Sibaritide, chi era il boss Leonardo Portoraro: la guerra di mafia e l’operazione Galassia

Il luogo dell'omicidio di Leonardo Portoraro a Villapiana Lido.

Leonardo Portoraro, ucciso poco più di un anno fa a Villapiana, era uno storico boss della Sibaritide. Negli anni Ottanta era legato al boss Giuseppe Cirillo, che comandava la zona dello Jonio cosentino. Nel 1990 a Corigliano fu ucciso il braccio destro del boss, Mario Mirabile, e le cosche della Sibaritide tentarono di instaurare nuovi equilibri criminali.

“Il gruppo di Corigliano – aveva dichiarato il pentito Franco Pino – era guidato da Santo Carelli, a Cassano c’erano Giuseppe e Alfredo Elia, a Francavilla Marittima comandava Leonardo Portoraro, a Rossano Pasquale Tripodoro, a Castrovillari Giuseppe Impieri e ad Altomonte Alberto Magliari. Alla morte di Mirabile, Leonardo Portoraro, che era legatissimo al boss salernitano, sembrò intenzionato a vendicarlo. E così Carelli decise di ucciderlo. Tonino Russo, poi scomparso per lupara bianca, mi fece parlare con Portoraro convincendomi, alla fine, che non era necessario uccidere il boss di Francavilla…”.

Franco Pino poi convincerà anche Carelli, il quale avrebbe poi attirato Portoraro nella sua sfera ma dopo un certo periodo i rapporti tra i due tornarono ad incrinarsi e fu l’inizio di una lunga stagione di lutti. Gli affari del cemento fecero di nuovo scontrare i padrini.

Ancora Franco Pino: “La Sirti, società specializzata nella posa di cavi telefonici, doveva svolgere nei primi anni Novanta, lavori nella Sibaritide. La società si mise in contatto con Giuseppe Morabito detto “Tiradritto” di Africo Nuovo. Quest’ultimo avvicinò Portoraro, di cui era da tempo amico, che garantì alla Sirti la “tranquillità” in tutta la zona. La cosa non andò giù a Carelli che ordinò una serie di danneggiamenti mirati… Per cercare di chiarire gli equivoci, ci furono numerose riunioni a Cosenza e a Corigliano. Oltre a Carelli e Portoraro, c’erano Morabito, Pelle e i fratelli Elia di Cassano. In quello stesso periodo venne fatto sparire per lupara bianca Giuseppe Impieri di Castrovillari. E il quadro si complicò. L’omicidio infatti venne deciso da Portoraro. Santo Carelli pertanto decise di chiedere la testa del padrino di Francavilla…”. Ma da Reggio e provincia la risposta fu negativa.

E così pochi mesi dopo Carelli decise di agire ugualmente.

“Una mattina all’alba – continua Franco Pino – Carelli venne a trovarmi a Cosenza e mi disse che aveva bisogno di alcuni uomini per un agguato a volto scoperto a Cassano. Vennero uccisi Giovanni Portoraro, fratello di Leonardo, e Salvatore Nigro, massacrati a colpi di pistola nel gennaio del 1992 davanti alla scuola elementare di via Siena, a Cassano, sotto gli occhi terrorizzati di centinaia di scolari. Dopo il duplice omicidio si svolsero altre riunioni, una a casa dei Tegano a Reggio e una a casa dei Gangemi a Gioia Tauro. Non ci fu niente da fare: la guerra scoppiò con inaudita violenza. Nei mesi successivi vennero assassinati, a Cassano, Alfredo Elia e Leonardo Schifini, poi Felice Mainieri. Scomparvero per lupara bianca Tonino Russo e Giuseppe Arena, detto il catanzarese. Fu un bagno di sangue…”.

Leonardo Portoraro fu arrestato, proprio sulla base delle dichiarazioni di Franco Pino, a metà degli anni Novanta nell’ambito dell’operazione “Galassia” della Dda di Catanzaro contro le cosche della Sibaritide e del Cirotano. Era stato condannato all’ergastolo per il duplice omicidio di Elia e Schifini e aveva scontato 9 anni di carcere. Nel 2005 era stato poi assolto dalle accuse di omicidio per il duplice delitto di Alfredo Elia e Domenico Schifini ma non dall’accusa di associazione mafiosa. Era tornato in carcere per un residuo di pena nel 2006 per poi tornare libero un paio di anni dopo e iniziare l’attività di imprenditore nel settore della ristorazione. La sua “esecuzione” viene ritenuta da molti l’inizio di una nuova guerra di mafia legata probabilmente agli equilibri criminali per i milioni di finanziamenti pubblici che stanno per arrivare nella Sibaritide. Le successive “eliminazioni” di Pietro Longobucco e di Pietro Greco (avvenuta proprio martedì scorso) ma anche gli altri due casi di lupara bianca potrebbero significare che Portoraro aveva intenzione di rimettersi in gioco nella criminalità organizzata in vista dell’arrivo dei finanziamenti. E che c’è qualcuno pronto a ristabilire gli equilibri.