Rende, i bulldozer di Manna e l’attacco volgare contro il nostro passato (di Matteo Olivieri)

RENDE |

di Matteo Olivieri

Questa casa rurale non esiste più. È stata buttata giù dai bulldozer per far posto ad un nuovo edificio in stile modernista. Da notare il pregevole arco in pietra locale che impreziosiva l’uscio di casa.

Un altro pezzo di Rende che va via per sempre e cancella pure l’idea di “Commenda”, l’istituto ecclesiastico di origini medioevali tramite cui si affidava la coltivazione di enormi superfici di terreno ad un usufruttuario secolare, che beneficiava della rendita e abitava sul posto (dato “in commendam”).

Siamo appunto in zona “Commenda”, a poche centinaia di metri di distanza in linea d’aria dal fiume Crati, lungo quello che doveva essere l’antico tragitto della Via Popilia romana.

Hai voglia a sottoscrivere Convenzioni internazionali, come la “Convenzione Europea del Paesaggio”. Hai voglia a dotarti del Quadro Territoriale Regionale a valenza paesaggistica (QTRP), di cui nessuno ha capito il senso. Tutte carte inutili alla prova dei fatti, e incapaci di opporre un freno alla ottusità di chi amministra un territorio senza essere capace di adottare misure specifiche “finalizzate a salvaguardare, gestire e pianificare il paesaggio”, come richiesto dalle norme di settore.

È in atto un attacco subdolo e volgare contro il nostro passato, contro il paesaggio inteso come “patrimonio comune intangibile”. Stravolgere il paesaggio vuol dire impoverire la qualità di vita delle persone. Una vera e propria “tassa patrimoniale” occulta di cui ci si accorgerà in futuro.

Ovunque in Italia le case rurali vengono riconvertite e valorizzate, per diventare occasioni di sviluppo economico locale. Qui invece le abbattono, salvo poi dirti che dobbiamo prendere a riferimento altre parti d’Italia più avanzate di noi.

Denunciare è doveroso ma non basta. Serve prendersi cura in prima persona della propria città. Chi non capisce queste cose, non è degno di rappresentare una città.