San Fili, “Casa famiglia S.Biagio”. Lavoratori senza stipendio da 16 mesi

La famosa legge 180 (che ebbe durata brevissima) confluì nel 1978 nella legge di riforma sanitaria e ne recepì buona parte del testo facendone suo il principio fondamentale: il malato di mente non è più una persona pericolosa per sé e per gli altri, da allontanare dalla società e rinchiudere in una specie di carcere. E’ un malato come gli altri, un cittadino che soffre ed ha diritto ad essere curato “nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana“. Da qui la chiusura dei manicomi.

Anche in Calabria accadde ciò e dopo la chiusura nacque la prima struttura socio-assistenziale destinata ad accogliere i malati mentali: la “Casa famiglia San Biagio”, situata nella frazione Bucita di San Fili, affidata attualmente alla Società Cooperativa Sociale Felum.

Nove soci lavoratori gestiscono la suddetta struttura ma da tempo non percepiscono lo stipendio. Oggi sono stanchi di aspettare, nonostante più volte abbiano denunciato la situazione alle istituzioni di competenza, avanzano ancora 16 mensilità.

Nel 2014 – ha affermato Davide Ciancio, presidente della Felum – hanno pagato le rette regionali fino al mese di luglio, nel 2015 hanno pagato solo gennaio. Da precisare la suddetta è una struttura accreditata però la regione Calabria, il Dipartimento delle politiche sociali, sia l’assessore che il direttore generale, sta facendo pagare solo le strutture private, anche quelle non accreditate. La nostra è una struttura comunale ma niente.

I lavoratori, tutti con famiglia a carico, hanno chiesto aiuto anche al presidente Oliverio per cercare di capire cosa stia succedendo, perché la “Casa famiglia S.Biagio” non riceve le rette. Ma ad oggi nessuna risposta.

I soci appaiono disperati, il lavoro non è certo facile e gli undici pazienti della “Casa famiglia” meritano il massimo dell’attenzione e delle cure. Perciò garantire gli stipendi ai lavoratori dovrebbe essere interesse primario per una regione attenta in campo sanitario. Ma purtroppo in Calabria non funziona così, accade spesso che strutture non accreditate vengano pagate e quelle accreditate invece no.

Ci auguriamo che chi di competenza, intervenga immediatamente; nel frattempo i lavoratori continuano a chiedere insistentemente che venga garantito loro ciò che gli spetta di diritto.

Valentina Mollica