Tirreno, emergenza sanità: perché non si pensa ad un unico centro ospedaliero serio e attrezzato?

Nei giorni scorsi, la vicenda della povera signora Santina Adamo di Rota Greca, spirata all’alba del 17 luglio scorso presso l‘ospedale civile di Cetraro poche ore dopo aver partorito il figlio, ha riportato tragicamente alla ribalta il “caso” sanità in Calabria.

Lo ricordiamo, la povera donna andò in ospedale a Cetraro perché villeggiava a Fuscaldo con la famiglia. All’inizio tutto era andato bene, ma, a un certo punto, la donna avrebbe avuto una forte emorragia che le ha causato la morte.
Uno shock emorragico post parto; un’emorragia massiva sopraggiunta poco dopo il parto ne ha causato la morte.
Santina aveva disperato bisogno di sangue per tamponare la gravissima emorragia in atto, ma l’ospedale di Cetraro non ha sacche di sangue.
A quel punto è stato allertato il centro trasfusionale di Paola, distante 25 Km da Cetraro. Il centro trasfusionale disponeva di poche sacche, mi è stato riferito che a regime hanno una scorta di due sacche per tutto il territorio che ricade nella competenza del distretto sanitario.

Data la disponibilità all’ospedale di Cetraro, dallo stesso ospedale parte una vettura con destinazione Paola, per prelevare la sacca di sangue.
In tutto ciò, troppo si è impiegato per far arrivare in tempo il sangue per salvare la vita alla povera Santina.
Da questa triste vicenda emergono nuovamente fortissime carenze organizzative nella sanità calabrese.
È inconcepibile che un ospedale civile non disponga di una sacca di sangue; è inammissibile che per l’intera fascia costiera ci sia un unico centro trasfusionale di riferimento che per l’intero territorio, disponga di quantità limitatissime di sangue, si parla all’incirca due sacche.

Ma la cosa che fa più rabbia è la scarsissima prontezza nella gestione delle emergenze e nei tempi d’intervento; per prelevare una sacca di sangue a Paola è stata inviata una macchina da Cetraro, che ha certamente speso più tempo di quanto ne avrebbe impiegato se la sacca fosse stata portata direttamente da Paola a Cetraro, senza fare questo andirivieni, che poi si è rivelato fatale.
In questa terribile storia, quanto si è verificato ha certificato nuovamente il cronico fallimento del modo in cui la politica regionale ha gestito e amministrato la sanità calabrese.

Realtà come Cetraro, così concepite non hanno più motivo di esistere, non è accettabile che nel 2019 si possa morire in un ospedale civile per la mancanza di una sacca di sangue.
Con tali carenze organizzative e con una popolazione sulla costa così vasta, soprattutto d’estate, non è più garantito un servizio sanitario efficiente.
Perché manteniamo ancora in vita questa sanità zeppa di illegalità?
Perché non si pensa ad un unico centro ospedaliero serio e attrezzato sulla costa tirrenica cosentina? Perché si deve continuare a morire nella sanità calabrese?

Vincenzo Lazzaroli