L’omicidio del capofamiglia de iGreco: il “locale” di Cariati e il giallo dell’ultima telefonata

Ci siamo chiesti più volte quale possa essere l’origine della fortuna de iGreco, il gruppo cariatese che ha messo le mani sulla città di Cosenza. E tutto ci porta all’omicidio di Tommaso Greco. La chiave per capire ogni cosa. Anche perché non si è mai andati ffino in fondo nelle questioni che riguardano i rapporti interni alla ‘ndrangheta delle montagne, cioè alla feroce criminalità crotonese, che ha da anni allargato i propri interessi lungo il massiccio silano.

“I tentacoli della ’ndrangheta sulla montagna. La feroce criminalità crotonese ha da anni allargato i propri interessi lungo il massiccio silano…

Chi può dimenticare, per esempio, la fine che venne fatta fare all’allevatore Francesco Talarico e al nipote sedicenne Gianfranco Madia, trucidati nel 2000, a colpi di lupara, a due passi da San Giovanni? Oppure l’agguato teso, nel 2001 tra Camigliatello e San Giovanni, all’imprenditore Tommaso Greco? Le “lupare” in montagna non sparano da sole…”

Arcangelo Badolati, Gazzetta del Sud (11.1.2012), pag. 32

… E’ caduto sotto i colpi della lupara, Tommaso Greco. Aveva 67 anni ed era di Cariati, titolare all’epoca di un opificio oleario nella cittadina jonica, ma anche allevatore e proprietario di terreni nei pressi del lago Cecita.

Tommaso Greco non aveva mai avuto problemi con la giustizia. Gestisce un’azienda di produzione olearia a Cariati e alcuni fondi rustici sull’altipiano silano. La sua è una famiglia non collegata ad ambienti criminali. Il figlio, Saverio, è un noto professionista e fino all’agosto del Duemila è stato vicesindaco della cittadina ionica.

Vent’anni prima, nel 1981, un suo dipendente, Cataldo Santo, di 22 anni, viene ammazzato durante una furibonda lite avvenuta a Terravecchia. In quella circostanza la morte l’aveva soltanto sfiorato. Greco uscì illeso dall’agguato e continuò ad impegnarsi nella sua attività e ad andare in giro per le contrade ioniche e silane accompagnato solo dalla certezza di non avere conti in sospeso con nessuno. I fatti, purtroppo per lui, hanno dimostrato che si sbagliava.

Luogo dell’imboscata l’altopiano silano. Sono circa le 17 di giovedì 27 settembre 2001. Tommaso Greco lascia la sua azienda della Sila e si dirige a bordo di un fuoristrada Mitsubishi verso Cariati, quando proprio all’incrocio per Silvana Mansio sulla superstrada Crotone-Paola, viene inseguito da una berlina. Da quest’ultima auto in corsa un killer a volto coperto comincia a far fuoco con un fucile calibro 12, all’indirizzo del Greco. I pallettoni mandano in frantumi prima il lunotto posteriore e, poi, i finestrini dal lato sinistro, compreso quello del posto di guida. A quel punto Greco blocca il fuoristrada e scende veloce per darsi alla fuga. Ma il sicario non gli dà tregua e lo raggiunge con una serie di colpi al petto e al viso, lasciandolo sull’asfalto.

Passano pochi minuti e sul posto arrivano i carabinieri di San Giovanni, di Camigliatello e quelli del comando provinciale di Cosenza, sotto le direttive del maggiore Marco Riscaldati. Arrivano pure i militari della compagnia di Rogliano, al comando del capitano Luigi Giangregorio.

Ma a quel punto per Greco non c’è più niente da fare… Mentre il traffico per Crotone e Cosenza è deviato proprio sopra il cavalcavia di Silvana Mansio, tutta la zona è perlustrata da un elicottero dei carabinieri, quando si sente squillare il telefonino del Greco, abbandonato sul sedile anteriore destro del Mitsubishi. I carabinieri, a quel punto, dalla memoria del telefonino cellulare, ricavano l’ultima telefonata. Un numero che potrebbe rivelarsi utile per le indagini sull’agguato, affidate al pubblico ministero della Procura della Repubblica di Cosenza, Claudio Curreli…”.

(Il Crotonese) (1-10-2001)

Peccato che il magistrato non sia venuto a capo di nulla e non sia mai riuscito a trovare i colpevoli di quell’omicidio.

Chi poteva essere al telefono? Uno dei mandanti dell’omicidio? Qualche elemento deviato dello stato? Un familiare? Lo sa certamente Curreli ma anche molti altri.

Claudio Curreli
Claudio Curreli

Tommaso Greco è il capofamiglia de iGreco, colui che ha dato il via all’impero economico dei cariatesi. La storia della famiglia Greco cambia proprio da quel giorno. E’ quello il punto conclusivo di una fase e il punto di apertura, paradossalmente, delle fortune dei suoi figli.

Chi e perché ha ucciso Tommaso Greco? E’ questa la domanda delle domande alla quale nessuno ha mai dato risposte.

La dinamica dell’esecuzione appare di chiaro stampo mafioso. Il delitto sembra “firmato” dalla implacabile ‘ndrangheta dei boschi.

L’allevatore cariatese era un uomo dal carattere forte. Aveva fatto fortuna lavorando nel mondo agricolo. Un mondo dove le leggi dello Stato contano sino ad un certo punto e dove i contrasti rischiano spesso di essere insanabili e i fatti “possono” più delle parole. Vivere in ambienti del genere non è semplice. Greco avrà fatto qualche errore o forse qualche sgarro. Fatto sta che viene eliminato e, paradossalmente, come vedremo, per i suoi figli – che formano il potentissimo gruppo iGreco – si aprirà subito dopo una stagione di incredibili successi. A partire dalle forniture di olio al colosso Mc Donald’s.

“… È d’altronde difficile per chiunque districarsi nella selva d’interessi, faide, traffici, alleanze, che fanno da sfondo ai tanti omicidi compiuti a cavallo del massiccio silano negli ultimi anni. La Sila allunga le sue pendici di roccia sino alle aree ioniche del cosentino e del crotonese. Zone ad alta densità mafiosa. La lotta tra lo Stato e l’antistato tra i contrafforti battuti dal vento, si combatte facendo i conti con i volti imperscrutabili degli allevatori, i proverbiali silenzi dei pastori, le continue transumanze del bestiame e i rumori di potenti fuoristrada assurti a simbolo d’una ostentata ricchezza ottenuta gestendo terreni e floride coltivazioni…” (Arcangelo Badolati – Gazzetta del Sud)

I delitti consumati tra le montagne del massiccio calabrese e quello di Tommaso Greco in particolare nasconderebbero un groviglio d’inconfessabili interessi, legati alla gestione di terreni, capi di bestiame e aziende agricole. Beni spesso destinatari di lucrosi finanziamenti pubblici. Sullo sfondo si muoverebbero i segreti interessi delle fameliche cosche della ‘ndrangheta crotonese, che hanno individuato nell’area dell’Altopiano un’oasi d’impunità.

Sulle montagne della Sila l’escalation di delitti, molto probabilmente collegata al mondo dell’abigeato e dei pascoli degli animali, si è registrata proprio in quel periodo. L’esecuzione fredda, che ha fatto rimbombare i colpi di lupara su quelle montagne di solito tranquille, appare di chiaro stampo mafioso. Come del resto anche le precedenti, almeno una decina.

Il fatto che le vittime degli agguati siano stati quasi sempre allevatori e proprietari di pascoli, fa pensare a delitti legati ad animali e terreni. Una attività alla quale la malavita prima non era interessata e che all’alba del nuovo secolo, drammaticamente, ha portato la Sila sulle prime pagine della cronaca.

Inoltre la quasi totalità di questi omicidi rimane a tutt’oggi senza autori.

Questo significa che parliamo di una mafia molto forte. Quella di Cirò, quella di Cutro, quella di Isola Capo Rizzuto. O forse tutte e tre insieme.

E perché, da allora, la vita della famiglia Greco cambia in maniera ancora più fortunata rispetto a prima?

Oggi, a distanza di quasi 20 anni, possiamo dire che qualche risposta è arrivata. Tommaso Greco era il referente della criminalità organizzata di Cariati (sede del “locale” di ‘ndrangheta capeggiato da decenni dalle famiglie Farao e Marincola), si spinge fuori territorio di competenza per acquistare a prezzo vile una serie di terreni ricadenti in una zona controllata da un’altra cosca (facente capo a Guerino Iona di Belvedere Spinello, all’epoca latitante da oltre due anni). Greco si sentiva “protetto” dalla famiglia di Cariati ma aveva sottovalutato la ferocia criminale dell’altro clan.

La protezione del “locale” di Cariati non era evidentemente né gratuita né spontanea, ma affaristica: Tommaso Greco era il paravento attraverso cui la ‘ndrangheta investiva il danaro sporco in attività produttive, pascoli, olio, vino, e, oggi, case di cura e altre aziende.

Fatto sta che nel corso degli anni, i figli del Greco hanno continuato l’attività di prestanome del padre, prima in sordina e poi, una decina di anni fa, facendo il salto di qualità.

Fatto sta che nel corso degli anni, i figli del Greco hanno continuato l’attività di prestanome del padre, prima in sordina e poi, una decina di anni fa, facendo il salto di qualità. Grazie a importanti amicizie e relazioni affaristiche con magistrati deviati, cominciano ad aggiudicarsi l’affidamento della gestione di case di cura e alberghi in stato di amministrazione giudiziaria per crisi economiche. Lo schema è semplice: un’azienda è in difficoltà economiche, ne viene chiesto il fallimento dai creditori, il giudice amico la mette in amministrazione giudiziaria nominando un commissario amico (sempre lo stesso, il dottor Fernando Caldiero, uomo legato mani e piedi al Pd calabrese) che l’affida al prezzo simbolico di un euro all’azienda iGreco che presenta l’offerta di rilancio in assenza di concorrenti. È così che diventano “proprietari” dell’hotel Mercure di Rende, oggi Ariha hotel, e delle case di cura “La Madonnina”, “Madonna della Catena”, e “Sacro Cuore” con milioni di introiti derivanti dagli accreditamenti facili con la Regione Calabria. Posti letto in aumento, trattamenti specialistici, e compagnia cantante, a scapito del servizio pubblico che vede gli ospedali calabresi in drammatica sofferenza.

Loro mentore nelle sedi che contano è tale dottor Alessandro Musaio, sindaco alla BCC Mediocrati, Commissario liquidatore per conto del M.I.S.E. (Ministero dello Sviluppo Economico) ed è costui che, secondo lo stesso sistema, pilota l’aggiudicazione del Gruppo Novelli di Terni, in crisi industriale da anni, al gruppo iGreco. Sempre a un euro.

Il tutto avviene attraverso l’importante mediazione con i sindacati e le altre parti sociali, del MISE, all’epoca rappresentato da dottor Giampietro Castano, uomo di riferimento dell’allora ministro Carlo Calenda, e dal sottosegretario Teresa Bellanova (oggi ministro dell’agricoltura…). Ma questa è un’altra storia…