Sibaritide, una lunga scia di sangue

C’è un’area geografica in Calabria che comprende i comuni di Castrovillari, Villapiana, Cassano, Corigliano-Rossano, che da un po’ di anni a questa parte è diventata terreno di scontro di agguerrite cosche criminali che si contendo a suon di fucilate il controllo del territorio e dei traffici illeciti. Sono stanzialmente due i gruppi criminali che operano nell’area compresa tra la Sibaritide e il Pollino, con l’aggiunta della neonata città di Corigliano-Rossano, il locale degli zingari, che detiene il monopolio del traffico di droga, e la ’ndrangheta autoctona tra cui spicca il clan Forastefano. Tra alti e bassi, tra pax mafiose precarie e tregue momentanee, negli ultimi 5 anni la guerra criminale tra clan ha lasciato sul terreno 11 morti (due lupare bianche), che diventano 12 con il barbaro omicidio di  Antonella Lopardo, di 49 anni, avvenuto ieri sera in contrada Cicchitonno (Cassano Jonio) trucidata a colpi di kalashnikov sull’uscio di casa sua. Tra i morti ammazzati tre donne e un bambino.

Non c’è dubbio alcuno sulla matrice di questo ultimo orribile omicidio che va ricercata nei torbidi traffici legati al mondo ‘ndranghetistico padrone assoluto di tutto il territorio. Nella città di Corigliano-Rossano gli incendi di auto e negozi sono all’ordine del giorno. L’arroganza criminale non manca in quelle zone. E lo hanno dimostrato ancora una volta colpendo senza pietà un’innocente. L’obiettivo del killer – da come si è comportato non deve essere certo un “professionista”-, che ha agito attorno le 22 di ieri sera, dicono gli investigatori, era il marito della povera signora Antonella di professione parrucchiera, Salvatore Maritato, 53 anni, titolare di una pompa di benzina nei pressi della stazione di Sibari finito dietro le sbarre con una condanna definitiva a 4 anni nell’operazione Omnia (2008), perché ritenuto legato allo storico clan dei Forastefano. Infatti l’operazione, condotta dalla Dda di Catanzaro coinvolse la ’ndrina dei Forastefano, originaria della Sibaritide. Furono emesse 60 ordinanze di custodia, e sequestrati beni per un valore di circa 50 milioni di euro. I processi che ne seguirono svelarono i meccanismi economico-criminali del clan Forastefano che all’epoca si contrapponeva agli Abruzzese, i cosiddetti “zingari”. I giudici, nei vari gradi di giudizio, stabilirono, attraverso le condanne, le principali attività del clan: usura, truffe all’Inps, traffico di stupefacenti, porto e detenzione illegale di armi ed esplosivi, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ed è proprio dietro il “filone” legato alle truffe all’Inps, all’acquisizione dei terreni interessati dai lavori della 106, e ai contributi agricoli, che potrebbe celarsi il movente di questo ultimo orribile omicidio.

L’ipotesi nasce leggendo il curriculum criminale della famiglia Maritato (il papà di Salvatore subì un agguato) che con la droga, a detta di tutti, non ha niente a che fare: la loro specializzazione sono le truffe allo stato, alla regione, e al comune a “tema agricolo”. Che sono le accuse che costarono la condanna a 4 anni a Salvatore Maritato, più altri cinque nell’inchiesta-bis dalla Dda di Catanzaro per un episodio di racket, nonché proprietario anche di numerosi bovini la cui provenienza merita di essere raccontata. Le mucche furono confiscate ad una azienda agricola della zona e affidate, attraverso la mediazione del vescovo che si era prodigato a trovare una sistemazione ai bovini rimasti “orfani”, alla famiglia Maritato. Il comune contribuì all’operazione di sistemazione delle mucche donando gratuitamente (usucapione) alla famiglia Maritato, attraverso un atto ufficiale, il terreno dove far pascolare il bestiame. La presenza della famiglia Maritato in comune, considerata una famiglia mafiosa, e la firma di quell’atto nella stanza del sindaco (che si giustificò dicendo di aver ratificato solo un atto inviatogli dal tribunale) finì tra le cause dello scioglimento per mafia del comune.

Sono anni che assassini della peggiore specie si muovono e agiscono indisturbati in tutto il territorio. Gente spietata che ha dimostrato in tutte le occasioni di non avere pietà per nessuno, neanche per le donne e i bambini. Lungo è l’elenco dei morti ammazzati e dei tentati omicidi nella Sibaritide. Il 10 giugno del 2009 tra le campagne di Corigliano venne ucciso il boss 58enne coriglianese Antonio Bruno detto “Giravite”, senza dimenticare il massacro del 16 gennaio del 2014, a Cassano Jonio quando a cadere sotto il fuoco dei killer furono il 52enne trafficante di droga cassanese Giuseppe detto “Peppe” Iannicelli, la sua compagna 27enne di nazionalità marocchina Ibtissam Touss, e il piccolo nipotino dell’uomo, Nicola detto “Cocò” Campolongo di appena 3 anni.

Dopo qualche anno di tregua, il 6 giugno 2018 le pistole ritornano a sparare. È l’inizio di una nuova mattanza. A cadere sotto il fuoco dei killer nel pieno centro di Villapiana Lido, il 63enne boss Leonardo Portoraro detto “Narduzzu” e soprannominato “giornalu favuzu” (giornale falso).

Nel dicembre del 2018 tocca al 51enne boss coriglianese Pietro Longobucco, ritrovato crivellato di colpi dieci giorni dopo la sua sparizione nelle acque del porto di Corigliano. Quando uscì di casa era accompagnato dal 31enne coriglianese Antonino Sanfilippo, sparito nel nulla. Il primo luglio del 2019, a sparire nel nulla è il coriglianese Cosimo Rosolino Sposato, di 43 anni. Mentre il 22 luglio del 2019 in un fondo agricolo nel comune di Corigliano-Rossano, furono trucidati a colpi di kalashnikov e d’una pistola calibro 9, Pietro Greco, 49 anni, aspirante boss di Castrovillari, e Francesco Romano, 44 anni, imprenditore agricolo coriglianese. Il 3 giugno del 2020 a cadere sotto i colpi del kalashnikov, è il 40enne cassanese Francesco Elia, un cognome storicamente “pesante”, il padre e lo zio già furono ammazzati nella guerra di ‘ndrangheta d’inizio anni Novanta. Sei mese dopo (dicembre 2020) a Sibari, tocca al 50enne cassanese Giuseppe Gaetani.

Poi il 4 aprile del 2022 vengono ritrovati i corpi del 57enne cassanese Maurizio Scorza e della 38enne moglie tunisina Hedli Hanene crivellati di colpi nelle campagne di contrada Gammellone al confine tra i comuni di Cassano Jonio e Castrovillari. Il 3 maggio sempre del 2022, nel pieno centro di Schiavonea a Corigliano-Rossano, a cadere sotto il fuoco dei sicari è il 57enne del luogo Pasquale Aquino. A questo triste elenco oggi si aggiunge la povera signora Antonella Lopardo, vittima innocente di una faida che sembra non avere fine.