Quando (don) Magorno sfilava contro le navi dei veleni

A PROPOSITO DI NAVI DEI VELENI, di giornalisti e magistrati

di Francesco Cirillo

La gaffe del giornalista Stefano Rizzato sulla nave della prima guerra mondiale Catania scambiata per la Cunsky (è questo che ha detto l’incauto giornalista) mentre sorvolava Cetraro ha di nuovo riaperto una ferita che riguarda l’affondamento di navi tossiche nei mari del Mediterraneo. Una ferita aperta, durata però poche ore, in quanto immediatamente è partito all’attacco quel partito dei rassicuratori che si è formato, sin da subito dopo la manifestazione di Amantea del 24 ottobre del 2009, per affossare qualsiasi inchiesta sulle navi dei veleni, appoggiato dal governo Berlusconi e dal dirigente nazionale della DDA Piero Grasso. Al partito dei rassicuratori si affiliò immediatamente il pm Francesco Greco, allora nella Procura di Paola, che dopo una memorabile inchiesta durata anni sulla Jolly Rosso ha dovuto ammettere di avere avuto un’allucinazione e confessare di aver sbagliato tutto  sin dall’inizio. A queste affermazioni rimasero  interdetti e stupiti non solo l’opinione pubblica e gli ambientalisti che lo avevano sin dall’inizio appoggiato, ma anche lo stesso Presidente della Commissione parlamentare d’Inchiesta sul traffico dei rifiuti, Gaetano Pecorella (ed è quanto dire) allorchè lo interrogò sull’inchiesta da egli stesso fatta.

Ma il primo affossatore e affondatore di navi, fu un altro magistrato, Domenico Fiordalisi e l’affossamento si verificò nel dicembre del 1990. A seguito dello spiaggiamento della nave, la Procura di Paola affidò a Fiordalisi l’inchiesta che subito l’archiviò dopo solo due mesi dal suo spiaggiamento. Tutti sapevano che quella Motonave Rosso era conosciuta come “nave dei veleni”. Solo un anno prima, la motonave, era stata noleggiata dal governo italiano per trasportare rifiuti tossici dal Libano fino in Italia. Rifiuti che erano stati illegalmente portati in Libano durante la guerra civile e che, in seguito, il nuovo governo non volle più.

Domenico Fiordalisi

Nel porto di Beirut, in quell’anno, secondo gli stessi rapporti dei servizi segreti, poi desecretati, quattro erano le navi lì ancorate: la Yvonne A , la Voriais Sparaidis, la Cunsky, e la Jolly Rosso. I viaggi di quelle navi restano un mistero ma guarda caso le altre tre navi  erano proprio quelle che il pentito Fonti aveva poi asserito di aver affondato nel mediterraneo.

Da qualche mese sappiamo anche che la Cunsky non venne smantellata in India, ad Alang, come la ministro Prestigiacomo aveva detto.

Il gip Fiordalisi, non sapeva che la Jolly Rosso fosse una nave sospetta e che quindi avesse bisogno di una maggiore attenzione? Sulla frettolosità della chiusura di quella breve inchiesta ne parla anche in un’audizione lo stesso presidente Gaetano Pecorella.

La famosa “pistola fumante”, nelle mani degli inquirenti venne quindi immediatamente distrutta dopo solo tre mesi dallo spiaggiamento. Eh sì, ricordiamolo. Quella nave non doveva spiaggiare. E’ stato un caso che la portò davanti il fiume Oliva ed a Campora San Giovanni. La nave doveva affondare davanti Lamezia Terme, dove già era affondata la nave Mikigan. La prima inchiesta diede quindi il colpo finale a tutta la vicenda. Questi due magistrati, Fiordalisi e Greco, vennero allontanati dalla Procura di Paola per altri motivi e subentrò a loro il procuratore Bruno Giordano che subito aprì le inchieste sulla Marlane e sulla Cunsky credendo nelle dichiarazioni del pentito Fonti. Sulla Marlane si assolsero tutti gli indagati, sulla Cunsky si pensò di affidare tutto alla DDA pur di toglierla alla Procura di Paola. E Grasso venne premiato con un posto al Senato.
Ora, che dopo la telecronaca del Giro d’Italia al partito dei rassicuratori si iscrivano partiti tradizionali legati notoriamente alla mafia ed al parassitismo politico ci sta, ma che anche grillini della ultima ora, appena eletti quali Misiti e Orrico, corrano nell’agone politico del silenzio non va assolutamente bene.

Che il senatore Magorno faccia un’interrogazione parlamentare sulle navi dei veleni ci sta pure, siamo abituati ai suoi repentini cambi di idee. Ricordiamo che il senatore Magorno da sindaco di Diamante nel 2009 partecipò con tanto di gonfalone del Comune alla manifestazione di Amantea contro le navi dei veleni (vedi foto di copertina che lo ritrae ad Amantea assieme al sottoscritto). Qualche giorno dopo ecco il contrordine, partito da Grasso e da Oliverio, allora presidente della Provincia che rinnegarono tutto. Ad Oliverio fu impedito dalla piazza di Amantea di parlare dal palco, e quando si fece il suo nome venne sommerso dai fischi. Erano entrati nel partito dei rassicuratori seguiti a ruota dall’allora sindaco di Cetraro Aieta, ora consigliere regionale, che li invitò a mangiare una frittura di pesce in un noto ristorante del porto di Cetraro a dimostrazione, a detta loro, che il pesce era fresco e non inquinato dalle radiazioni della nave.

Non credo che lo facciano quelli della Capitaneria di Porto dal momento che loro stessi vietarono con un’apposita ordinanza la pesca nello stesso luogo individuato della nave Cunsky in quanto da prelievi fatti risultava la presenza di cadmio, arsenico e altro materiale altamente tossico.

Detto questo, quindi, cari onorevoli Misiti e Orrico, prima di sparare interrogazioni parlamentari sulle navi dei veleni informatevi bene. Non dico di parlarne con me, noto sovversivo, ma parlatene con la Legambiente, col WWF, con Greenpeace, leggete i libri di Bocca e di altri giornalisti d’inchiesta fatti sull’argomento, parlatene con i tanti giornalisti della RAI come Lucarelli che sull’argomento hanno fatto servizi meravigliosi e subito dopo fate interrogazioni parlamentari, non per lamentarvi di un giornalista che bene o male ha fatto il suo lavoro, ma per far riaprire le inchieste sulle navi dei veleni e sulla Cunsky in particolare, affidandone il caso a magistrati coraggiosi e certamente fuori dai circuiti calabresi.