“Gente di domenica”, capolavoro del cinema muto a Villa Rendano

“GENTE DI DOMENICA”, IL CAPOLAVORO COLLETTIVO DI ROBERT E KURT SIODMAK, EDGAR ULMER, BILLY WILDER E FRED ZINNEMANN riproposto a Villa Rendano da Ugo G. Caruso in una serata-evento ad ingresso libero promossa per la prima volta insieme dalle principali associazioni cosentine di cultura cinematografica

Un’occasione imperdibile per tutti gli amanti del cinema è in programma giovedì 8 giugno alle ore 21 nella splendida cornice di Villa Rendano a Cosenza. La Fondazione “Attilio ed Elena Giuliani Onlus” ospiterà infatti l’evento ideato e condotto da Ugo G. Caruso, storico del cinema, che a mo’ di augurio per l’estate riproporrà un film che per la sua ambientazione è fortemente impregnato delle suggestive atmosfere proprie della stagione imminente. A conferma dell’eccezionalità della proposta, per promuovere la serata, Caruso ha voluto chiamare a raccolta le tre principali associazioni di cultura cinematografica presenti nell’area urbana cosentina, ovvero il Circolo del Cinema storicamente animato dal dottor Franco Plastina, il Cineforum “Falso Movimento” di Rovito e I cinepresi.

Si tratta infatti di un film che solo di recente è stato pienamente compreso e cooptato di diritto tra i capolavori della storia del cinema.
Parliamo di “Gente di domenica” (“Menschen am sonntag” – Germania 1930), uno degli ultimi titoli dell’epoca del muto, uscito quando la settima arte aveva già sperimentato il sonoro tre anni prima con The Jazz Singer di Alan Crosland.

Raramente nel corso della storia del cinema si è potuto assistere ad una lavorazione che vedeva coinvolti così tanti (futuri) grandi cineasti: Robert Siodmak, e suo fratello Kurt che arrivati giovanissimi a Berlino da Dresda, sarebbero diventati rispettivamente un grande regista (“Lo specchio scuro”, “La scala a chiocciola”) ed uno scrittore di fantascienza e sceneggiatore di successo ad Hollywood (“Il cervello di Donovan”), Friderich Zimmerman qui aiuto operatore che ribattezzatosi più tardi Fred Zinnemann, avrebbe diretto capolavori come “Mezzogiorno di fuoco”, Samuel “Billie” Wilder Baldinger, qui sceneggiatore che in America diventerà Billy Wilder, uno dei più celebrati registi della storia del cinema ed infine Edgar Ulmer, qui aiuto regista, già assistente di autori del calibro di F. W Murnau e di Mihaly Kertesz (futuro Michael Curtiz a sua volta) che firmerà poi “Detour” ed altri inquietanti noir hollywoodiani.

Se negli anni ’20 le grandi rivoluzioni culturali sono partite dai caffè, anche l’ idea di “Gente di domenica” nasce in un caffè berlinese. I fratelli Siodmak hanno la fortuna di agganciare nella capitale tedesca un lontano zio improvvisatosi produttore, Heinrich Nebenzahl, che li introduce nell’industria cinematografica, seppure ai livelli più umili. Ma è appunto intorno al tavolo di un caffè che i due fratelli Siodmak conosceranno i loro futuri sodali appena citati, con cui condividono la necessità di girare un film che rompa gli schermi tradizionali ed infranga le rigide regole produttive e commerciali vigenti all’UFA.

Con l’ aiuto dell’ amico Moritz Seeler fondano una piccola casa di produzione indipendente, il “Filmstudio 29”. Grazie all’ assegno guadagnato da Kurt con la vendita di un racconto ad una rivista, partono con il loro film, girato in un’atmosfera di assoluta libertà, la stessa che si respirerà trent’anni dopo nelle opere della Nouvelle Vague francese o del Free Cinema inglese.

“Gente di domenica” si svolge nell’arco di un fine settimana. Un sabato d’estate a Berlino: il traffico è intenso, le strade piene di gente, la città ferve di attività mentre termina una settimana lavorativa.

Il film racconta le storie di cinque protagonisti, pescati quasi per caso nella folla berlinese e tutti di modesta estrazione (un tassista, un rappresentante, una commessa, una modella ed una comparsa cinematografica) che intrecciano le loro vicende per l’appunto durante un week-end, per ritornare, infine, inghiottiti nell’ anonimato metropolitano. Un frammento della vita di una grande città dove trova posto anche il mito del cinematografo.

Prodotto in maniera indipendente, con attori non professionisti e un budget ridotto all’osso, spontaneo, fresco, innovativo nel linguaggio, inconsueto nel ritmo narrativo, il film si pone a metà strada tra le sperimentazioni visive degli anni precedenti (“Berlino. Sinfonia di una grande città”di Walter Ruttmann del 1927 e “L’uomo con la macchina da presa” di Dziga Vertov del 1929) e il movimento del realismo poetico che si svilupperà di li a poco in Francia ( “La scampagnata” di Jean Renoir del 1936). Il film ebbe un enorme successo di critica e di pubblico, aprendo ai suoi realizzatori le porte dell’agognata UFA.

“Gente di domenica” è il simbolo della felicità creativa di un’epoca, la Berlino degli anni ’20 in cui Grosz, Brecht, Schomberg, gli architetti del Novembergruppe, sono alcuni dei protagonisti di una stagione irripetibile per la capitale tedesca. Un decennio di relativa prosperità economica in cui però la crescente disoccupazione avrebbe determinato il crollo della Repubblica di Weimar e l’avvento del nazionalsocialismo. La generazione formatasi in questa effervescenza culturale sarà la stessa a dover scegliere la strada della fuga e dell’esilio per sfuggire al Nazismo ed alle persecuzioni antisemite, lungo la rotta transoceanica, Vienna – Berlino – Hollywood. L’approdo travagliato donerà loro in modo diseguale il successo ma all’interno di una gabbia dorata.

Nella serata di domani, giovedì 8 giugno, a Villa Rendano il film sarà riproposto in una versione della surata di 84′, risonorizzata e restaurata nel 2010.
Come si sarà inteso, per moltissime ragioni, si tratta di un appuntamento da non mancare.