Politiche 2018: se la ‘ndrangheta siede in Parlamento la colpa di chi è?

Gratteri lo ha detto in tutti i modi: sulla “integrità morale” dei candidati devono vigilare i partiti. Sono i partiti che devono escludere dalle loro liste persone chiacchierate o in odor di mafia. E’ questa la prima e necessaria “selezione”.

Già, come fanno i partiti a sapere se Tizio o Caio è intrallazzato con il sistema mafioso? Dovrebbero essere le inchieste e le informative della DDA a dare delle indicazioni ai responsabili del partito per poter escludere chi si trova al centro di inchieste o indagini.

I partiti non possono escludere i candidati solo sul sentito dire. Hanno bisogno di qualcosa di più concreto che solo i magistrati possono appurare. Quindi, prima ancora che dei partiti, quando ci ritroviamo in parlamento mafiosi, la responsabilità è delle procure antimafia che non fanno il loro dovere, o peggio ancora di quelle che insabbiano e nascondo le responsabilità dei “deputati”, in accordo con partiti e governo.

Come nel caso del deputato uscente Ernesto Magorno, molto probabilmente ricandidato dal Pd nel listino bloccato (elezione sicura al 100%) Calabria 1. La storia di questo ambiguo personaggio  l’abbiamo già raccontata, ma vogliamo rimarcare le responsabilità. Gli “indizi” di mafiosità su Ernesto Magorno sono tanti e pesanti. E già questo dovrebbe bastare al partito per non candidarlo, ma si sa che cane non mangia cane, ed ecco pronta la scusa del Pd: siccome l’accusa di mafiosità al deputato Ernesto Magorno arriva da una vera è propria fuga di notizie, il PD ha deciso di non tenerne conto. Ovvero: la mafiosità di Magorno è data da una indiscrezione giornalistica pubblicata dal Corriere della Calabria, a firma Paolo Pollichieni, nel luglio del 2016. Anche se il direttore non fa il nome del deputato Magorno, chiari sono i riferimenti alla sua persona. Indiscrezione ripresa tra l’altro da altre testate giornalistiche, come “il Giornale”, che ha approfondito l’argomento, specificando alcuni dettagli sull’identità del deputato del PD pizzicato dai Ros in auto con il braccio destro del boss Muto, che si metteva a disposizione del padrino, non lasciando spazi a dubbi. Di seguito il link con gli articoli che hanno diffuso la notizia e gli indizi a carico di Magorno (http://www.iacchite.com/politiche-2018-magorno-impresentabile-pesanti-indizi-mafiosita/).

Va detto che l’intercettazione che inchioda Magorno fa parte del faldone prodotto dai Ros che per mesi hanno seguito ed intercettato gli uomini della cosca Muto, fino al blitz del Luglio 2016 denominato Frontiera (58 arresti) condotto dal pm della DDA di Ctanzaro Vincenzo Luberto. Alla luce di questo le responsabilità sono chiare: se il direttore Pollichieni pubblica una notizia di questo “tenore”, oltre ad assumersi una enorme responsabilità penale (anche se a lui nessuno mai oserebbe chiedergli conto di questo), va da se che qualcuno gli ha passato il verbale d’intercettazione dove il braccio destro di Muto e don Magorno discutono degli interessi da tutelare riconducibili agli affari del boss Muto, con preghiera di pubblicazione. Riporta Pollichieni che nel verbale il nome dell’onorevole del Pd è omissato, per via dell’immunità parlamentare di cui godono i deputati, confermando però l’avvenuto fattaccio. Chi ha passato un verbale così “importante” al direttore Pollichieni? E perché? Non si pubblica una notizia “bomba” come questa se non si è sicuri dei fatti propri.

Ammesso che il direttore Pollichieni dica la verità quando dice di non sapere il nome del deputato, di sicuro a conoscere il nome del deputato sono i Ros, Gratteri, il pm Luberto, e di sicuro al 100% Minniti.

Ed ecco venir fuori le precise responsabilità: il pm Vincenzo Luberto che ha curato l’operazione, conosce il nome di questo deputato ed ha ascoltato dalla sua viva voce la totale sottomissione al clan, ma nonostante ciò nulla è scaturito in termini giudiziari. Non esistono richieste, di fronte ad una prova così schiacciante, a “poter procedere” da parte della DDA al parlamento, su questo deputato. Eppure hanno in mano una registrazione con la sua voce, come dice il direttore Pollichieni. Perché nessuno della DDA ha inteso procedere ad un “approfondimento” di questa relazione tra un deputato della Repubblica e un mafioso?

Perché Minniti, che sa tutto, non ha bloccato la candidatura di don Magorno? Come mai Gratteri non ha trovato il modo per mettere in guardia i vertici del Pd sulla pericolosità di questa candidatura? Del resto il verbale che inchioda Magorno, è patrimonio collettivo oramai. Lo puoi trovare, insieme a tanti altri verbali segretati della DDA, a tanto al chilo dal fruttivendolo.

Lo abbiamo già raccontato all’epoca dei fatti: esiste un accordo tra il pm Luberto e Minniti per insabbiare il filone dell’inchiesta “Frontiera”, dove è coinvolta la politica. Altrimenti non si spiega. Ecco perché a Cosenza la DDA non arresterà mai nessun politico corrotto o colluso. Perché se l’accordo è valso per Magorno, deve necessariamente valere anche per tutti gli altri. Cosenza si conferma sempre più una zona franca per politici che delinquono. Nessuno li persegue. Questo è un dato incontrovertibile. Infatti la ‘ndrangheta nelle istituzioni esiste in tutta la Calabria tranne che a Cosenza.

Le conclusioni sono scontate: come fa a dormire tranquillo la notte il pm Luberto sapendo che uno dei candidati che sarà al 100% eletto in Parlamento è un uomo di ‘ndrangheta? Se responsabilità dei partiti c’è nelle candidature ambigue di strani personaggi, perché quello che interessa loro sono solo i voti, non l’onestà del candidato, la responsabilità di Luberto, in questo caso, travalica anche quelle dei partiti.

Se in Parlamento siederanno ancora una volta uomini dell’antistato, la colpa, oltre che di Minniti, è di magistrati come Luberto che non si è capito come mai, con una intercettazione in mano sui cui è impressa la voce del deputato che confessa la sua appartenenza al clan Muto, non ha inteso procedere. Indipendentemente dall’identità del deputato. Di fronte ad un reato così grave è dovere del magistrato chiedere tutte le autorizzazioni necessarie per procede. E se non l’ha fatto, chiedetevi perché.