Regione: “Individuare siti per nuove discariche”. Si teme per Rende/Castrolibero

Regione Calabria: “Individuare i siti per nuove discariche”. Si teme per Rende/Castrolibero

A poco più di un anno di distanza dagli slogan «rifiuti zero» e «discariche zero» fissati nel nuovo Piano Regionale dei Rifiuti, la Regione Calabria si rimangia tutto, ed ora è alla ricerca di nuovi siti dove realizzare l’impiantistica regionale per il trattamento dei rifiuti urbani e le relative “discariche di servizio”. Il tutto rischia di aggirare la normativa europea in materia di rifiuti. A rischio la salute di migliaia di calabresi.

di Matteo Olivieri

I comuni della provincia di Cosenza, compresi nell’Ambito Territoriale Ottimale 1 (ATO 1), hanno 15 giorni di tempo per decidere sulla localizzazione dei siti di stoccaggio dei rifiuti da adibire a discariche di rifiuti urbani,altrimenti a decidere sarà la Regione. E’ questo il senso della lettera inviata il 1 settembre 2017 dal dirigente generale dalla Regione Calabria, Domenico Pallaria, ai sindaci della provincia di Cosenza. Entra così nel vivo il complesso iter procedurale connesso ala implementazione del Piano Regionale dei Rifiuti, che diversamente dagli annunci in pompa magna dei mesi scorsi, moltiplica la presenza di discariche e del ricorso alla termovalorizzazione in ogni angolo della Calabria.

Poco più di un anno fa, a febbraio 2016, il Governatore Mario Oliverio annunciava l’inizio di «una nuova era nel trattamento dei rifiuti».

Per come trapelato dalla stampa locale, la lettera indirizzata ai sindaci richiede di ottemperare alla richiesta di individuazione di uno o più siti, in modo tale da soddisfare «la domanda di trattamento corrispondente alla produzione dell’area Cosenza-Rende e della fascia tirrenica» (pari a 400.000 tonnellate), più le relative discariche di servizio «per una volumetria stimata di circa 30.000 tonnellate/anno». Il tutto, sebbene motivato con l’obbligo di aumentare la percentuale di raccolta differenziata nelle nostra regione al livello del 65% entro la fine del 2020, apre di fatto la via alla produzione di energia elettrica dai rifiuti su scala regionale, e – con esso – al solito giochino della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite per i cittadini.

Infatti, una volta a regime (entro la fine del 2018), l’impiantistica regionale basata sugli ecodistretti, potrà contare su «l’impianto di Rossano (Bucita) a servizio dell’ATO 1; l’impianto di Catanzaro (Alli) a servizio degli ATO 2, 3 e 4; l’impianto di Reggio Calabria (Sambatello) a servizio dell’ATO 5». Inoltre, saranno di supporto alla gestione dei rifiuti urbani anche l’impianto già esistente di termovalorizzazione di Gioia Tauro (di cui si è deciso il raddoppio, per poter essere a servizio dell’intera regione), e una serie di discariche di servizio «per lo smaltimento degli scarti derivanti dalle diverse forme di trattamento». Si potrà poi fare ancora affidamento sulle «piattaforme attualmente operative nel settore del trattamento e del recupero delle frazioni secche e umide derivanti dai rifiuti urbani» (tra cui quelle di privati), che continueranno ad operare. E, come se non bastasse, «si attiverà la ristrutturazione di tre impianti (a Crotone, Siderno e Gioia Tauro, ndr) e saranno realizzati due ulteriori nuovi impianti. In totale, ben 9 impianti sparsi in tutta la Calabria, da cui si produrrà «recupero energetico con produzione di biogas». Insomma, energia dai rifiuti.

Nel febbraio 2016, una imponente manifestazione guidata da Confagricoltura Cosenza e del comitato “Cammarata contro la riapertura della discarica di Campolescio“ ha sfilato per le vie di Castrovillari per dire NO alla riapertura della discarica.

Secondo i redattori del piano, tale rete permetterà di colmare il deficit impiantistico attuale, nel rispetto della normativa vigente, e consentirà di «assicurare il soddisfacimento della domanda di trattamento per i rifiuti urbani, anche in situazioni di emergenza conseguenti alla disattivazione accidentale di uno degli impianti già realizzati, ovvero in periodi di picco estremo nella produzione di rifiuti, quali sono stati in passato i mesi estivi di alcuni anni».

Ma, proprio sui «due nuovi impianti da realizzare» sorgono i dubbi maggiori. Infatti, il Piano Regionale dei Rifiuti non li indica esplicitamente, ma dice che sono «da individuare», secondo alcune linee guida. In particolare, un impianto dovrà essere «a servizio dell’ATO 1» (Cosenza), da ubicare in un’area della provincia di Cosenza Nord che sarà stabilita dalla Comunità d’ambito, ed un altro «nell’area ASI di Lametia Terme a servizio dell’ATO 2 e 4, in sostituzione di quello esistente, che rimarrà operativo esclusivamente nella fase transitoria, per poi essere smantellato con la bonifica dell’area di ubicazione». Ebbene, proprio nei giorni scorsi, la citata lettera del dirigente generale della Regione Calabria ha ulteriormente specificato i requisiti che tali siti dovranno avere, ovvero: «non essere troppo distanti dai bacini di produzione», «essere facilmente raggiungibili con la viabilità esistente», «avere un’estensione di 3-4 ettari», ed essere esenti da vincoli inibitori».

Il fabbisogno regionale di rifiuta da smaltire nelle 5 province calabresi è stimato in 1,9 milioni di tonnellate in 10 anni dall’entrata in vigore del nuovo Piano Regionale dei Rifiuti. Di questi, 400.000 tonnellate si riferiscono all’ATO1.

In provincia di Cosenza, i principali indiziati sono i siti di Cammarata (Castrovillari), nel cuore del distretto agroalimentare di qualità della Piana di Sibari, e – soprattutto – le due discariche adiacenti nei Comuni di Rende e Castrolibero, dentro l’area urbana di Cosenza, le cui amministrazioni – in passato – si erano dette disponibili alla riapertura in cambio di soldi, nonostante la ferma opposizione di associazioni e comitati cittadini. Le caratteristiche del sito “da individuare” destano per la verità qualche sospetto. Infatti, la discarica di Castrolibero ha una capienza residua di 30.000 tonnellate (che si presta quindi a diventare la discarica di Rifiuti Urbani per l’area urbana Cosenza-Rende), mentre quella adiacente di Rende, che ne potrebbe ospitare fino a 500.000 tonnellate, si candida a diventare così la «discarica di servizio» per l’intera provincia di Cosenza-Nord. Infatti, la capienza del sito del Comune di Rende è coerente con il «fabbisogno di discariche» stimato in 400.000 tonnellate per i primi dieci anni dalla realizzazione del nuovo assetto impiantistico nell’ATO1. L’unico inconveniente è che il sito va prima bonificato. Infatti, come si ricorderà, quest’ultima non è a norma (mancando del fondo impermeabilizzato), e nel 2016 una “fantomatica” delibera del CIPE avrebbe stanziato 10 milioni di euro per la bonifica di tale sito (4 milioni), e di quello della ex-Legnochimica (6 milioni), sempre nel Comune di Rende. Soldi però finora mai arrivati, e di cui si ignora che fine abbiano fatto.

Un vasto incendio ha interessato la vecchia discarica di Rende lo scorso 19 è 20 giugno. A seguito di tale incendio, la Procura della Repubblica di Cosenza ha posto il sito sotto sequestro in data 3 luglio. Nella foto si vedono i teloni laterali, mentre il fondo non è mai stato impermeabilizzato. La discarica non è a norma e va bonificata.

Le associazioni di protezione ambientale della Calabria hanno criticato da subito il nuovo Piano Regionale dei Rifiuti, poiché tutta l’architettura del Piano sembra contraddire il senso della normativa prevista dalla direttiva europea 98/2000sul trattamento dei rifiuti, la quale prevede all’art. 4 l’istituzione di una gerarchia dei rifiuti «quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti». Tale gerarchia serve ad incoraggiare «le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo», tenuto conto dei «principi generali in materia di protezione dell’ambiente, di precauzione e sostenibilità, della fattibilità tecnica e praticabilità economica, della protezione delle risorse nonché degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali». In particolare, la gerarchia dei rifiuti prevede: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e e) smaltimento.

In Calabria, invece, intorno ai termovalorizzatori si è costruita la strategia del nuovo Piano Regionale dei Rifiuti, mentre la direttiva europea sui rifiuti li pone al penultimo posto nella scala gerarchica. Si tratta – a ben vedere – di una scelta scellerata e antistorica rispetto agli orientamenti internazionali, che rischia di inchiodare la Calabria ad altri decenni di sottosviluppo, e che peraltro è fermamente osteggiata dalle popolazioni locali in ogni angolo della Calabria. Purtroppo, finora è stato possibile incidere poco o per nulla, ma – a questo punto – non resta che sperare in un deciso cambio di passo della politica calabrese.