Salvini e Silvio soli: con Meloni non c’è accordo su niente

BERLUSCONI-COSTANZO 2002

(DI GIA.SAL. – Il Fatto Quotidiano) – “Se le premesse sono queste, ha ragione chi dice che il governo cadrà dopo sei mesi…”. In serata, dopo l’ennesima giornata tribolata, ci pensa un dirigente leghista a dare l’idea dello stato dell’arte nel centrodestra sulla formazione del governo: alla vigilia dell’insediamento del nuovo Parlamento è guerra totale. Sulle presidenze delle Camere e sui ministeri. Non c’è accordo su niente. Tanto che nel pomeriggio Matteo Salvini e Silvio Berlusconi si vedono ad Arcore e denunciano “lo stallo preoccupante”, mentre Giorgia Meloni decide di non andare e di rimandare l’incontro definitivo a oggi. La premier in pectore, uscendo dalla Camera dopo aver incontrato anche il ministro dell’Economia Daniele Franco, manda un segnale agli alleati rivendicando che il suo sarà “un governo politico” come “hanno deciso gli elettori”: “Sceglieremo le persone più adatte – spiega Meloni – nessuno si illuda che cambieremo idee e obiettivi rispetto a quelli per i quali siamo stati votati”.

Come dire: la scelta dei ministri spetta solo a me. Il primo problema riguarda le presidenze delle Camere. Lo schema iniziale prevederebbe Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) al Senato e Riccardo Molinari (Lega) alla Camera. Ma a rimescolare le carte ci pensa proprio quest’ultimo quando, a metà pomeriggio, dopo un incontro con Salvini e i vertici della Lega, spiega che la Lega sta lavorando “per Calderoli al Senato”. Subito dopo fonti di Fratelli d’Italia fanno sapere che La Russa resta “il nostro nome forte per il Senato”. Se ne parla anche in una riunione alla sede di FdI proprio tra i competitors (più Licia Ronzulli). Ma non c’è accordo. Il leghista sta usando il Senato per alzare il prezzo su altri ministeri. E quindi torna anche il caro vecchio Viminale: “Non possiamo mica rinunciare a tutto”, spiegano i salviniani. Tanto che, dopo l’incontro della mattinata, ne chiede dieci tra cui l’Economia.

E qui si arriva all’altro scontro della giornata: il Tesoro. Perché di fronte ai “no” molteplici dei tecnici – da Fabio Panetta in giù, ieri si parlava anche del dg di Bankitalia Luigi Signorini – è tornato in auge il leghista Giancarlo Giorgetti. Ipotesi preferita da Meloni – potrebbe essere affiancato da quattro sottosegretari di cui un tecnico – che così metterebbe all’angolo Salvini: non potrebbe chiedere un altro ministero di peso. Ma il leghista, dopo l’incontro con i suoi, fa buon viso a cattivo gioco: “Sarebbe motivo di grande soddisfazione e orgoglio occuparsi con un ruolo rilevante anche di Economia”, spiega senza fare il nome di Giorgetti. Ma tornano le ombre nella Lega: “Meloni non può scegliere i ministri in casa nostra, sarebbe in quota FdI”. E di questo parlano Salvini e Berlusconi anche in serata nel vertice a villa Grande. I due parlano di “arroganza” di Meloni e la paragonano a quando Draghi si scelse i ministri: “Sta facendo muro su tutto e vuole decidere i nostri ministri”. Per questo, siglano un patto: insieme contro i diktat di Meloni. Se Salvini ormai ha scelto le Infrastrutture, Berlusconi nel vertice conferma le richieste su Tajani (Esteri o Mise) e Ronzulli: è lei l’altra spina nel fianco di Meloni. Per lei Berlusconi vorrebbe un ministero di peso, ma Meloni dice “no”. L’ipotesi è il Turismo con delega allo Sport. In serata Salvini chiede un vertice con gli alleati. Si terrà oggi e da lì arriveranno le prime risposte.