Calabria venduta. Dolce, Bertolaso e la lobby della Protezione civile “benedetta” da Berlusconi e Letta

In mattinata la Regione Calabria ha diffuso la notizia delle dimissioni dell’assessore alle Infrastrutture e ai Lavori pubblici Mauro Dolce – ufficialmente per motivi personali -, che era stato nominato poco più di un anno fa. In questo lasso di tempo – con tutto il rispetto – ben pochi si erano accorti della sua “presenza”. Ma Dolce rappresentava una “garanzia” per altri motivi, che potete trovare in questa ricerca. 

Se cliccate su google Mauro Dolce Bertolaso, il motore di ricerca vi indirizza subito sull’inchiesta de L’Espresso sul professore Dolce, nominato a dicembre 2021 settimo assessore della giunta regionale guidata da Forza Italia in Calabria. E che dopo un anno di “villeggiatura” ha tolto il disturbo dopo aver incassato una marea di quattrini.

L’inchiesta che lo ha reso celebre risale al 10 novembre 2015 ed è titolata “Un condannato della Protezione civile al vertice sui terremoti”. All’epoca Mauro Dolce era un condannato in primo e secondo grado per frode allo stato nelle forniture dopo il terremoto in Abruzzo e risultava tra i relatori all’Accademia dei Lincei a nome della Protezione civile, organo della presidenza del Consiglio dei ministri, quindi di Matteo Renzi e del suo governo.

Successivamente Mauro Dolce sarebbe stato assolto in Cassazione e la sua vicenda giudiziaria sotto il profilo tecnico si è conclusa lasciando tuttavia aperta una prateria rispetto al suo coinvolgimento nei meandri del sistema massomafioso che oggi l’ha portato in Calabria. Il sistema di Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso.

La condanna in primo e secondo grado era di un anno di reclusione per frode in pubbliche forniture. A questo punto citiamo testualmente contestualizzando i fatti, l’inchiesta di Fabrizio Gatti de L’Espresso.

Dolce, 62 anni (oggi 68 anni, ndr), laurea in ingegneria edile, lavorava all’epoca – nel 2015 – nella Protezione civile come consulente del capo dipartimento. Nonostante due processi in corso nei suoi confronti, era stato promosso a quell’incarico nel 2012 sotto la direzione di Franco Gabrielli, poi prefetto di Roma. Dal 2010 al 2012, Mauro Dolce era stato capo dell’Ufficio per il rischio sismico e vulcanico. E dal 2008 al 2010, era un gradino appena sotto, capo dell’Ufficio per la valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio sismico. In Protezione civile dal 2006, si è occupato anche di “opere post emergenza”, come elenca il suo curriculum, dopo un lungo periodo di attività come professore di tecnica delle costruzioni per l’Università della Basilicata a Potenza.

Mauro Dolce era una delle figure chiave nell’era di Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile sostituito dopo gli scandali. A L’Aquila, Dolce è stato il responsabile del procedimento per il progetto “Case”. Ricordate? Sono i condomini costruiti con vari materiali, legno, cemento, polistirolo, compensato e truciolato, in cui Bertolaso e l’allora premier Silvio Berlusconi hanno messo a vivere migliaia di abruzzesi rimasti senza tetto. Non badarono a spese in quei mesi, come prevedeva il programma show del governo di allora: 17.050 euro del progetto se ne andarono in dolciumi, 10.092 per il coffe-break e il buffet, 1.887 euro per 50 bandiere tricolore, 4.590 euro per il pranzo con Berlusconi e il suo seguito, 12.210 euro per comprare mille confezioni di torrone e di cantucci alle mandorle.

Molte di quelle case, costate 792 milioni, dopo appena sei anni cadono a pezzi. Il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, ha firmato lo sgombero di 124 famiglie perché i balconi dei loro alloggi potrebbero staccarsi da un momento all’altro, come è già accaduto. Dovevano reggere al terremoto, non sopravvivono all’umidità.

La soluzione per il futuro potrebbe essere la realizzazione di vere palazzine in muratura sulle stesse piastre antisismiche su cui sono stati montati i condomini prefabbricati. Ma una grave negligenza durante la costruzione rende gran parte di quelle strutture inutilizzabili.

Migliaia di isolatori sismici a disco separano infatti le piastre in cemento armato dai pilastri di sostegno: si tratta di dispositivi che, in caso di terremoto, dovrebbero assorbire le scosse e non trasmettere l’oscillazione alla struttura sovrastante. I responsabili del progetto “Case” e delle gare di appalto avrebbero però accettato l’acquisto di quasi 4.900 isolatori sui 7.300 necessari senza la dovuta certificazione che ne dichiarasse qualità e omologazione: le indagini hanno scoperto che almeno 200 isolatori erano sicuramente fuori norma. Test di laboratorio, svolti anche in California, hanno successivamente dimostrato che i dischi non certificati addirittura si spezzano quando sono sottoposti a sollecitazione: a quel punto non ci sarebbe più isolamento sismico e la struttura a palafitta trasmetterebbe tutta l’oscillazione alla palazzina, mettendo in grave pericolo i residenti.

La condanna per frode in forniture pubbliche di Mauro Dolce era dovuta proprio a questo: non aver vigilato sulla mancata certificazione. Un curioso paradosso per lui, professore di tecnica delle costruzioni dell’Università della Basilicata e allora capo dell’ufficio di valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio sismico. Insomma, proprio le sue materie di insegnamento e di lavoro. Dolce ha comunque il privilegio di essere difeso da un avvocato dello Stato: è Ettore Figliolia, consulente di spicco della Protezione civile dell’era Bertolaso. Lo Stato insomma non si è schierato dalla parte del Comune dell’Aquila, né della Regione, né degli abruzzesi, né degli italiani.

Il procedimento contro i due coimputati, Agostino Marioni, amministratore delegato della “Alga Technological Thinking”, una delle ditte fornitrici degli isolatori, e Gian Michele Calvi, direttore del progetto “Case”, fondatore e direttore della “Fondazione Eucentre” e professore della Scuola universitaria superiore di Pavia, procede invece con rito ordinario e si avvia lentamente verso la prescrizione del reato. Cioè, per i due presunti complici non si pronuncerà mai nessuna sentenza definitiva.

Dolce e Calvi erano anche tra i membri della “Commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi” accusati per il mancato allarme pochi giorni prima della scossa del 6 aprile 2009. E assolti in appello. In quel processo l’unica sentenza di condanna riguarda l’allora vice di Guido Bertolaso, l’ingegnere Bernardo De Bernardinis: due anni per omicidio colposo e lesioni colpose, pena sospesa e non menzione, per aver indotto i cittadini a sottovalutare il pericolo. Secondo i giudici, più che il rischio sismico De Bernardinis ha mitigato l’allarme con la famosa intervista a una tv locale in cui, rispondendo a una domanda, invitava gli abruzzesi a bersi un bicchiere di vino: «Un Montepulciano di quelli assolutamente doc, diciamo», esclamò al microfono. Anche l’allora vice capo, come Dolce, è un ex luminare dell’Università della Basilicata, l’unica scuola da cui evidentemente la struttura della presidenza del Consiglio attinge i suoi massimi esperti in materia di prevenzione antisismica.

Per il mancato allarme durante l’intensificarsi delle scosse in Abruzzo, anche Guido Bertolaso era stato rinviato a giudizio. Il suo è purtroppo un altro processo destinato alla prescrizione. In una telefonata, Bertolaso aveva annunciato la convocazione della Commissione grandi rischi come una «operazione mediatica».

Dolce telefona a Bertolaso: “Non ci sono strumenti per la previsione”

Il mondo, come dimostrano gli studi che Giuliano Panza e Carlo Doglioni hanno illustrato all’Accademia dei Lincei, progredisce nella comprensione dei terremoti. Mentre gli scienziati che invece partecipano alla potente lobby della Protezione civile e vengono remunerati con incarichi, consulenze e appalti restano fermi a teorie vecchie di anni. La comunità scientifica internazionale ha da tempo messo in discussione la validità della mappatura del rischio sismico basata sul calcolo delle probabilità che in una data regione si manifesti un terremoto di forte intensità. Un approccio smentito dalle catastrofi che hanno colpito il Giappone negli ultimi anni. E che in Italia ha mancato i terremoti dell’Irpinia, di San Giuliano di Puglia e dell’Emilia, avvenuti in zone fino a quel momento considerate a basso rischio.

Senza entrare nei particolari, l’alternativa è offerta ora dall’approccio neo-deterministico della valutazione del rischio sismico. Valutazione da anni già disponibile anche in Italia con una nuova mappa che, tra l’altro, aveva giustamente stimato la zona dell’ultimo terremoto in Emilia tra le aree più pericolose. È una questione di sicurezza: la carta sismica è fondamentale per guidare le norme di costruzione degli edifici. Eppure, piuttosto che sostenere il confronto tra scienziati, il ministero ha tagliato le ricerche “neo-deterministiche” più avanzate avviate dall’Università di Trieste e i ricercatori hanno dovuto trovare lavoro altrove. Superfluo aggiungere che ad altri scienziati sotto processo come Gian Michele Calvi e alla sua Fondazione Eucentre non sono mai mancati i finanziamenti del governo, delle banche e perfino di due tra le imprese che hanno vinto gli appalti che Calvi e Dolce dirigevano a L’Aquila: la “Alga Technological Thinking” e la “Fip Industriale” figurano infatti tra le società iscritte nell’elenco dei sostenitori “gold” di Eucentre (http://www.eucentre.it/sostenitori/sostenitori-gold/). Non serve essere scienziati per capire che i controllati del progetto “Case” oggi finanziano il giocattolo del loro controllore.

Come Dolce, pure De Bernardinis è stato nel frattempo promosso: nonostante la condanna confermata in appello, è stato anche presidente dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione dell’ambiente, carica da 130 mila euro all’anno che Berlusconi gli ha affidato personalmente nel 2010 ed Enrico Letta ha rinnovato per altri tre anni nel 2014.

Davanti agli scienziati dell’Accademia dei Lincei – conclude amaramente Fabrizio Gatti –, Dolce avrebbe potuto tenere un’ottima lezione: spiegare cioè la resilienza e la sopravvivenza dei monumenti (e degli italiani) al modello di Protezione civile che lui stesso, Calvi e De Bernardinis hanno rappresentato secondo i giudici dell’Aquila. Ma non l’ha fatto. Si è persa così un’utile occasione di analisi e la sua presenza al posto del capo Fabrizio Curcio è stata interpretata da molti invitati come un’offesa all’istituzione scientifica.