Sicilia, giallo su un appunto ritrovato nell’ufficio di Falcone: riguarda Berlusconi…

È giallo su un appunto attribuito a Giovanni Falcone e riemerso casualmente al palazzo di giustizia di Palermo. Secondo quando riportato da La Repubblica, Giovanni Paparcuri, sfogliando alcuni degli appunti scritti da Falcone e conservati nell’ufficio del giudice, diventato museo, si è imbattuto in un appunto in cui si fa riferimento a Berlusconi.

L’appunto, di cui nessuno finora era mai venuto a conoscenza, riporta le seguenti parole: Cina’ in buoni rapporti con Berlusconi. Berlusconi da’ 20 milioni a Grado e anche a Vittorio Mangano“.

Qualche giorno fa, l’uomo stava sfogliando alcuni scritti di Falcone conservati al museo, quelli che contengono le vecchie dichiarazioni del pentito Francesco Marino Mannoia, utilizzate ormai in centinaia di processi. All’improvviso, si è imbattuto nel foglietto che parla proprio di Berlusconi, che non era mai stato notato prima. Falcone potrebbe averlo scritto come promemoria.

Paparcuri ha informato la procura, ma il giallo si infittisce dal momento che non è mai risultata alcuna indagine di Falcone su Berlusconi e che il collaboratore di giustizia Mannoia, interpellato, ha dichiarato di non ricordare nulla, “non ricordo– ha risposto -. Sono ormai anziano e malato. E poi non posso rilasciare alcuna dichiarazione alla stampa“.

Il leader di Forza Italia è nuovamente indagato dalla procura di Firenze nell’inchiesta sui mandanti occulti delle stragi del 1993. E il suo braccio destro, Marcello Dell’Utri, sta scontando una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.

Chi sono i personaggi citati nel foglietto? Gaetano Cinà era un mafioso amico di Dell’Utri, e Gaetano Grado è un boss palermitano molto attivo a Milano negli anni Settanta. Vittorio Mangano è invece il mafioso che prestava servizio a villa Arcore come stalliere. Se quell’appunto esiste è facile pensare che Mannoia avrebbe raccontato i fatti a Falcone, ma potrebbe essersi rifiutato di firmare il verbale, visto che la sua dichiarazione non è stata registrata. Ma proprio quell’appunto confermerebbe che i fatti che hanno portato alla condanna di Dell’Utri, proprio perché vengono nominati tutti i protagonisti del caso. Cinà e Dell’Utri erano coimputati nello stesso processo, il primo per mafia, il secondo per concorso esterno nello stesso procedimento.

Come sottolinea Palazzolo (il giornalista de La Repubblica che ha scritto l’articolo), Falcone probabilmente non avrebbe dimenticato quell’appunto, e forse Paolo Borsellino ne era a conoscenza. In un’intervista rilasciata da Borsellino il 21 maggio 1992, due giorni prima della strage di Capaci, i giornalisti Jeanne Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi gli chiedono conto di Dell’Utri e Borsellino risponde: “Non è stato imputato nel maxiprocesso. So che esistono indagini che lo riguardano e che lo riguardano insieme a Mangano”.