Draghi vuole andare al Colle: “L’opera del governo può continuare al di là di chi lo guida”

Mario Draghi vuole andare al Quirinale? Parrebbe di sì a leggere le dichiarazioni del presidente del consiglio durante la conferenza di fine anno. Ospite dell’Ordine dei giornalisti il premier non ha avanzato una sua candidatura formale. Ma allo stesso tempo non ha tirato via il suo nome dalla corsa al Colle. A domanda diretta, prima ha rivendicato quanto fatto dal suo esecutivo: “Abbiamo conseguito tre grandi risultati – ha detto – Abbiamo reso l’Italia uno dei paesi più vaccinati del mondo, abbiamo consegnato in tempo il Pnrr e raggiunto i 51 obiettivi. Abbiamo creato le condizioni perché il lavoro sul Pnrr continui”. Poi ha aggiunto: “Il governo ha creato queste condizioni indipendentemente da chi ci sarà: l’importante è che il governo sia sostenuto da una maggioranza come quella che ha sostenuto questo governo, ed è la più ampia possibile. È una maggioranza che voglio ringraziare molto”.

Il messaggio ai partiti su Colle e legislatura – Una frase con due messaggi. Da una parte Draghi sdogana l’ipotesi di un governo con un premier diverso da lui, ma la medesima maggioranza; dall’altra parte rassicura le forze politiche: anche in caso di una sua elezione al Colle, l’esecutivo – e quindi anche la legislatura – può continuare a lavorare fino al 2023. “È essenziale per continuare l’azione di contrasto alla pandemia, di rilancio della crescita, di attuazione del Pnrr che la legislatura vada avanti fino al suo termine naturale”. Draghi parla coi giornalisti ma si rivolge alle forze politiche, cioè le stesse che eleggeranno il prossimo presidente della Repubblica: “Il governo comincia con una chiamata del presidente Mattarella, che si è tradotta con una vicinanza costante all’azione di governo. Ma la responsabilità dell’azione di governo sta nel Parlamento. E’ il Parlamento che decide la vita del governo“. E, verrebbe da aggiugnere, è il Parlamento che decide il prossimo capo dello Stato. In effetti mai si era visto Draghi così soddisfatto dell’apporto dei partiti: “Voglio ringraziare tutte le forze politiche: senza il loro ruolo, quello del Parlamento, dei gruppi parlamentari e la loro disponibilità non saremmo riusciti ad arrivare in tempo e lo dico nella maniera più sincera”. E siccome negli ultimi tempi da più parti sono arrivate critiche riguardo all’esautorazione del Parlamento sulla gestione di alcuni provvedimenti, per esempoo sulla manovra, il premier si è giustificato dicendo che “l’affanno nella fase finale è dovuto alle scadenze che il Pnrr ha imposto a dicembre al governo”.

D’altra parte se Draghi non fosse disponibile a traslocare da Palazzo Chigi al Quirinale avrebbe pure potuto dirlo chiaramente. E invece ci ha tenuto a sottolineare che il suo “destino personale non conta assolutamente niente, non ho particolari aspirazioni di un tipo o di un altro, sono un uomo e un nonno al servizio delle istituzioni”. Un concetto ribadito poco dopo: “Non immagino il mio futuro all’interno o all’esterno delle Istituzioni. L’ho detto una volta rispondendo ad una domanda fatta da alcuni ragazzini al punto luce di Torre Maura: l’importante è vivere il presente e farlo al meglio possibile. Forse sbaglio, ma i motivi del successo del governo, per me sicuramente ma credo anche per altri ministri, è che ha lavorato sul presente senza chiedersi cosa c’è nel futuro, cosa c’è per me nel futuro“. A sentire la dichiarazione successiva, però, sembra che Draghi si sia non solo chiesto cosa c’è nel suo futuro, ma si sia pure già risposto: nel suo futuro vorrebbe che ci fosse il Quirinale. “Avendo detto che ci vuole una maggioranza ampia anche più ampia della attuale perchè l’azione di governo contini, è immaginabile una maggioranza che si spacchi sulla elezione del presidente della Repubblica e si ricomponga nel sostegno al governo? E’ la domanda che dobbiamo farci”. Per Draghi lo scenario “certamente da temere” è un presidente eletto da una maggioranza più piccola di quella che sostiene l’esecutivo. Ma non esiste, al momento, un nome in grado di mettere d’accordo per il Colle tutte le forze che sostengono il suo governo. O meglio: quel nome esiste ma è il suo. I partiti sono capaci a trovarne un altro alternativo? “Lo chieda a loro”, ha risposto lui. Che poi si è detto “assolutamente d’accordo” all’ipotesi di una elezione veloce e rapida e quindi decisa già nei primi scrutinii, quando serve una maggioranza pari a due terzi dei Grandi elettori. “Se sono preoccupato per questo parlamento che elegge il capo dello Stato? Non ci si può fare nulla, si prende atto. Se si fosse votato tra due anni forse era meglio, ma l’elezione del capo dello Stato capita quando capita”, ha detto, scherzando.