Dal taxi di Mattarella al trenino di Canale 5: siamo la repubblica dei datteri…

(di Nanni Delbecchi – ilfattoquotidiano.it) – Il 2021 esce dal calendario e si imbuca nella storia della tv grazie a due memorabili momenti di addio, a partire dal saluto di Sergio Mattarella. Nella fatale serie di moniti e ovvietà in cui consiste il discorso di fine anno del presidente della Repubblica (serie che a Mattarella viene particolarmente bene), quel che si vede conta assai più di quel che si dice. Show, don’t tell, suggeriva Hemingway. Poco importa se sullo sfondo dei giardini del Quirinale si vedono palme, banane o mangrovie; l’effetto è comunque quello subtropicale, da “Repubblica delle banane”, individuato dallo storico dell’arte Tomaso Montanari.

Show, don’t tell: ancora più hemingwayana la scelta di Mattarella di parlare in piedi, dritto e impettito, bandiera tra le bandiere. Il segno di una certezza istituzionale a cui appoggiarsi, ma anche di un uomo che ha fatto i bagagli ed è sul piede di partenza. Già l’anno scorso Mattarella aveva parlato in piedi, ma stavolta era in corridoio, con i giardini sullo sfondo, e le bandiere ripiegate. Più chiaro di così non poteva essere (l’inconscio va sempre al nocciolo della questione); è stato bello ma non vedo l’ora di tagliare la corda. Anzi, scusate se sarò breve, ma sta arrivando il taxi, che da un momento all’altro immaginavamo di veder spuntare oltre le palme. Intanto, in attesa del taxi presidenziale, su Canale5 scaldava i motori il trenino di mezzanotte agli ordini di Federica Panicucci, entusiasta di trasformare il Teatro Petruzzelli “in una grande discoteca” all’indomani della chiusura delle discoteche. Nulla di strano: la tv è ormai un mondo parallelo abitato dalle stesse persone che si scambiano inviti, un Paese dei balocchi di imbarazzanti privilegiati, che tuttavia molti apprezzano e invidiano: è “il Berlusconi in me”, ben più pernicioso del Berlusconi in sé. Dal taxi di Mattarella al trenino di Canale 5: siamo pur sempre nell’era delle comunicazioni di massa. E questa non è più la Repubblica delle banane. È la Repubblica dei datteri.