Cosenza. La rivincita di Facciolla e tutte le verità che attendono di essere “scoperte”

Il punto di partenza necessario per capire cos’è accaduto in questi anni al magistrato cosentino Eugenio Facciolla, finalmente assolto dal Csm nel lungo processo disciplinare a suo carico fortemente voluto da Gratteri e dalla Dda di Catanzaro, riguarda i motivi del suo repentino e improvviso trasferimento con relativa punizione. Il trasferimento avviene essenzialmente per i suoi rapporti con Tignanelli, poliziotto in rapporti con il maresciallo Greco, finito al centro dell’indagine Stige per i suoi rapporti con Spadafora, imprenditore in odor di mafia.

I rapporti con Tignanelli erano strettamente professionali, ci sono le intercettazioni a dimostrarlo. O meglio non ci sono, dal momento che sono veramente pochi i casi di dialoghi. Leggendo le carte si rimane sbalorditi. Facciolla viene indagato sostanzialmente per la riorganizzazione che ha fatto all’interno della Procura di Castrovillari per quanto riguarda l’affidamento alle aziende che forniscono materiale investigativo (telecamere, microspie ecc.) quando mesi prima in una ispezione per lo stesso lavoro gli si facevano i complimenti. Ci sono coincidenze e anomalie molto particolari in questa storia…

Bisogna approfondire il perché di questa impressione ed emergono particolari che forse un giorno dovrebbero essere approfonditi e che venivano spiegati proprio da Facciolla qualche tempo fa, in una intervista.

“Per lavorare bene su questo territorio occorre prendersi squadre di ragazzi giovani che non abbiano il minimo contatto con il territorio, per evitare di pestare il meno possibile piedi di parenti, amici. In molti casi i rapporti di parentela tra tribunali, procure, agenti e aziende sono inestricabili. Avevo dei bravi ragazzi, collaboratori, tra la polizia giudiziaria e nell’avanzare dell’indagine ci sono state promozioni molto tempestive altrove e poi hanno preso posto in pochissimi giorni, una cosa molto rara”.

Vengono in mente altre promozioni fulminee e spostamenti avvenuti in questi territori. E viene in mente anche che andando a controllare il trasferimento (momentaneo) del procuratore Facciolla non avviene nemmeno secondo tutti i protocolli. In effetti stranezze ci sono, ma perché spostarlo? In quei giorni stava indagando sul gruppo Alimentitaliani (si scrive così ma tutti sanno che si legge gruppo iGreco) e sull’oscuro sistema fallimentare, oltre che sull’omicidio Bergamini. Consulenze fantasma pagate migliaia di euro. Un’indagine grossa che arriva a toccare parlamentari.

Anche qui quello che si ascolta è solo un insieme di fatti l’uno dietro l’altro. Poi sta a ognuno farsi un’idea. L’indagine portava fino al MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), dove all’epoca c’era il ministro Calenda (governo Renzi). Bisognava accedere per acquisire alcuni dati ed evidenze investigative. Risulta anche un incontro con alcuni senatori e tale Castano, che ha diretto la task force sulle crisi aziendali nel decennio aperto dalla recessione del 2008. Alcune indiscrezioni circolate parlavano anche di lui tra i nomi in lizza per le grandi aziende. Per inciso, in quelle aziende (ENI, ENEL, Poste ecc.) Renzi ha fatto incetta di poltrone nonostante il suo 3%. Insomma, pare che Facciolla fosse andato a parlare di corde in casa dell’impiccato e come se non bastasse, quando va a riferire al Csm si trova davanti persone che sarebbero poi state al centro della bufera. Altro che indipendenza dei poteri, viene da pensare…

Calenda e Castano

E tra le varie vicende che legano i gruppi imprenditoriali della Sibaritide e i suoi referenti politici (l’ex parlamentare Pd Ferdinando Aiello), resta impigliato un magistrato che si chiama Vincenzo Luberto, che Facciolla conosce già molto bene e col quale è stato per anni in “guerra”. Luberto, tanto per cambiare, è coinvolto in questa storia per aver insabbiato le intercettazioni. Una vicenda che si lega a doppio filo con le indagini di Facciolla e non è difficile credere quindi al fatto che il ruolo di Luberto fosse emerso già in tempi precedenti rispetto alla denuncia. Ma allora viene da chiedersi: perché tanta attesa prima di comunicarlo a Salerno? È una risposta che può arrivare solo dalla DDA di Catanzaro e principalmente al procuratore Gratteri, che in questa vicenda ha un ruolo che definire “doppio”, alla Twin Peaks tanto per capirci, forse è anche riduttivo. 

In realtà, Facciolla non era sorpreso nemmeno di quanto stava emergendo dalle inchieste di Salerno e dalle indiscrezioni su 15 magistrati indagati. E il pensiero inevitabilmente volava all’inchiesta ministeriale di Lupacchini (e ancora prima Why Not) che aveva denunciato le commistioni all’interno della procura di Cosenza.

“Forse non tutti sanno che quella relazione circolò parecchio, arrivò anche all’interno delle carceri, ma soprattutto arrivò sulla scrivania dell’allora ministro della Giustizia Mastella e lì rimase ferma senza azioni per due anni – dichiarava Facciolla poco più di due anni fa, nel luglio del 2020 -. Ovviamente la conoscevano anche alla Procura di Salerno, che aveva aperto un fascicolo su input degli ispettori. Addirittura fu notificata la chiusura di indagini a carico di magistrati e avvocati che ritroviamo oggi colpevoli, secondo gli ispettori, di illeciti funzionali e disciplinari e forse reati. Ovviamente era passato troppo tempo tra una fase a e l’altra e nel settembre 2011 dopo un’avocazione si arrivò all’archiviazione.

Da quando ho iniziato a interessarmi di criminalità nel Cosentino, ricordo pentiti come Franco Pino che già in tempi remoti e non sospetti parlarono e mi misero in guardia sui problemi che ci sarebbero stati nel toccare il livello misto di salotti buoni e criminalità”.

Forse bisognerebbe riprendere quelle dichiarazioni. Le denunce di queste commistioni, in effetti, Facciolla le fece già all’epoca e finirono in un articolo de l’Espresso insieme ad altri intercettazioni tra Franco Pacenza ed Ennio Morrone che tirano in ballo procuratori e politici, tra cui Nicola Adamo.

Nomi che ritornano. Mastella risultava indagato anche all’interno dell’inchiesta di Why Not di De Magistris. C’è una sua dichiarazione circa l’appartenenza a una loggia massonica. Ironia della sorte, anche questa inchiesta passò sotto gli occhi dell’allora giovane Facciolla. Lui e il dottore Lia impugnarono lo storico decreto di proscioglimento, quello riguardante, in buona sostanza il sistema Saladino e il giro di lavori pubblici. Genchi ha recentemente dichiarato che Bruno Bossio e Adamo in proposito si rivolsero ai buoni uffici di alcuni magistrati.

Facciolla aggiunge: “Quell’impugnazione per associazione a delinquere fu accolta dalla Cassazione e ricordo che a Roma incrociai Minniti. Era interessato alle vicende calabresi e riconosceva la difficoltà di indagare in Calabria. Ricordo che si mise a completa disposizione”.

Indubbiamente ora una rete si sta sfilacciando. È una transizione storica, ma finché resteranno queste dinamiche ci saranno sempre informazioni da poter usare per bloccare tutto o una parte e che una nuova rete può usare per inserirsi. Ho l’impressione che sta sfuggendo dalla vicenda Palamara il fatto che le nomine pilotate dei direttivi non servono solo al potere delle correnti, ma servono perché chi viene nominato poi deve rispondere a chi l’ha nominato. Rispondere alle chiamate in ufficio, a casa, ai favori. Questo è il sospetto grave e inquietante, non le singole chat o invidie personali. Ad un certo punto alcuni colleghi diventano più impeditivi delle minacce dei criminali, ma sono cose che ripeto da anni” – Ma quindi come se ne esce? – “Ora l’unica soluzione sarebbe avere una nuova legge elettorale e poi sciogliere il Csm e riformarlo, altrimenti non cambierà nulla”.

Ci si è davvero allontanati molto in questo racconto, ma tuttavia un ultimo passaggio vale la pena farlo, perché tra le inchieste del procuratore Facciolla alcune riguardano anche il clan Muto. È passato poco tempo dal ricordo dell’omicidio Losardo e molte delle vicende riguardanti il clan sono tuttora oscure, tra cui molti omicidi. Un buon modo per ricordare questi uomini è fare passi in avanti nella verità e chissà che non è utile anche ad aprire un piccolo faro su questo lato del territorio.

“Ho fatto rilegare le indagini riguardanti il clan, andrebbero studiate come storia – diceva sempre Facciolla qualche tempo fa -. Per imparare. Ricordo che quando c’era da abbattere una pescheria abusiva, con il procuratore Emanuele non si riusciva a trovare una ditta disposta a farlo. L’unico modo fu organizzare un grande evento in pompa magna. Un potere simbolico e pratico. In tutti i procedimenti ci sono stati impedimenti o cavilli che hanno ridotto o evitato le pene. Ci furono anche collaboratori che parlarono di giudici compiacenti a Bari, ma nessuno ha approfonditoIn una perquisizione trovammo una foto che ritraeva la famiglia Muto con un allora parlamentare DC calabrese alla sua festa di compleanno”.

Sono gli anni ’80 o giù di li. Le commistioni tra criminalità e Stato hanno radici lunghe e profonde.