivamente riducendo, a causa del continuo fenomeno di insabbiamento che lo ha interessato.

Ciò è stato causato dal fatto che il trasporto continuo della sabbia, esercitato anche dalle correnti marine ma soprattutto dalle forti mareggiate, si è arrestato sempre contro l’ostacolo naturale rappresentato dalla fitta barriera di scogli che chiude il lato meridionale di questo specchio d’acqua, con il risultato del progressivo deposito di sabbia nel canale posto sul lato orientale degli scogli, che una volta separava molto ampiamente questa barriera dalla spiaggia.

Si è così ridotto sempre di più, fino alla sua quasi  definitiva scomparsa, l’ampiezza di questo canale naturale di drenaggio e, conseguentemente, anche il deflusso dell’acqua e della sabbia dal bacino. Deflusso che era garantito esclusivamente da quest’unica via d’uscita.

Secondo la memoria storica delle persone più anziane di Praia, la linea di costa, dal momento della loro infanzia (quindi più o meno in un arco di settant’anni), sarebbe avanzata in quel punto di varie decine di metri.

Costoro segnalano che una volta l’acqua del mare arrivava fino all’attuale parcheggio delle automobili prospiciente “Capo Arena”, ciò che allora rendeva il canale, che si è ristretto più recentemente e di cui abbiamo prima parlato, un’apertura tanto ampia, verso la successiva scogliera di Fiuzzi, tale da garantire  l’equilibrio di tutto il sistema.

Questo fenomeno ha trasformato, nel tempo, quello che una volta era un bacino molto più ampio, naturalmente drenato ed equilibrato dal fluire delle acque insieme alla sabbia, ed ha così accelerato, proprio negli ultimi tempi, con un andamento rapido quasi visivamente percepibile, il fenomeno stesso, tale da indurre la stesura della  presente relazione.

Probabilmente, aggiungiamo, questo non sarebbe accaduto affatto, se in passato si fosse sistematicamente proceduto a dragare la sabbia in eccesso, conservando, in tal modo, quell’ampio iato che un tempo esisteva e che, separando dalla spiaggia l’ostacolo rappresentato dagli scogli, avrebbe permesso ai flussi marini di oltrepassarlo tranquillamente, ed evitando con questo anche quel facile deposito del materiale sabbioso sul fondo del bacino antistante, quale causa prima del fenomeno sopra descritto.

In assenza di ciò, si è ora resa possibile la formazione di quel vero e proprio “tappo” che ripete la caratteristica forma di una coda di scorpione, ben visibile su quasi tutte le fotografie allegate, e che ormai termina ben oltre l’inizio della barriera formata dagli scogli.

Per dare una connotazione maggiormente tecnica a quanto detto e rendere meglio percepibile il fenomeno dell’insabbiamento esposto, è possibile considerare le variazioni della linea di costa, relativa al Comune di Praia a Mare, per una lunghezza di circa 5 km, verificatesi dal 1871 al 2001.

Le variazioni storiche del litorale, ottenute confrontando i rilievi cartografici del 1871 con quelli del 1908 e del 1955 , evidenziano un avanzamento della linea di riva, lungo quasi tutto il tratto di costa, nel primo periodo (1871-1908), e un arretramento del solo tratto settentrionale nonché un accentuato avanzamento nella parte restante, a testimonianza della deriva dei sedimenti lungo riva in direzione NNW-SSE, nel secondo periodo ( 1908-1955).

Le variazioni  più recenti, ottenute  confrontando i rilievi aerofotogrammatici eseguiti tra il 1955 e il 1984 e tavole riportanti l’evoluzione della linea di costa nel periodo di tempo 1954-2000 allegate all’ex P.R.G. Comunale, confermano la tendenza evolutiva della costa mostrando nel periodo 1954-1981 un consistente avanzamento della spiaggia  con valori variabili tra i 5 metri al confine settentrionale con Tortora e 90 metri in corrispondenza dell’isola di Dino, con un rallentamento della dinamica dagli inizi degli anni ottanta (circa 25 metri).

Dall’analisi emerge una tripartizione della costa: a nord, un primo tratto  in erosione lambisce il comune di Praia a Mare ma interessa prevalentemente i comuni di Tortora e Maratea; al centro, un secondo tratto in equilibrio; a sud un terzo tratto in avanzamento fino all’isola di Dino .

In tale ultimo tratto, l’effetto ondoso ripascitivo e non più eriosivo continua ancora oggi a determinare l’avanzamento della spiaggia con le notevoli e preoccupanti conseguenze già ampiamente illustrate.

Il fenomeno, si pensi, si è prolungato fino ad abbassare la profondità dell’acqua ad un livello tale da renderne facilmente visibile il fondo, ciò che è causato, nel frattempo, anche dalla presenza su di esso dei “corpi morti”, cioè di quei grossi blocchi di cemento, depositati sul fondo stesso, che permette l’ancoraggio dei natanti.

Questi corpi morti  sono presenti in numero ingente nel “ridosso” dell’Isola, a causa dei numerosi ancoraggi, posti in questo specchio d’acqua, che hanno tenuto banco per molti anni, malgrado l’istituzione dell’area SIC, e ancora oggi sono purtroppo attivi. Ancoraggi che, senza sosta e di nuovo ogni anno, hanno comportato l’affondamento di  un’infinità di blocchi di cemento, provocando importanti danni anche a quella parte di praterie di posidonie presente nei fondali antistanti l’isola Dino.

In una prospettiva futura ma non certo lontana, si può ragionevolmente ipotizzare, addirittura, che l’estendersi ancora più diffuso di questo fenomeno di insabbiamento, laddove non contrastato, andrà ad interessare tutta la parte occidentale  del  perimetro insulare con la totale perdita  della biodiversità presente  nei  fondali dell’isola: un danno incalcolabile.

E questo, fino a quel completo stravolgimento dell’aspetto attuale del paesaggio, degli equilibri vitali offerti dal contatto delle rocce dell’Isola Dino con il mare, della scomparsa di tutto il suo “habitat”, favorito da un fenomeno che potrebbe comportare anche la trasformazione completa dell’Isola in un ripido promontorio emergente dalla spiaggia sottostante ad esso.

Conclusioni.

 

Il fenomeno che abbiamo appena descritto non lascia spazio, per la sua delicatezza e complessità, ad interventi improvvisati od estemporanei.

È chiaro che bisognerà necessariamente approfondire ancora, molto più di quanto indichino le nostre considerazioni, che si concretizzano in una sintetica, seppur esauriente, esposizione del fenomeno, e nella successiva proposta, ora, di alcune linee guida fondamentali, ancora indicative, destinate a risolvere il suddetto problema.

L’evidenza di una giusta cautela, quindi, richiama fortemente il nostro senso di responsabilità ad uno studio molto  accurato, ad un intervento lucido, qualificato ed anche ad un impatto, su tutto l’ambiente, assai  prudente ed il più delicato possibile.

Occorrerebbe, dunque, un coordinamento lungimirante e  fattivo tra gli Enti interessati, per ottenere la necessaria affidabilità operativa e l’indispensabile disponibilità economica.

Ci viene da pensare, in prima battuta, ad un’incisiva e consistente operazione di dragaggio che, attraverso il ripristino del canale originale, possa restituire equilibrio ad un sistema naturale in via di compromissione. Ma non è detto che questa sia l’unica operazione possibile.

Sarebbe opportuno e necessario, quindi, uno specifico, attento e sollecito intervento sulla  problematica evidenziata a partire dall’ Autorità Regionale. Nello stesso tempo, auspichiamo la condivisione e l’interessamento alle nostre proposte anche da parte di quanti altri fossero convinti di farlo, tra i quali citiamo, ad esempio, il  Comune di Praia a Mare che però non ha posto tale questione nella sua programmazione futura.

Non possiamo, quindi, che sollecitare tutti coloro che ci leggono  a condividere un’iniziativa che solo una giusta, coordinata e matura comunione d’intenti può rendere operativa ed efficace.

Di solito, i documenti che stiliamo si concludono con un doveroso appello alla condivisione ed alla partecipazione che, mentre lo facciamo, ci chiediamo se verrà raccolto o rimarrà lettera morta. Tuttavia l’esperienza ci ha già più volte dimostrato che, alla prova dei fatti, l’indifferenza viene molto spesso sopravvalutata, se è vero che si è già più volte verificata l’evidenza che esistono molte autorevoli orecchie disposte ad ascoltarci ed anche molta buona volontà disposta a sostenerci nelle nostre iniziative.

Italia Nostra, Sezione “Alto Tirreno Cosentino

Praia a Mare, il 29.05.2019