Piazza Fera-Bilotti, l’apoteosi del cemento armato (di Ermanno Fava, architetto)

Vorrei intervenire nell’acceso dibattito su piazza Bilotti, ex piazza Fera, dissociandomi innanzi tutto dalla supina acquiescenza, voglio sperare soltanto culturale, dimostrata dal Consiglio provinciale dell’Ordine degli Architetti, nei confronti del sindaco Mario Occhiuto, già ex presidente dello stesso Ordine.

Vorrei ricordare ai miei illustri colleghi che la critica ad un progetto di un membro dell’Ordine non costituisce motivo di violazione della deontologia professionale, né tantomeno si configura come un delitto di lesa maestà, trattandosi del progetto di un ex presidente. Al contrario, il dibattito, la critica, a volte anche la polemica, ha sempre rappresentato un motivo di crescita culturale per l’architettura, specialmente a partire dalla nascita del Movimento Moderno.

Il progetto di Occhiuto-Cucunato le critiche le merita tutte, anche se si analizza superficialmente l’opera limitandosi a confrontarlo con il progetto dell’arch. Pietro Caruso, vincitore del concorso di idee bandito nel 1997 e poi redattore dei progetti preliminare e definitivo, finanziati da capitale privato e che furono bloccati dal senatore Tonino Gentile con una  “sospensione chiesta al ministro delle infrastrutture per ragioni di opportunità politiche e sociali poiché il progetto stravolgeva gli assetti urbanistici e viari delle aree.”

Domenico Cucunato
Domenico Cucunato

Il progetto di compromesso Occhiuto-Cucunato non stravolge gli assi viari della piazza, li conserva tutti, perpetuando la vecchia sistemazione: una rotatoria del traffico con un vuoto al centro al posto del parcheggio; non “crea una barriera visiva da tutti e quattro i lati”, ma solo su due (via Alimena-via Caloprese, corso Mazzini-corso Italia).  In compenso occlude completamente l’aria e la vista ai balconi che prospettano sui due spigoli rialzati.

Probabilmente gli autori dell’intervento, privilegiando la prospettiva dell’antica statale 19, avevano come idea guida la prospettiva all’infinito tipica dell’urbanistica tardo barocca, ma ciò contraddice un altro assunto del progetto: la maggiore modernità rispetto al progetto di Caruso.

La piazza nasce come luogo di sosta e non come luogo di transito; la piazza moderna è caratterizzata dai parcheggi ridotti al minimo per scoraggiare il traffico privato e privilegiare quello pubblico; infatti il progetto di Caruso prevedeva 147 posti auto rispetto ai 306 posti interrati realizzati da Occhiuto, due aree verdi laterali, una piazza coperta ed una piazza scoperta oltre le aree aggiuntive, comuni ai due progetti, destinate ad attività museali, associazioni e negozi.

La piazza realizzata si può dire che sia stata un’operazione riuscitissima: ha ripreso l’idea dell’arch. Pietro Caruso stravolgendone completamente estetica e funzionalità; ha creato un’enorme spazio bianco allucinato e allucinante, terrore per gli affetti da agorafobia, ansiogeno per i cittadini soggetti a colpi di sole e per i sopravvissuti alle evoluzioni dei cultori dello skate che si lanceranno a tutta velocità da uno spigolo all’altro.

Come rimedio peggiore del male si potrebbe proporre di migliorarla come corso Mazzini, trasformata, come dice un mio caro amico, da museo all’aperto in enorme bar all’aperto, dove i numerosi ombrelloni che proteggono tavoli e sedie, fanno scomparire visivamente le povere statue, già relegate dall’ultima sistemazione in angoli marginali (ad esempio sotto i tigli di piazza 11 Settembre).

Esaltazione della modernità o apoteosi del cemento armato?

Arch. Ermanno Fava

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